12 Ottobre 2018

Consenso informato e lesione del diritto all’autodeterminazione

PIERPAOLO PETRUZZELLI

Immagine dell'articolo: <span>Consenso informato e lesione del diritto all’autodeterminazione</span>

Abstract

La casistica giurisprudenziale circa il diritto alla salute è in continua evoluzione, e non solo per l’emanazione di provvedimenti legislativi (su tutte la Legge Gelli n. 24 del 2017) ma anche per le interpretazioni che la giurisprudenza “è costretta a dare” dei casi concreti che sono sempre in numero crescente.

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La sentenza in commento non rappresenta una novità in termini assoluti, circa la precisazione dei concetti giuridici, ma rappresenta un’ottima occasione per chiarire una volta per tutte la distinzione fra la lesione del diritto alla salute e la lesione del diritto all’autodeterminazione.

La vicenda processuale per cui si è giunti alla pronuncia della Suprema Corte in data 15 maggio 2018, n. 11749, prende le mosse da un intervento chirurgico sottocapsulare all’occhio sinistro che si è tramutato poi in trapianto di cornea.

Il paziente, adendo il Tribunale di Napoli, ha chiesto i danni al medico ed alla casa di cura presso cui si è tenuto l’intervento, per presunta violazione dell’obbligo di comunicargli, attraverso il consenso informato, la natura dell’intervento e delle relative complicanze e rischi

Tralasciando i numerosi aspetti processuali, pure in questa sentenza affrontati, si parte dalla definizione di consenso informato, che è un vero e proprio diritto della persona radicato nell’art 2 della Costituzione, che tutela e promuove i diritti fondamentali, nonché negli artt. 13 e 32 comma 2, Cost. che prevedono che “la libertà personale è inviolabile” e che “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, e deve essere inteso quale “espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico.

Il consenso informato è disciplinato dalla L. n. 219 del 2017, il cui art. 1 tutela il diritto all’autodeterminazione del singolo individuo e regola le modalità di ricezione delle informazioni e di espressione e documentazione del consenso. Sul punto già con la sentenza n. 21748 del 16.10.2007 la Cassazione stabiliva l’obbligatorietà da parte del medico di acquisire il consenso informato dal paziente, senza del quale l’intervento del medico viene addirittura valutato illecito, anche se questo è nell’interesse del paziente stesso. “il medico ha il dovere di informare il paziente in ordine alla natura dell’intervento, nonché in ordine alla portata dei possibili e probabili risultati e delle implicazioni verificabili”.  

Il paziente ha un fondamentale diritto di esprimere in maniera consapevole l’adesione o meno al trattamento sanitario che il medico gli propone, e pertanto l’obbligo informativo è finalizzato a tutelare il diritto all’autodeterminazione del paziente, previsto dall’art. 32 comma 2 della Cost., ed in caso di lesione sussiste un autonomo diritto al risarcimento del danno; viceversa nell’ipotesi di inesatta esecuzione del trattamento medico terapeutico si concretizza la lesione del fondamentale diritto alla salute previsto dall’art 32 comma 1 della Cost.  Pertanto, e qui il cuore della pronuncia in commento, la netta distinzione dei due diritti, entrambi costituzionalmente garantiti: “la responsabilità per lesione del diritto alla salute consegue all’inesatta esecuzione della prestazione medico-terapeutica e può configurarsi anche in presenza di consenso consapevole” mentre “la responsabilità per lesione del diritto all’autodeterminazione consegue alla violazione del dovere di informazione e può realizzarsi anche in assenza di un danno alla salute.  

Ma vi è di più! La Suprema Corte si spinge oltre e tipizza la fattispecie della lesione alla salute che sia ricollegabile alla violazione dell’obbligo informativo. Questo si verifica quando, ancorché la prestazione medica, sia stata eseguita a regola d’arte, da questo ne derivano conseguenze dannose per la salute del paziente, per via del manifestarsi di effetti collaterali imprevedibili e quindi in questa ipotesi, se il paziente non è stato esaustivamente edotto sulle possibili conseguenze dannose sulla salute, per via degli effetti imprevedibili, allora in questo caso la violazione del dovere di informazione non lede solo il diritto all’autodeterminazione ma anche il diritto alla salute causalmente collegata alla violazione del diritto all’informazione: se consapevole di ciò, il paziente avrebbe potuto decidere di non sottoporsi al trattamento sanitario.  In questa fattispecie, spetta al paziente dimostrare, anche presuntivamente, che se adeguatamente informato avrebbe rifiutato il trattamento sanitario

Ed ancora, si chiarisce che le conseguenze dannose della violazione dell’obbligo di informazione può portare alla sofferenza ed alla contrazione della libertà di disporre di sé stesso, alla menomazione fisica e psichica, oltre alla perdita di chance di ricevere altro trattamento in altra struttura o da altro sanitario. È chiarissimo che la mancata informazione determina in capo al paziente la perdita della possibilità di esercitare consapevolmente una serie di scelte tra cui quella di non sottoporsi all’intervento, o di non farlo immediatamente o ancora di indirizzarsi altrove. La privazione della possibilità di queste scelte produce una sofferenza psichica in capo al paziente, parimenti risarcibile tanto quanto il danno fisico.               

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