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Oggi ci tocca affrontare un tema universale: il conflitto tra leggi divine e leggi umane.
Per leggi divine intendo quelle norme di pietà di fronte alle quali persone di diverse culture provano la medesima commozione e la stessa adesione. Quelle sulle quali, insomma, l'umanità sta o cade.
Sofocle, già nel V secolo a.C., si era posto lo stesso problema e aveva scritto Antigone.
La storia è semplice: il re di Tebe, Creonte, legifera vietando la sepoltura di Polinice, che considera un traditore. La sorella di quest'ultimo, Antigone, decide di violare quest'editto invocando le leggi divine (che prescrivono pietà e sepoltura per i cadaveri) e così cosparge di polvere il corpo del fratello. Antigone, quindi, viene incarcerata e, solo dopo che la città viene devastata da varie catastrofi, Creonte si decide a liberarla, su consiglio dell'indovino Tiresia. Ma ormai Antigone si è tolta la vita, cosa che determina un effetto domino di altre disgrazie, che costringeranno Creonte a vivere il resto dei suoi giorni da solo, nel dolore.
Ecco qui la madre di tutte le domande: esistono delle leggi non scritte che esprimono, sempre e comunque, l'autentica misura dell'umanità? Se è così, ogni norma stabilita dagli esseri umani deve rispettare queste leggi divine se vuole essere legittima. E se così fosse, poi, in caso di conflitto le leggi divine dovrebbero prevalere automaticamente sulle quelle umane.
Attenzione. Il problema sussiste anche nei sistemi di tipo democratico, anche quando cioè la norma venga emanata dalla maggioranza dei cittadini. Anche la maggioranza, infatti, ben potrebbe legiferare in contrasto con le leggi divine. Il concetto di maggioranza, infatti, non è per nulla incompatibile con quello di disumanità, come la storia ci ha insegnato, anche perché il consenso è manipolabile.
Ora, mentre il diritto positivo (quello cioè posto in essere dagli uomini) è sempre mutevole, al contrario le leggi divine - quelle cioè inscritte nel cuore di ogni uomo - si basano sul concetto di natura e sono immodificabili.
Il dilemma, quindi, è il seguente: legge mutevole o legge naturale?
Antigone una risposta l’ha data e l’ha fatto pagando di persona, anche per denunciare il fatto che spesso, dietro all’idea di sovranità, si nasconde la tirannide, cioè la volontà del più forte.
E il pensiero corre al processo di Norimberga, al giudizio di coloro che, a vario titolo, avevano collaborato col regime nazista. E furono condannati, nonostante avessero rispettato il diritto positivo e la legge del proprio Paese, la Germania, legge alla quale i gerarchi dovevano rispondere.
E poi c’è un altro aspetto che complica ancor più la faccenda.
Riconoscere che esistono delle leggi divine inscritte nel cuore dell’uomo - cioè delle leggi naturali immutabili - come può conciliarsi col carattere laico che vogliamo abbiano le norme di diritto positivo?
Bella domanda davvero! Che poi, se vogliamo, è lo stesso problema che ha Antigone, anche se a quel tempo non si doveva fare i conti con il mito della laicità.
Credo che la soluzione di questo conflitto vada individuata proprio nel significato che si dà al concetto di laicità.
Infatti, se con esso s’intende una sorta di “neutralità”, di superiore dignità che otterrebbero le norme per il fatto stesso di ignorare i dettami religiosi, temo allora che si resti vittime di un equivoco logico e che, alla fine, il conflitto tra leggi umane e leggi divine sia destinato a rimanere insoluto.
Se, invece, per laicità s’intende uno spazio comune, una piazza di tutti, nella quale trovino spazio le diverse opinioni; se si intende, cioè, la non coincidenza tra Dio e Cesare; ecco, allora credo che il conflitto possa essere disinnescato.
Bisogna rendersi conto, infatti, che ogni ordinamento, quando deve legiferare su materie che riguardano temi eticamente sensibili - quelli cioè che direttamente si riferiscono al vivere e morire - richiama necessariamente principi e valori in grado di dare risposte a queste domande e, quindi, le norme che vengono emanate non sono mai eticamente neutre, perché esprimono inevitabilmente valori e principi. Si tratta, cioè, sempre di valori che prevalgono su altri valori, spesso a colpi di maggioranza, talvolta anche giocando sporco.
Bisogna quindi uscire dall’equivoco secondo cui una norma, per essere laica e rispettosa di tutti, debba per forza ignorare e non coincidere con soluzioni accettate e gradite alla religione.
Anche perché, trattandosi proprio di tematiche che presentano aspetti trascendenti, è del tutto naturale che nella piazza comune della laicità trovino spazio anche queste posizioni. E ciò a pieno titolo. Una norma che recepisca contenuti cari alla religione non per questo cesserà di essere laica. La laicità, infatti, attiene al processo formativo di una norma, non già al contenuto della stessa. Il contenuto sarà sempre eticamente orientato, necessariamente. Allo stesso modo, una norma che non recepisca contenuti religiosamente accettati non per questo potrà considerarsi eticamente superiore, per definizione.
Ecco, quindi, com’è possibile risolvere l’enigma di Antigone, com’è possibile cioè conciliare le norme degli uomini e le norme degli dei: assicurando uno spazio effettivo di confronto a tutte le componenti della società, senza pregiudizi e censure sui temi che più direttamente riguardano l’essere umano. Un dibattito veramente laico, insomma.