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Le novità normative
Il DPCM del 10 aprile 2020, in un’ottica di razionalizzazione delle misure di contenimento, annulla e sostituisce le previsioni dei precedenti provvedimenti (tra cui, in particolare, il DPCM del 22 marzo 2020 e s.m.i.), estendendo – sebbene in maniera non significativa – le attività produttive industriali e commerciali non oggetto di sospensione e fornendo chiarimenti rispetto ad alcuni dei dubbi emersi nelle scorse settimane.
Il provvedimento, in continuità con i precedenti interventi normativi, consente, previa comunicazione al Prefetto della Provincia competente, la prosecuzione delle seguenti attività e servizi:
- le attività funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività di cui all'allegato 3, nonché le filiere delle attività dell'industria dell'aerospazio, della difesa e delle altre attività di rilevanza strategica per l'economia nazionale, autorizzate alla continuazione, e dei servizi di pubblica utilità e dei servizi essenziali;
- le attività che erogano servizi di pubblica utilità e servizi essenziali;
- le attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici nonché di prodotti agricoli e alimentari, nonché ogni attività funzionale a fronteggiare l’emergenza;
- le attività degli impianti a ciclo produttivo continuo, dalla cui interruzione derivi un grave pregiudizio all'impianto stesso o un pericolo di incidenti.
- le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, incluse le lavorazioni, gli impianti, i materiali, i servizi e le infrastrutture essenziali per la sicurezza nazionale e il soccorso pubblico.
Con riferimento a quest’ultima attività, dunque, sarà sufficiente inviare una comunicazione al Prefetto per proseguire le attività produttive, e non più attendere una specifica autorizzazione.
Inoltre, per le attività sospese - ferma restando la possibilità di proseguire se organizzate in modalità a distanza o lavoro agile - è consentito, previa comunicazione al Prefetto:
- l’accesso ai locali aziendali di personale dipendente o di terzi delegati per lo svolgimento di attività di vigilanza, conservative e di manutenzione, gestione dei pagamenti, pulizia e sanificazione;
- la spedizione verso terzi di merci giacenti in magazzino, nonché la ricezione in magazzino, da parte di terzi, di beni e forniture.
Sulla base di quanto precisato all’interno della circolare del 14 aprile 2020, diramata dal Ministero dell’Interno alle Prefetture in data odierna, le comunicazioni inviate in base all’art. 1 del DPCM 22 marzo 2020, così come le richieste già oggetto di autorizzazione ai sensi del comma 1, lett. h), del citato articolo, conservano la loro efficacia e non debbono essere rinnovate.
Quali sanzioni in caso di violazione delle misure restrittive da parte delle Società?
In caso di violazione delle restrizioni imposte alle attività produttive, all’ente sarà applicata una sanzione amministrativa compresa tra 400 e 3000 euro, nonché la sanzione accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni, così come previsto dall’art. 4 D.L. 19/2020.
Occorre, tuttavia, segnalare che la norma in questione, attraverso la clausola di sussidiarietà in essa prevista, ammette, comunque, la possibilità che la violazione commessa, in caso di rilevanza penale, sia punita ai sensi di legge secondo la fattispecie di reato di volta in volta integrata.
Pertanto, a titolo esemplificativo, in caso di invio alla Prefettura di una comunicazione mendace, in quanto basata su informazioni non vere in merito alle attività da svolgere per assicurare la continuità della filiera produttiva, ovvero alle società beneficiare o, ancora, circa le ragioni che legittimano la prosecuzione degli impianti a ciclo continuo, potrà trovare applicazione la fattispecie di falso di cui all’art. 483 c.p.
A tal fine, è indispensabile che le comunicazioni inviate alla Prefettura siano supportate, ove possibile, dalle richieste di fornitura dei clienti e dai relativi ordini di acquisto/contratti, al fine di provare la correttezza della comunicazione medesima e l’effettiva attinenza del servizio alle attività non oggetto di sospensione.
L’importanza di porre in essere condotte scrupolose è rafforzata dalla stretta dei controlli attuata in questi giorni dal Ministero dell’Interno, che – attraverso la sopra citata circolare – ha suggerito di demandare al personale del Corpo della Guardia di Finanza “lo svolgimento di specifici controlli e riscontri - a mezzo di disamine documentali, tramite le banche dati in uso e, ove necessario, rilevamenti presso le sedi aziendali - circa la veridicità del contenuto delle comunicazioni prodotte dalle aziende, avuto riguardo all’inclusione nelle categorie autorizzate ovvero all’esistenza della relazione economico-commerciale tra le attività d’impresa appartenenti alle varie filiere consentite”.
Le condotte di imprese e datori di lavoro potranno, poi, assumere rilevanza penale anche con riguardo alla disciplina della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Infatti, in caso di contagio avvenuto nel contesto lavorativo, il datore di lavoro potrà rispondere, in aggiunta ad eventuali violazioni del Testo Unico Sicurezza, anche del reato di lesioni colpose o omicidio colposo qualora, ad esempio, non abbia attuato il protocollo anti-contagio, o le misure implementate siano state ritenute inadeguate per la salvaguardia dei propri lavoratori.
Stante la sollecitazione del Ministero dell’Interno, che, con la citata circolare, ha invitato le Prefetture ad attivare i competenti servizi delle Aziende Sanitarie Locali e le articolazioni territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, “ai fini del controllo sulle modalità di attuazione, da parte dei datori di lavoro, delle procedure organizzative e gestionali oggetto del Protocollo Governo-parti sociali del 14 marzo 2020, e, più in generale, sull’osservanza delle precauzioni dettate per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro e la sussistenza di adeguati livelli di protezione dei lavoratori”, è indispensabile che tutte le società oggi operative si attivino prontamente al fine di garantire adeguati standard di sicurezza.
Anche le Società potranno non essere indenni da responsabilità. Infatti, qualora sia provato che l’evento lesivo (morte o lesioni) si sia verificato nell’interesse o a vantaggio dell’ente medesimo, sarà possibile elevare una contestazione ai sensi del D.lgs. 231/2001. A titolo esemplificativo, i requisiti in parola ricorreranno qualora la società abbia:
- proseguito l’attività, anche se non ricompresa in quelle indicate nel DPCM del 10 aprile 2020;
- garantito alti livelli produttivi in spregio alle norme di sicurezza anti-contagio, quali ad esempio quelle in tema di distanziamento interpersonale;
- perseguito politiche di contenimento dei costi, omettendo l’acquisto dei necessari dispositivi di protezione individuale.
In questo caso, potrebbero applicarsi alle società sia sanzioni pecuniarie, di importo variabile fino a più di un milione di euro, che sanzioni interdittive.
A tal fine, è indispensabile attuare un monitoraggio costante in ordine alla tenuta del Modello Organizzativo adottato dalle Società e garantire un coordinamento continuo con l’Organismo di Vigilanza, cartina di tornasole dell’efficacia del Modello.