Il secondo trimestre di Meta è di quelli davvero preoccupanti. Per la prima volta nella sua storia registra un significativo calo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con un utile netto fermo addirittura a 6,7 miliardi di dollari. In questa tragedia il CEO di Meta ha ovviamente già annunciato inevitabili ristrutturazioni (Meta 1).
Per altro verso, Meta insegna alle PMI italiane come ridurre la propria impronta di carbonio. Perché l’ambiente, si sa, conta (Meta 2).
Da un lato quindi licenzia con un utile trimestrale netto di 6.7 miliardi di dollari e dall’altro aiuta a ridurre le emissioni di gas serra… ma Meta è sostenibile o no?
Nessuno è privo di contraddizioni sul tema della sostenibilità, è un percorso complesso, oneroso e pieno di insidie. Questo non significa, tuttavia, che si possa considerare la sostenibilità come un menu alla carta all’interno del quale scegliere in base a proprio gusto e a propria convenienza.
Il fatto che Tesla sia uscita dall’Indice SP 500 ESG nel maggio scorso la dice lunga su quanto la sostenibilità sia un tema "complessivo”: se produco auto elettriche che impattano meno sull’ambiente ma all’interno della mia azienda ci sono condizioni di lavoro discriminatorie…la conseguenza è che la mia azienda non si può ritenere sostenibile.
In un precedente editoriale ho parlato di “corporate consistency” per alludere alla capacità di un’organizzazione di comportarsi in modo coerente rispetto al purpose dichiarato e alle comunicazioni interne ed esterne.
Credo che questa nozione, o nozioni migliori dello stesso tipo, si affermeranno in futuro per distinguere le imprese con un DNA autenticamente sostenibile, che si impegnano, sbagliano, ammettono i loro limiti e cercano di rimediare, da quelle che fanno cherry picking di condotte sostenibili senza una reale partecipazione ai valori della sostenibilità.
Per tornare al caso Meta, che un’impresa con utili di simile portata si preoccupi, al primo calo, di licenziare, mi sembra quanto di meno sostenibile si possa immaginare.
Qual è il valore dato alle persone? È così che si dimostra la consapevolezza che “dietro un’impresa ci sono persone e famiglie?”.
Un’impresa di sistema con quelle disponibilità dovrebbe, in una situazione simile, concentrarsi su come creare nuovo valore con tutte le sue persone: investire in re-skilling e up-skilling, cercare nuove aree dove le persone possano dare il massimo e
generare valore win-win con la propria organizzazione, cercare unità e condivisione interna proprio per affrontare insieme la “difficoltà” (se così si può definire…).
Questo modo di fare impresa ci allontana dal futuro e ci fa capire quanto dobbiamo ancora impegnarci per cambiare le cose.
Sfida accettata.