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La prassi UNI PdR 33:2017 di ASLA è un importante passo in avanti nel percorso di aziendalizzazione dello studio professionale, che vede nel riconoscimento e nella normazione dei processi interni un passaggio fondamentale. E' in quest’ottica che lo studio legale -secondo ASLA- dovrebbe definire con cura uno dei processi più sensibili per tutte le organizzazioni, ossia la selezione dei professionisti e dei consulenti.
Ma cosa dicono i professionisti… di come si dovrebbe scegliere un professionista? Ecco il testo integrale del par. 7.3 del documento, qui consultabile:
“Lo Studio legale deve adottare un’adeguata e documentata procedura di selezione dei professionisti, dipendenti e consulenti a ogni livello, con attribuzione dei compiti interni di ricerca e valutazione iniziale delle candidature a soggetti dotati di esperienza e competenze adeguate/i, deve inoltre determinare le relative facoltà decisionali ai più opportuni livelli dell’organigramma dello Studio legale, nell’ambito di scelte obiettive, motivate dal merito dei candidati e dalla conformità della scelta a corretti criteri di non discriminazione e inclusività” (sottolineature nostre).
Uno studio legale, quindi, dovrebbe organizzare una procedura di selezione di professionisti e consulenti adeguata e documentata, con ricerca e valutazione di candidature plurime e scelte obiettive motivate dal merito dei candidati.
Non potremmo essere più d’accordo e siamo contenti che un’associazione del calibro di ASLA abbia espresso questa posizione. Da sempre sottolineiamo che la scelta dei professionisti richiede una procedura di selezione oggettiva e documentata, basata, evidentemente, su una comparazione meritocratica delle diverse opzioni disponibili.
Relazioni e fiducia contano, ma vanno testate e messe alla prova nell’interesse dell’organizzazione che conferisce un incarico assumendo un impegno di spesa e necessitando di una prestazione qualificata da parte di chi -evidenze alla mano- è il più adatto a fornirla.
Vengono allora naturali due considerazioni.
La prima: è chiaro che quello che si raccomanda per lo studio legale dovrebbe essere raccomandato anche alle aziende. Sarebbe quindi lecito attendersi un ruolo proattivo in tal senso da parte dei professionisti che assistono l’azienda nella definizione delle procedure interne, tipicamente nell’ambito del modello organizzativo 231/2001.
La seconda: la procedura di selezione raccomandata nella prassi di riferimento assomiglia particolarmente al beauty contest, ossia alla procedura di selezione competitiva che proponiamo alle direzioni legali e fiscali italiane quando devono scegliere i professionisti cui affidarsi. Tale è la somiglianza che ci è venuto in mente di chiedere agli avv.ti Micaela Borbotti e Marco Ferraro -membri del Tavolo di Lavoro ASLA che ha redatto la prassi- di indicarci quali sarebbero le eventuali differenze tra le due procedure.
Ebbene l’avv. Borbotti ha confermato che “in termini di obiettivi e processo la procedura non differisce da un beauty contest”, trattandosi “sempre di un processo selezionatorio che inizia dalla raccolta delle candidature, prosegue con la valutazione e la comparazione dei profili, per poi arrivare alla scelta del più adeguato”.
Analogamente l’avv. Ferraro, secondo cui la procedura descritta nella prassi “non differisce da un beauty contest in termini di obiettivi e processo”, fermo restando che, naturalmente, dovrà essere svolta “sotto il diretto ed esclusivo controllo dei partner dello Studio”.
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Oggi il livello del dibattito sulla selezione dei professionisti segna a mio avviso un importante passo avanti.
Quando si tratta di mettere nero e su bianco la best practice nella selezione di professionisti e consulenti non si può prescindere da concetti quali “processo”, “oggettività”, “comparazione” e “merito”. Ed è in questo terreno di gioco che il beauty contest gioca un ruolo da protagonista.
P.S. Ringrazio molto Claudia Morelli per avermi segnalato la prassi di riferimento sopra commentata nell’ambito dell’intervista da me rilasciata e qui disponibile.