***
Il considerando 10 della Direttiva 2015/2436 precisa che è opportuno garantire una protezione estesa a livello nazionale anche a tutti i marchi d’impresa registrati, che abbiano acquisito una notorietà nello Stato Membro d’interesse.
Inoltre, sempre in relazione alla notorietà del marchio, il considerando 16 della Direttiva fa riferimento alla nozione di similitudine dei segni distintivi, per quanto attiene al rischio di confusione, la cui valutazione comprende fattori plurimi, tra i quali, anche e soprattutto, la notorietà del marchio d’impresa sul mercato, con il conseguente rischio di associazione, che può realizzarsi tra il marchio notorio ed il segno successivamente utilizzato e registrato.
La Direttiva d’Armonizzazione e la sua conseguente attuazione nella legge italiana, hanno quindi inteso valorizzare la notorietà e la reputazione del marchio, in particolare sottolineando l’importanza del valore della comunicazione da attribuire ad un segno distintivo, che è portatore di un messaggio determinato di garanzia e di certificazione delle qualità del prodotto, oltre che, più in generale, dell’immagine della società che ne è titolare.
Di conseguenza, è proprio la nozione pubblicitaria del marchio, che è messa in rilievo dalla Direttiva, attuata, tal quale, nella legge italiana, così confermando l’interpretazione già ampia attribuita al marchio di rinomanza dalla Corte di Giustizia, in particolare, tra molte altre, nel caso L’Oréal / Bellure, C-487/07.
La legge italiana, recependo così l’interpretazione della giurisprudenza europea e nazionale, vuole proteggere i marchi, soprattutto quelli dotati di notorietà e di rinomanza, contro ogni tentativo di parassitismo, in pregiudizio del loro valore, considerando sanzionabile, a titolo di vera e propria contraffazione di marchio, qualsiasi violazione, non solo del carattere distintivo del segno, ma anche del valore di comunicazione collegato al brand, specialmente quando si tratti di marchi notori.
Così il legislatore nazionale ha attuato in Italia il cosiddetto “Pacchetto Marchi”, dimostrando di voler tutelare gli investimenti promozionali, che la società proprietaria del marchio effettua per continuare a mantenere elevato il valore del segno distintivo e la sua funzione pubblicitaria, al fine di incrementarne progressivamente la notorietà.
Sono, infatti, proprio gli investimenti sul marchio, che contribuiscono a creare un’immagine particolare e specifica del segno, sottolineando così il valore economico e sostanziale del brand, anche indipendentemente dei prodotti e dei servizi contraddistinti da quest’ultimo.
La giurisprudenza nazionale ed europea, peraltro, avevano già stabilito che la funzione principale del marchio notorio, era quella rivolta a proteggere la capacità distintiva rafforzata di questo tipo di segni, evitando e sanzionando – à titolo di contraffazione – qualsiasi forma di agganciamento parassitario al marchio altrui ed alla sua notorietà, con il conseguente svilimento del potere distintivo del segno, così come del suo potere di attrazione e di comunicazione (così, ad esempio, Corte di Cassazione del 17.10.2018, n. 2600). A livello europeo, per tutti, cfr. Adidas / Salomon C-408/01, successivamente confermata da Adidas Benelux C-102/07 et C-323/09.
A seguito dell’attuazione della Direttiva in Italia, l’art. 20 del Codice di Proprietà Industriale, rivolto a disciplinare la contraffazione del marchio, attribuisce al titolare di un segno distintivo, che gode di notorietà e/o di rinomanza, una facoltà più ampia di tutela del potere distintivo del proprio segno e del suo valore comunicazionale, inibendo l’utilizzo di qualsiasi marchio altrui identico e/o simile, anche indipendentemente da un vero e proprio rischio di confusione, quando ciò possa consentire ai terzi di ottenere un vantaggio indebito dalla rinomanza e/o dalla notorietà del marchio imitato, così arrecando pregiudizio a quest’ultimo.
Ne deriva, pertanto, che tale disposizione legislativa, ormai introdotta nel Codice di Proprietà Industriale, conferma la giurisprudenza già ben stabilita e sviluppatasi in Europa e a livello nazionale, che proprio è rivolta a proteggere in maniera estesa i marchi di rinomanza, così definiti secondo i criteri dettati dal leading case General Motors, successivamente confermato dalla decisione Iron Smith (confronto sul punto , CJUE 14.9.97, 375/97 e C 125-14).
Pertanto, per definire notorio e/o di rinomanza un marchio, occorre considerare l’estensione dell’utilizzo del segno in una parte sostanziale dell’Unione Europea, la durata dell’utilizzo e il valore degli investimenti promozionali effettuati per sostenere il marchio.
Con le nuove norme, è stata quindi valorizzata la funzione economica del segno distintivo, con una particolare tutela degli investimenti promozionali, che i titolari dei marchi notori effettuano per sostenere la reputazione del brand, mantenendo così la sua conoscenza estesa, anche quale strumento privilegiato di comunicazione.
Al riguardo, è importante sottolineare come il valore degli investimenti pubblicitari sostenuti costituisca un parametro, ai fini del calcolo del risarcimento dei danni, specialmente nelle ipotesi di agganciamento parassitario.
Infatti, nel calcolo del risarcimento dei danni rientra anche il danno all’immagine, la cui portata cresce in relazione alla rinomanza del marchio. A questo proposito, si può citare la sentenza del Tribunale di Firenze del 31.10.2007, che ha riconosciuto ad un’importante casa di moda un risarcimento di € 120.000, a titolo di danno patrimoniale e € 40.000, a titolo di danno all’immagine. Peraltro, molti Tribunali tendono a liquidare il risarcimento de danno all’immagine per un ammontare pari al 10% del valore degli investimenti effettuati dal titolare del marchio (in questo senso, ad esempio, Trib. Milano, 27.6.2017).
In questo quadro, è altresì opportuno sottolineare che – in conseguenza dell’attuazione della Direttiva d’Armonizzazione in Italia – l’art. 12 c.p.i., alla lettera e), è stato modificato nella parte relativa al marchio che gode di rinomanza, la cui protezione è oggi automaticamente estesa a tutti i prodotti e servizi identici, simili e anche non simili, contraddistinti da un marchio identico e/o simile.
Inoltre, la riforma ha altresì esteso, in via generale, la protezione del marchio, notorio e di rinomanza, qualora utilizzato anche per scopi differenti rispetto a quello di contraddistinguere prodotti e servizi, così rafforzando ulteriormente la funzione promozionale del brand e regolamentandola di pieno diritto. In particolare, con tale specifica legislativa, è stata recepita la tendenza giurisprudenziale, secondo cui i marchi notori sono protetti contro qualsiasi uso in commercio di segni identici o simili anche quando non vi sia rischio di confusione, così, per esempio, Tribunale di Firenze, 6.9.2017, che ha protetto il marchio notorio Bulgari ed anche Tribunale di Catania 29.11.2016 ed il Tribunale di Milano dell’11.1.2016, i quali hanno ritenuto che la vendita di prodotti da un soggetto non autorizzato, nell’ambito della rete di distribuzione selettiva, è suscettibile di danneggiare la reputazione del titolare dei marchi notori, oggetto di distribuzione.
Infine, la nuova legge, ha aggiunto, tra i motivi di opposizione nazionale alla registrazione di una domanda di marchio, la possibilità di far valere e di opporre la notorietà e la rinomanza del marchio anteriore altrui e/o la notorietà, ai termini dell’art. 6 bis della Convenzione dell’Unione di Parigi e ciò, in applicazione del nuovo articolo 176 del Codice di Proprietà Industriale, paragrafo 2, lettera b), in combinato disposto con l’art. 12 del CPI, lettera e), come sovra citato.
In conclusione, pertanto, a seguito dell’attuazione in Italia della Direttiva Europea, lo status di marchio di rinomanza risulta assai rafforzato, divenendo così la notorietà o la rinomanza del segno uno strumento fondamentale per scoraggiare qualsiasi forma di violazione e di contraffazione del marchio, nel contempo salvaguardando la percezione del pubblico dei consumatori, nei confronti della reputazione del brand.