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Premessa
L’annunciata riapertura di alcune attività produttive sospese dal Governo per far fronte all’emergenza sanitaria da Covid-19 rende molto attuale il tema della sicurezza negli ambienti di lavoro.
Il Protocollo del 14 marzo 2020 tra Governo e parti sociali oltre a individuare alcune misure precauzionali e organizzative che le imprese sono tenute ad adottare per garantire standard minimi di sicurezza per lo svolgimento delle attività produttive alla luce della crisi epidemiologica in atto, pone le basi per una nuova stagione delle relazioni sindacali, nella quale diventa centrale la collaborazione tra impresa e Organizzazioni sindacali nella gestione dei profili attinenti alla sicurezza negli ambienti di lavoro e alla tutela della salute dei lavoratori.
Il Protocollo Governo-parti sociali del 14 marzo 2020 e le misure precauzionali ivi individuate
In virtù dapprima dell’art. 1 co. 3 del DPCM del 22 marzo 2020 e ora dell’art. 2 co. 3 del DPCM del 10 aprile 2020, le imprese le cui attività non sono sospese sono tenute al rispetto del Protocollo del 14 marzo. Assumono così valore cogente per tutte le imprese, a prescindere dall’eventuale iscrizione a una delle associazioni stipulanti, prescrizioni originariamente contenute in un atto di autonomia collettiva.
Per prevenire e contenere il contagio da Covid-19 negli ambienti di lavoro il Protocollo del 14 marzo individua, in sintesi, alcune misure in tema di:
- obblighi di informazione da fornire al personale;
- modalità di accesso in azienda del personale e dei fornitori;
- pulizia giornaliera e sanificazione periodica degli ambienti di lavoro;
- “DPI”, ossia dispositivi di protezione individuale (quali mascherine, guanti, occhiali, tute, camici e cuffie) il cui utilizzo è obbligatorio ove non possa essere rispettata la distanza interpersonale di sicurezza di un metro;
- gestione degli spazi comuni e degli spostamenti all'interno dell'azienda;
- misure attinenti all’organizzazione aziendale quali:
- rimodulazione dei livelli produttivi e adozione di piani di turnazione volti a rarefare i contatti interpersonali;
- ricorso ad altri istituti volti a consentire l’astensione dal lavoro con conservazione della retribuzione;
- ricorso al lavoro agile;
- sospensione e annullamento delle trasferte e viaggi di lavoro nazionali e internazionali;
- gestione del personale sintomatico eventualmente presente in azienda;
- prosecuzione della sorveglianza sanitaria, considerata “ulteriore misura di prevenzione d carattere generale”.
Si tratta di un coacervo di misure assai stringenti che hanno un impatto notevole sull’assetto organizzativo dell’impresa.
Le linee di fondo del Protocollo sulla necessaria interazione impresa-Organizzazioni sindacali su sicurezza e tutela della salute dei lavoratori
L’idea di fondo sottesa al Protocollo del 14 marzo è che alle esigenze connesse alla sicurezza e alla tutela della salute dei lavoratori nell’emergenza sanitaria in atto debba farsi fronte con soluzioni per quanto possibile condivise dall’impresa e dalle Organizzazioni sindacali presenti in azienda.
Il Protocollo, infatti, prevede:
- in tema di adozione di procedure di sicurezza che venga favorito il confronto preventivo con le rappresentanze sindacali presenti nei luoghi di lavoro, e per le piccole imprese con le rappresentanze a livello territoriale;
- la previa consultazione delle rappresentanze sindacali aziendali in caso di adozione, in tema di tutela della salute dei lavoratori, di misure, secondo le peculiarità dell’organizzazione aziendale, “equivalenti o più incisive” rispetto a quelle previste dal Protocollo;
- soprattutto, l’istituzione obbligatoria, a livello aziendale, di un apposito Comitato cui sono demandate l’applicazione e la verifica delle regole poste dal Protocollo (e, deve ritenersi, delle eventuali ulteriori misure precauzionali adottate a livello aziendale), al quale partecipano le rappresentanze sindacali aziendali e il “RLS” (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza” disciplinato agli artt. 47 e ss. D.Lgs. 81/2008).
Si tratta di un organo con attribuzioni di importanza nevralgica, seppur destinato a trovare concreta attuazione solo nelle imprese più strutturate, dotate di rappresentanze sindacali. C’è da chiedersi se a livello normativo questo organo verrà disciplinato in via stabile e duratura: la disposizione che ne prevede attualmente l’istituzione resterà in vigore sino al 3 maggio 2020. Fermo restando che per le imprese iscritte alle associazioni datoriali stipulanti il Protocollo la previsione relativa al Comitato resterà in vigore anche dopo il 3 maggio.
Uno dei primi esempi di negoziazione “concertata” tra impresa e Organizzazioni sindacali delle misure organizzative e di sicurezza in vista della ripresa dell’attività produttiva si è avuto in questi giorni con la sigla, il 9 aprile, dell’accordo tra FCA e Sindacati recante “Linee guida” di regolamentazione delle misure per la progressiva ripresa delle attività del Gruppo FCA in Italia. L’accordo contiene l’analitica indicazione delle misure adottate a livello di Gruppo per adattare l’organizzazione aziendale alle prescrizioni in materia di sicurezza contenute nel Protocollo del 14 marzo.
C’è da augurarsi che questo sia il primo di una lunga serie di accordi e che possa così prender piede nel nostro Paese, sulla spinta della crisi epidemiologica causata dal Covid-19, una cultura della sicurezza e della tutela della salute dei lavoratori maggiormente improntata alla condivisione e alla collaborazione tra impresa e Organizzazioni sindacali.