30 Novembre 2018

Inefficacia dei pagamenti dell'imprenditore tra domanda di concordato e fallimento

GIAN PAOLO MARAINI

Immagine dell'articolo: <span>Inefficacia dei pagamenti dell'imprenditore tra domanda di concordato e fallimento</span>

Abstract

Riflessioni sulle ragioni di inefficacia o revocabilità dei pagamenti effettuati dal debitore nel periodo intercorrente tra il deposito della domanda di concordato “con riserva” ex art. 161, sesto comma, l.f. e la successiva dichiarazione di fallimento.

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La domanda di concordato e il fallimento

L’art. 161 sesto comma l.f. (comma aggiunto dall’art. 33 lett. b) n. 4 l.134/2012) legittima l’imprenditore che versi in una situazione di “crisi” a presentare al Tribunale territorialmente competente domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo senza tuttavia prospettare immediatamente ai creditori una proposta di ristrutturazione o pagamento dei debiti, proposta che l’imprenditore si riserva di formulare entro il termine (tra 60 o 120 gg.) che gli verrà assegnato dallo stesso Tribunale; la presentazione di tale domanda (ove accolta ed iscritta nel Registro delle imprese) consentirà all’imprenditore di ottenere l’immediata inibitoria nei confronti dei suoi creditori all’avvio o prosecuzione di azioni esecutive individuali ai suoi danni; nel termine assegnato dal Tribunale l’imprenditore dovrà, alternativamente, presentare una completa proposta ai creditori per la ristrutturazione e/o soddisfazione dei suoi debiti ai sensi dell’art. 160 l.f. e seguenti, ovvero un piano attestato ai sensi dell’art. 182 bis l.f.; in caso di mancato rispetto del termine per la presentazione della proposta o piano, il Tribunale, anche su istanza del commissario giudiziale, se nominato, e verificata la ricorrenza dei presupposti di cui agli art. 1 e 5 della l.f. dichiara il fallimento dell’imprenditore.

La regolamentazione dei pagamenti effettuati

Nel caso in cui alla presentazione della domanda di concordato preventivo “con riserva” consegua la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore, il curatore può trovarsi a dover affrontare il tema dell’efficacia o revocabilità di eventuali pagamenti di debiti effettuati dall’imprenditore nel periodo intercorrente tra la presentazione della domanda di concordato “con riserva” e la successiva dichiarazione di fallimento, nella generale considerazione che la presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato in genere, e “con riserva” in particolare, non spoglia l’imprenditore della gestione dell’impresa.

Ai sensi dell’art. 44 l.f. tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori”. L’art. 169 l.f. tuttavia, in materia di concordato preventivo, nel prevedere che anche dalla data di presentazione della domanda di concordato devono trovare applicazione norme espressamente contemplate per la procedura fallimentare (art. 45, secondo comma, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62 e 63) omette, invece, ogni riferimento al menzionato art. 44 l.f. Manca quindi una norma che chiaramente disciplini, con effetti analoghi al fallimento, l’efficacia del pagamento da parte dell’imprenditore di debiti anteriori alla presentazione della domanda di concordato.

Anche alla procedura di concordato preventivo, e ciò a maggior ragione nell’ipotesi di procedura di concordato con “riserva” alla stregua dell’applicazione dell’art. 161 sesto comma cod. proc. civ., deve ragionevolmente applicarsi il principio in base al quale devono ritenersi inefficaci o inopponibili alla stessa procedura (ed al fallimento che alla stessa consegua) i pagamenti effettuati dal debitore concordatario in favore dei suoi creditori al di fuori del piano concordatario e comunque in violazione della par conditio creditorum e ciò a prescindere che tali pagamenti siano effettuati nel periodo intercorrente tra la presentazione della domanda di concordato e la sua omologa o solo successivamente a quest’ultima (e ciò può affermarsi anche a prescindere dal riconoscimento dell’applicabilità o meno dell’art. 44 l.f. anche alla procedura di concordato preventivo, applicabilità analogica della quale non manca peraltro qualche riconoscimento giurisprudenziale; Corte di Cassazione sent. 22916/2010).

In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione (sebbene in fattispecie del tutto analoga di presentazione di domanda di ammissione alla procedura di amministrazione controllata); “la L.fall., art. 167, si limita a dichiarare l’inefficacia degli atti di straordinaria amministrazione compiuti senza autorizzazione “durante la procedura” senza fare riferimento al decreto di ammissione; l’art. 168 l.fall. parallelamente ma più precisamente, fa divieto ai creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore “dalla data della presentazione del ricorso”; le due norme sono accumunate dalla medesima “ratio”, presupponendo la regola, funzionale al principio della “par conditio creditorum”, di moratoria di tutti i pagamenti per tutto il tempo della procedura. E dunque, comune essendo lo scopo sotteso a tali disposizioni, la diversa formulazione letterale (il fatto cioè, che la prima norma usi l’espressione “durante la procedura” e la seconda più incisivamente faccia riferimento alla “data della presentazione della domanda”) non appare decisiva, dovendosi semmai ritenere che la sanzione di inefficacia riguardi anche i pagamenti compiuti prima del decreto di ammissione in considerazione dell’esigenza di evitare che, nel tempo intercorrente tra la data della domanda e quella del decreto di ammissione, si verifichino diminuzioni dell’attivo e deroghe alla “par conditio” che rischierebbero d’altronde di modificare le condizioni di ammissione esposte nel piano sottoposto all’esame del Tribunale.” (Cass. 13 luglio 2018, n.18729). Tale pronuncia si base sull’affermazione del principio, ritenuto pacifico, secondo il quale, “in tema di concordato preventivo gli effetti del decreto di apertura sono retrodatati al momento della presentazione della domanda.” (cfr. anche Cass. 12 gennaio 2007 n. 578; cnf. Trib. Cosenza 19.12.2012 in redazione Giuffrè 2013; Tribunale di Padova, 9 maggio 2013, in redazione Giuffré 2013; Tribunale Modena 24.2.2014 in Fallimentopiù.it, 22 gennaio 2015; Tribunale di Massa, 1.2.2016 in redazione Giuffrè 2016)

Non meno significativa in tal senso la pronuncia di Cass. 14 gennaio 2016 n. 509 in base alla quale “i pagamenti eseguiti nel corso della procedura minore in violazione della par conditio creditorum e dell’ordine delle prelazioni sono eccezionalmente ripetibili non in quanto oggettivamente non dovuti, ma perché, in quanto difformi ai canoni di soddisfacimento concordatario, inefficaci rispetto alla massa dei creditori …” (cfr. anche Cass. 13 giugno 2018 n.15495).

Ma ad analoghe conclusioni si perviene, nel caso di consecuzione tra procedura di concordato, anche con “riserva” e fallimento, in base ad altro ragionamento.

L’art. 67 terzo comma lett. e) della l.f. stabilisce che sono esentati dalla censura di revocabilità (i.e. in realtà più correttamente dalla sanzione di inefficacia e/o inopponibilità non potendosi porre a mio avviso in tal caso neanche astrattamente la questione della scientia decoctionis – si veda in tale senso tra gli altri Giuseppe Rebecca in “La conduzione del legislatore tra revocatoria ed inefficacia. Discrasia tra gli articoli 67, lett e) e 69 bis l.f. – effetti dirompenti nel concordato in bianco”” portale IL caso.it sez. III, 164, 2013) solo “gli atti, i pagamenti, e le garanzie poste in essere in esecuzione del concordato preventivo, nonché dell’accordo omologato ai sensi dell’art. 182-bis, nonché gli atti, i pagamenti e le garanzie legalmente posti in essere dopo il deposito del ricorso di cui all’art. 161.”

Mentre la locuzione della prima parte della norma non presenta problemi interpretativi, più complessa l’affermazione dell’esclusione della sanzione di inefficacia/revocatoria degli “gli atti, i pagamenti e le garanzie legalmente posti in essere dopo il deposito del ricorso di cui all’art. 161” ove l’aggettivo “legalmente” e meno di diretta configurazione e va analizzato alla stregua della disciplina generale.

Con specifico riferimento alla procedura di concordato con “riserva” il comma 7 dell’art. 161 l.f. stabilisce che il debitore tra il deposito del ricorso ed il decreto di omologa può compiere gli atti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del Tribunale; può inoltre compiere solo atti di ordinaria amministrazione e solo in tal caso i “crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell’art. 111.”

In base alla costante ed uniforme dottrina e giurisprudenza, debbono intendersi atti di straordinaria amministrazione (quindi necessariamente soggetti all’autorizzazione del Tribunale) “tutti quegli atti che, considerati con specifico riguardo alla situazione del patrimonio dell’imprenditore, alla proposta e al piano, sono suscettibili di recare pregiudizio, sia pure potenziale, alla massa dei creditori e comunque alla soluzione concordataria e quindi rispetto alla definizione della crisi quale ipotizzata” (Trentini “i concordati preventivi”, 2014, pag. 303 e segg.).

In forza di tale principio la giurisprudenza di Cassazione offre una interpretazione assolutamente restrittiva degli atti di “ordinaria amministrazione” che l’imprenditore è legittimato a porre in essere senza il necessario avallo del Tribunale (“legalmente” quindi): “sono atti di ordinaria amministrazione .. quelli che presentino, concomitantemente, le caratteristiche di oggettiva utilità alla conservazione del patrimonio, valore economico non particolarmente rilevante, anche relativamente al totale del patrimonio stesso e sussistenza di margine di rischio modesto” (cass. 15 maggio 2003 n. 7546 in Giust. Civ. Mass. 2003, 1114).

Conclusioni

Tra gli atti di “straordinaria amministrazione” debbono quindi farsi ragionevolmente rientrare i pagamenti di debiti anteriori i quali, peraltro, si possono ritenere autorizzabili in astratto dal Tribunale solo in ipotesi di concordato in continuità laddove collegati all’esigenza per la società di approvvigionarsi di beni e servizi essenziali per la stessa impresa (cfr. art. 182-quinquies l.f.), ma non lo potrebbero essere mai in ipotesi di concordato liquidatorio, proprio in quanto in tale ipotesi la stessa autorizzazione genererebbe un’ingiustificata violazione della par conditio creditorum “(F. Lamanna; il decreto sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale” 26 giugno 2012 in Il Fallimentarista).

In conclusione, pertanto, può ragionevolmente concludersi che anche i pagamenti di debiti sorti anteriormente alla presentazione della domanda di concordato preventivo, anche “con riserva”, effettuati dall’imprenditore tra la presentazione della domanda di ammissione alla procedura ed il fallimento, siano inefficaci (o revocabili) nei confronti della massa ove non “legalmente” autorizzati dal Tribunale.

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