05 Dicembre 2017

Gli enti pubblici in perenne “riorganizzazione”… Possibile?

ALESSANDRO RENNA

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Abstract

Inerzia o resistenza al cambiamento? Anche se le innovazioni derivano da obblighi normativi e da orientamenti giurisprudenziali, spesso il mondo pubblico risponde avanzando difficoltà organizzative.

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Quando si parla con un soggetto pubblico, è facile trovare approvazione parlando della necessità di trasparenza, concorrenza, imparzialità. Nessuno è contrario, perlomeno a parole.

La nostra esperienza è quella di una startup che ha realizzato nuove soluzioni informatiche per applicare questi principi nella selezione degli avvocati e dei professionisti in genere. Nella sostanza si tratta di piattaforme che realizzano procedure competitive e comparative digitali (“beauty contest”).

La mia attività mi porta a contatto con numerosi soggetti pubblici (enti territoriali, società partecipate, autorità di diverso tipo) ai quali propongo le nostre soluzioni informatiche evidenziando come esse consentano di rispettare principi normativi cogenti e ampiamente condivisi.

Sebbene la sensibilità stia obiettivamente crescendo, non posso fare a meno di registrare come, circa un ente su quattro, denunci di fatto una sorta di stallo operativo che impedisce di affrontare concretamente il tema. Tipicamente, l’ente è in fase di “riorganizzazione”, quindi non è “possibile” portare a termine un processo di analisi e valutazione, se non in tempi biblici e comunque non precisati. E questo, nei casi più singolari, anche se il tema della selezione dei professionisti rappresenta effettivamente una criticità per l’ente, tanto addirittura da aver attirato le “attenzioni” dell’ANAC o della Corte dei Conti.

Personalmente non credo che situazioni di “riorganizzazione” possano impedire di adottare policy di compliance necessarie, né che sia possibile oggi ignorare le istanze di trasparenza provenienti dalla società civile e dall’opinione pubblica. Credo che la maggior parte dei dirigenti pubblici possa trovarsi d’accordo con questa affermazione.

Viene quindi il dubbio che possano essere effettivamente in corso così tante riorganizzazioni “paralizzanti”. E il dubbio porta a pensare che queste “riorganizzazioni” nascondano in realtà ritrosie e indolenze verso il cambiamento, quando non interessi divergenti rispetto ai principi in questione.

Vale forse la pena di chiedersi se, in un contesto quale quello attuale, sia ancora possibile glissare su alcune tematiche così importanti o prestarvi attenzione solo quando assurgono a patologie di interesse per la cronaca.

La nostra opinione è che il mondo pubblico dovrebbe interrogarsi in modo profondo e agire rapidamente per colmare il gap tra le dichiarazioni di principio e le prassi operative. Gap che è alla base della generale sfiducia della “gente comune”. Qualcosa si muove ma occorre fare di più.

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