07 Maggio 2021

Diritto all’oblio: è legittimo mantenere un articolo nell’archivio online di un quotidiano

FLAVIANO SANZARI

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Abstract

Il Garante Privacy fa applicazione dei principi sanciti dalla Cassazione, con un provvedimento che, nel bilanciare la libertà di informazione e il diritto all’oblio, favorisce la prima.

La sanzione all’editore, però, arriva lo stesso, per non aver risposto all’interessato che reclamava la rimozione dell’articolo.

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I principi in materia di diritto all’oblio

L’ordinanza ingiunzione emessa dal Garante Privacy lo scorso 25 marzo, nei confronti di un noto editore (GEDI), si iscrive a pieno titolo tra i provvedimenti applicativi dei principi affermati dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la fondamentale sentenza  n. 19681 del 22 luglio 2019, poi ripresa anche da successive decisioni della stessa Suprema Corte.

Come si ricorderà, la Cassazione era intervenuta sul bilanciamento tra diritto all’oblio e diritto d’informazione. In particolare, le Sezioni Unite avevano precisato che, quando ripubblica avvenimenti e notizie che a suo tempo rivestivano interesse pubblico, il giornalista non sta esercitando il diritto di cronaca, ma quello alla rievocazione storica di quei fatti.

Questo non esclude che possano insorgere elementi nuovi per cui la notizia ritorni di attualità; tuttavia, in assenza di questi elementi, “tornare a diffondere una notizia del passato, anche se di sicura importanza in allora, costituisce esplicazione di un’attività storiografica che non può godere della stessa garanzia costituzionale che è prevista per il diritto di cronaca».
Sicuramente anche l’attività di rievocazione storica è utile per la collettività; ma, a meno che non riguardi protagonisti che hanno rivestito e rivestono tuttora un ruolo pubblico, «deve svolgersi in forma anonima, perché nessuna particolare utilità può trarre chi fruisce di quell’informazione dalla circostanza che siano individuati in modo preciso coloro i quali tali atti hanno compiuto».
In definitiva, aveva osservato la Cassazione, l’interesse a conoscere un fatto, espressione del diritto a informare e a essere informati, «non necessariamente implica la sussistenza di un analogo interesse alla conoscenza dell’identità della singola persona che quel fatto ha compiuto», in quanto l’identificazione personale che, all’epoca, certo rivestiva un’importanza evidente, adesso potrebbe diventare irrilevante per l’opinione pubblica, una volta che il tempo è trascorso e la memoria collettiva è sbiadita.

 

Il bilanciamento operato dal Garante Privacy

Ebbene, di fronte alla richiesta del reclamante, volta proprio ad ottenere la cancellazione, ovvero la pubblicazione in forma anonima, dei propri dati personali da un articolo contenuto nell’archivio della versione online del quotidiano La Stampa – articolo avente ad oggetto una vicenda giudiziaria che lo aveva interessato nel lontano anno 1998 – l’Autorità Garante ha adottato una decisione quantomeno discutibile, alla luce dei suddetti principi.

Secondo il Garante Privacy, infatti:

  • il trattamento dei dati personali dell’interessato risulta essere stato effettuato, all’epoca della pubblicazione originaria della notizia, nell’esercizio del diritto di cronaca giornalistica, in quanto rispondente all’interesse del pubblico a conoscere le vicende riportate, anche in considerazione dell’attività professionale svolta dall’interessato e, per tale motivo, non può essere ritenuto illecito;
     
  • l’attuale trattamento effettuato attraverso la conservazione dell’articolo all’interno dell’archivio online dell’editore, in linea con quanto osservato dalla Cassazione, deve ritenersi rispondente ad una legittima finalità di archiviazione di interesse storico-documentaristico che, pur differente dall’originaria finalità di cronaca giornalistica, risulta compatibile con essa;
     
  • la menzionata adozione, da parte del titolare, già in periodo antecedente alla presentazione del reclamo, di specifiche misure tecniche di deindicizzazione volte a rendere inaccessibile l’articolo dai motori di ricerca esterni al sito del quotidiano può ritenersi idonea a soddisfare l’esigenza di bilanciamento tra il diritto all’oblio invocato dal reclamante e la salvaguardia delle finalità di informazione sopraindicate, senza che sia ritenuto necessario, pertanto, anonimizzare l’articolo eliminando i riferimenti ai dati personali dell’interessato.

Alla luce di tali considerazioni, il Garante ha quindi dichiarato infondato il reclamo con riguardo alla richiesta di cancellazione dei dati personali riportati nell’articolo.

L’Autorità ha peraltro ingiunto a GEDI di pagare la somma di euro 20.000,00 a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, poiché l’editore aveva omesso di fornire riscontro all’istanza formulata dal reclamante nell’esercizio dei diritti di cui agli artt.15-22 del Regolamento UE 2016/679 (GDPR).

 

 

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