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La sostenibilità è un concetto dinamico, che è cambiato nel tempo
Dalla definizione data dalla Commissione ONU Brundtland nel 1987, focalizzata sulle istanze ambientali («Il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazione future di soddisfare i propri»), passando per l’affermazione dei parametri Environmental, Social e Governance (primi anni 2000) e per l’Agenda ONU 2030 sullo Sviluppo Sostenibile (del 2015), la sostenibilità si è arricchita di significati rappresentando oggi la migliore sintesi delle istanze di cambiamento alle quali siamo chiamati quali componenti di un ecosistema complesso, interconnesso, dotato di risorse finite e destinato a sopravviverci.
Prospettiva di lungo termine, considerazione delle istanze degli stakeholder, creazione di valore diffuso sono paradigmi che orientano e orienteranno le scelte degli operatori economici (indicative in tal senso la Business Roundtable del 2019 e le ultime lettere di Larry Fink, CEO di BlackRock: qui il link a una nostra presentazione con questi e altri utili riferimenti sul tema).
La sostenibilità è un concetto ancora poco compreso e intimamente vago
Puntando sull’acronimo ESG in funzione di sintesi, possiamo definire oggi la sostenibilità come l’obiettivo di assicurare la durevolezza del nostro ecosistema integrando nelle nostre scelte e nei nostri comportamenti i principi che riguardano la tutela dell’ambiente, la valorizzazione delle persone e la qualità delle organizzazioni. È chiaro che in una nozione così ampia trovano spazio elementi molto eterogenei: dalle policy finalizzate alla riduzione delle emissioni fino allo smart working e alla digitalizzazione come vettore di trasparenza ed efficienza. La vaghezza del termine può condurre a un errore, che è quello di ragionare per collocare quello che già facciamo in una prospettiva di sostenibilità invece di fare il contrario, e cioè scegliere una matrice di sostenibilità e lavorare per realizzarla a partire da quanto già (in ipotesi) è stato fatto. Per supportare direzioni legali e studi legali in questo nuovo modo di ragionare nascono gli Standard ESG 4cLegal oggi applicati in 18 Paesi: una matrice chiara per avviare in modo concreto un percorso di sostenibilità della propria organizzazione (qui link per maggiori informazioni: brochure standard ESG studi + brochure standard ESG aziende).
La sostenibilità richiede consapevolezza e volontà di progresso, al mercato legale servono leader
Cambiare costa fatica, e se non è l’obbligo che ci spinge al cambiamento, allora dev’essere qualcos’altro. Basterebbe unire i “puntini” per acquisire consapevolezza dell’urgenza del cambiamento per il nostro mercato:
- essere sostenibili significa attrarre più investitori, più clienti e più talenti, oltre che ottenere più facilmente credito. Per questo la sostenibilità è oggi così importante per le imprese (NB: sostenibilità non è filantropia, non è ecologia e non è etica, queste sono soltanto basi nobili di un fenomeno di portata evidentemente economica);
- per essere sostenibili occorre alimentare un ecosistema sostenibile (si chiama “circolarità”): se la mia azienda ha ottime policy di work life balance ma lavora con studi professionali dove i praticanti vengono “sfruttati”, prima o poi lavorare con quegli studi professionali diventerà un vulnus alla mia sostenibilità e risulterà impraticabile / antieconomico. Lo stesso ragionamento è replicabile per la gender equality, per la valorizzazione dei giovani, per le politiche di riduzione delle emissioni e per tutti gli elementi dello standard ESG di 4cLegal;
- la circolarità porta a svolgere due diligence ESG sulle catene di fornitura. Sul tema suggerisco l’esame dello Standard di rendicontazione GRI 414 sulla valutazione sociale dei fornitori e della proposta di direttiva sulla “Corporate Sustainability Due Diligence” adottata dalla Commissione Europea lo scorso 23 febbraio. La prassi delle due diligence ESG non riguarda solo i maggiori operatori e le loro catene di fornitura: è di tutta evidenza -empirica oltre che logica- che le medesime prassi debbano essere applicate a cascata anche dagli operatori medi e piccoli che dovranno garantire ai loro clienti (grandi) la compliance ESG delle loro catene di fornitura e per questo dovranno assoggettare a due diligence ESG i loro fornitori;
- secondo il Report EY "Seize the Change – futuri sostenibili", il 71% delle aziende ha previsto modifiche nella propria catena di fornitura. Dal momento che nella catena di fornitura rientrano pacificamente anche gli studi professionali, è pensabile che le direzioni legali non siano tenute a svolgere due diligence ESG su questi ultimi in coerenza con gli obiettivi di tutta l’azienda?
In questa situazione, abbracciare il cambiamento dovrebbe essere la scelta più naturale tanto per le direzioni legali quanto per gli studi professionali. Personalmente trovo deludente l’approccio di chi -più di qualcuno purtroppo- resta in attesa che un “capo” o un cliente lo solleciti all’azione. L’idea di un mercato legale di dinosauri seduti su posizioni di rendita appartiene a una storia che 4cLegal vorrebbe lasciarsi alle spalle. È il momento di giuristi leader.
La sostenibilità dev’essere di tutti
Per essere sostenibili servono investimenti? Certamente sì, ma con un semplice investimento di mindset si può già fare molto. La sostenibilità non può che essere un tema da affrontare secondo i canoni della proporzione e della ragionevolezza. A uno studio di tre persone non può richiedersi una policy di gender equality paragonabile a quella di un grande studio multinazionale, ma non significa che quello studio non debba avere policy che valorizzino equamente donne e uomini (e trovino applicazione in presenza di una effettiva pluralità di genere). Per altro verso, utilizzare carta riciclata, stampare soltanto in casi limitati, adottare policy plastic free, non sprecare energia elettrica, adottare policy di smart working (e molto altro) sono prassi che non richiedono investimenti economici ma al contrario possono generare risparmi. L’esperienza diretta di 4cLegal nel lavoro di questi mesi mostra che piccolissimi studi possono intraprendere percorsi di sostenibilità coerenti con le loro dimensioni e il loro posizionamento, ottenendone adeguato riconoscimento dai clienti. Basta con gli alibi.
La sostenibilità è un’opportunità di sviluppo per l’avvocatura, da non perdere
Il nuovo corso richiede esperti sui temi della sostenibilità: ambiente, tecnologie, compliance, lavoro sono aree nelle quali le imprese vareranno iniziative del tutto nuove e nelle quali avranno bisogno di molto supporto legale. La comunicazione della sostenibilità dovrà fare i conti con i rischi di “washing” e su questo gli avvocati avranno un ruolo decisivo. Per cogliere queste opportunità serve però un “reskilling” strategico che consenta agli avvocati interessati di diventare esperti su (alcuni dei) temi ESG, inquadrando la prestazione legale in un contesto di maggior valore per il cliente. Questo richiede di entrare maggiormente nel merito di ciò che è oggetto di regolamentazione giuridica e di partecipare alla definizione dei processi aziendali. Stiamo lavorando su questo filone con AIGA e con Fondazione Tommaso Bucciarelli: il recentissimo rapporto Censis 2022 ci restituisce l’immagine di un’avvocatura impoverita e (per oltre un terzo) possibilista sull’ipotesi di abbandonare la toga… È il tempo per tentare un rilancio, e la sostenibilità -in un mercato legale che anche per indirizzo del PNRR punta forte sullo stragiudiziale- è un’occasione da non perdere.
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La naturale prosecuzione del Festival della Giustizia sarà la nostra annuale Convention sulla Sostenibilità, che si terrà a Milano il prossimo 7 giugno (scrivete a comunicazione@4clegal.com per maggiori informazioni). Cari stakeholder, fateci avere Vostri input e commenti perché possa essere un momento di confronto importante e promotore di un vero cambiamento.