***
Inquadramento sistematico della questione
La disciplina della responsabilità per le obbligazioni tributarie delle società partecipanti alle operazioni di scissione societaria trova la propria fonte normativa negli articoli 173, commi 12 e 13, del d.P.R. n. 917/1986 (“TUIR”) e 15, comma 2, del D. Lgs. n. 472/1997.
Secondo tali disposizioni, gli obblighi della società scissa relativi ai periodi d’imposta precedenti alla data dalla quale ha effetto la scissione restano, in caso di scissione parziale, esclusivamente a carico della stessa società scissa ovvero, in caso di scissione totale, sono trasferiti alla società beneficiaria appositamente designata nell’atto di scissione, restando – in ogni caso – ferma la responsabilità solidale delle altre società partecipanti per imposte, sanzioni, interessi e ogni altro debito di fonte tributaria[1].
Su tale ultimo punto, si osserva come il quadro normativo così delineato si limiti però a prevedere la responsabilità solidale delle predette società, senza però chiarire se la stessa debba considerarsi limitata o illimitata al valore del patrimonio netto ricevuto dalla beneficiaria, al pari di quanto previsto per le obbligazioni di natura privatistica secondo la regolamentazione di cui agli articoli 2506-bis e 2506-quater del Codice Civile.
Caso e soluzione
Con la sentenza 15477 del 16 maggio 2022, la Suprema Corte di Cassazione si è espressa proprio in relazione a tale dubbio ermeneutico, confermando il proprio (ormai) granitico indirizzo sulla responsabilità solidale in capo alle società partecipanti alle operazioni di scissione per le obbligazioni tributarie della società scissa sorte antecedentemente al perfezionamento dell’operazione, chiarendo – altresì – che tale responsabilità debba essere estesa illimitatamente senza l’applicazione del limite del patrimonio netto effettivamente attribuito alle beneficiarie, sia nelle operazioni di scissione parziale sia in quelle di scissione totale.
La Corte prende atto della “formulazione ambigua” dei commi 12 e 13 dell’art. 173 ma ciononostante, rifacendosi alla posizione espressa dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 90 del 21 marzo 2018, giunge a riconoscere una responsabilità solidale e “illimitata” senza distinzione tra operazioni di scissione parziale e di scissione totale.
Il caso concreto affrontato riguardava un’operazione di scissione parziale, a seguito della quale la società beneficiaria riceveva una cartella di pagamento avente ad oggetto pretese erariali a titolo di imposta sul valore aggiunto e di ritenute fiscali, dichiarate e non versate dalla società scissa, quest’ultima medio tempore estinta e cancellata dal registro delle imprese.
Tempestivamente instaurato il procedimento giurisdizionale, nelle fasi di merito venivano accolte integralmente le ragioni della società beneficiaria, sulla considerazione, per un verso, che i debiti fiscali fossero sorti in un momento successivo al perfezionamento dell’operazione di scissione e che, per altro verso, comunque nel caso di scissione parziale sarebbe la società scissa a rispondere in ogni caso delle obbligazioni tributarie.
Ritenute non condivisibili le pronunce dei giudici di primo e di secondo grado, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, censurando la violazione delle disposizioni normative in materia:
- di individuazione del momento impositivo, sulla cui base determinare il momento “di insorgenza” del debito tributario[2], e
- di responsabilità patrimoniale delle società partecipanti nelle operazioni di scissione societaria[3].
Avallando la tesi dell’Amministrazione Finanziaria, i giudici di legittimità hanno sancito:
- da un parte, come il momento “di insorgenza” del debito tributario non possa coincidere con la presentazione della relativa dichiarazione fiscale, ma debba essere individuato nel momento di “effettuazione” delle singole operazioni e,
- per altro verso e di conseguenza, che le obbligazioni tributarie della società scissa, riferibili a periodi di imposta anteriori alla data di efficacia della scissione, ricadano non soltanto sulla società scissa, ma anche sulla beneficiaria.
Su tale ultimo aspetto è, dunque, giunta ad affermare la responsabilità patrimoniale illimitata della società beneficiaria dell’operazione di scissione senza applicazione del limite del patrimonio netto effettivamente attribuito con l'operazione straordinaria, non trovando applicazione nell’ordinamento tributario le disposizioni di cui agli articoli 2506-bis, co. 3, e 2506-quater, co. 3, del Codice Civile.
A sostegno delle proprie conclusioni, la Suprema Corte ha inteso evidenziare come tali principi siano conformi all’ordinamento dell’Unione Europea, secondo quanto previsto dalla Direttiva n. 82/891/CEE in materia di scissione societaria (applicabile ratione temporis), nonché che gli stessi si pongano in linea di conformità alle statuizioni di cui alla citata sentenza della Corte Costituzionale n. 90/2018.
Le ragioni, principali, si rinvengono nella natura “speciale” dei crediti e delle obbligazioni tributarie rispetto a quelle di fonte civilistica, cui l’Amministrazione deve poter fare affidamento al fine di essere agevolata nelle attività di riscossione e di recupero, a tutela dei principi di equilibrio di bilancio e di rispetto dei parametri unionali sul debito pubblico.
Conclusioni e profili critici
Si consolida, dunque, il principio della responsabilità patrimoniale illimitata delle società partecipanti alle operazioni di scissione, per i debiti tributari sorti anteriormente all’efficacia delle medesime operazioni, sul solco tracciato dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza n. 90/2018.
Seppure si tratti di orientamento ormai granitico, rispetto al quale – come detto – è stato risolto anche ogni dubbio di illegittimità costituzionale, rimangono perplessità sull’inoperatività del limite del valore del patrimonio netto attribuito alle società beneficiarie secondo quanto previsto dagli articoli 2506-bis e 2506-quater.
Se è vero, infatti, che l’obbligazione tributaria si caratterizza per i suoi connotati di specialità rispetto all’omologa obbligazione di fonte civilistica, non può però nascondersi come tale soluzione leda inevitabilmente il principio di capacità contributiva della società beneficiaria, sulla quale potrebbero ricadere debiti di natura fiscale esorbitanti rispetto al valore del patrimonio assegnatole, a nulla valendo la facoltà di successiva rivalsa nei confronti delle altre società che, come nel caso di specie, potrebbero essersi medio tempore estinte.
Il presente articolo è stato redatto con la collaborazione dell’Avv. Bruno Ruscio, Senior Tax Advisor CBA Studio Legale e Tributario.
[1] v. Leo Maurizio, Le imposte sui redditi nel testo unico, Tomo II, Giuffré Milano, commento articolo 173 del TUIR.
[2] Articolo 2, 6 e 21 del d.P.R. n. 633/1972.
[3] articoli 173, co. 12 e 13, del d.P.R. n. 917/1986 e 15 del D.Lgs. n. 472/1997