26 Febbraio 2020

Il diritto del consumatore al solo risarcimento del danno: lacuna nel Codice del Consumo? Ci pensa la Cassazione

GIULIO SPRIO

Immagine dell'articolo: <span>Il diritto del consumatore al solo risarcimento del danno: lacuna nel Codice del Consumo? Ci pensa la Cassazione</span>

Abstract

E’ sempre entusiasmante assistere agli interventi della giurisprudenza di legittimità allorquando estrinseca la propria funzione nell’ampliare, limitare o comunque meglio specificare quali siano i confini attuativi delle norme, facendosi da collante tra l’esigenza sociale e l'asetticità del dettato normativo.

***

La fattispecie

Nel solco di tale intento assistiamo ad una interessante e recente pronuncia della Corte di Cassazione, che con sentenza nr. 1082 del 20 gennaio 2020 si è fatta portavoce di un diritto del consumatore che pareva sopito tra le pieghe del Codice del Consumo e che era stato, dunque, ingiustamente negato. Non si sta qui ovviamente a scendere nel dettaglio della fattispecie sottoposta al vaglio dei giudizi di merito e da questi alla valutazione della Cassazione; né è opportuno qui riprendere i risvolti prettamente processuali della vicenda che, in verità, dovrebbero essere sempre del pari compiutamente rappresentati e valutati. Ma per quanto qui interessa sapere basti solo dire che, riconosciuto in primo grado il diritto del consumatore al solo risarcimento del danno, il Giudice d’appello aveva riformato tale decisione rilevando come tale diritto non fosse specificatamente previsto dall’art. 130 del Codice del Consumo. E’ noto difatti come tale norma, nel suo testo letterale, individui specificatamente i rimedi che il consumatore può far valere nei confronti del professionista inadempiente: la riparazione del bene, la sua sostituzione, la riduzione del prezzo e la risoluzione del contratto. Ebbene, nel dettato normativo della Legge speciale mancherebbe tra tali diritti quello al solo risarcimento del danno cagionato dall’inadempimento, motivo per cui la Corte d’appello negava al consumatore la possibilità di ottenere il cosiddetto “danno per equivalente”, il danno cioè consistente in una somma di denaro pari al valore della cosa o del servizio oggetto della prestazione non adempiuta.

Ebbene, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione al fine di assicurare uno standard di tutela più elevato rispetto a quello realizzato dalla Direttiva comunitaria, con la prefata sentenza riconosce invece al consumatore anche il diritto al solo risarcimento del danno e ciò pure in mancanza di una sua specifica previsione nel testo dell’art. 130, comma 2, cod. consumo; ma non solo: nel riconoscerlo, ne allarga i confini rispetto alla domanda proposta.

L’intervento della Corte di legittimità va dunque a dare fattezza al pieno diritto del consumatore di invocare ed ottenere tutela risarcitoria al di là del ristretto dettato normativo di cui all’art. 130 del Codice del Consumo. Tale diritto – segnala la Corte con la pronuncia richiamata - è difatti ricavabile aliunde da altra norma del Codice di Consumo, laddove all’art. 135 si fa espressa menzione alla salvaguardia dei diritti attribuiti al consumatore “da altre norme dell’ordinamento giuridico”. Ecco, dunque, che la Corte consolida l’orientamento già espresso avuto riguardo al più vasto tema codicistico della garanzia per vizi nella compravendita, laddove fa sempre salvo il diritto dell’acquirente ad agire anche solo per il risarcimento del danno; diversamente opinando si arriverebbe ad un ingiustificabile contrasto tra la disciplina del Codice del Consumo, appositamente predisposta per una maggior tutela del consumatore “soggetto debole”  e quella dettata dal Codice Civile, che finirebbe per assurdo per offrire maggiore garanzia sotto il profilo risarcitorio. Si assisterebbe, di fatto, ad una dicotomia di intenti: l’intento di maggior tutela che il Codice del Consumo vorrebbe perseguire sarebbe difatti vanificato dalla necessità di ancorare i diritti del Consumatore alle sole fattispecie di rimedi previste dall’art. 130 Codice del Consumo che non contempla appunto il solo rimedio risarcitorio. Ciò porterebbe alla totale vanificazione dei valori sui quali è stato emanato il principio di inderogabilità della disciplina in senso sfavorevole al consumatore e, per converso, la derogabilità della stessa in senso più favorevole al consumatore.

Ecco dunque che i giudici nomofilattici suturano questa falla interpretativa dell’art. 130 Cod. Consumo stabilendo il principio in base al quale, una volta ritenuto sussistente il vizio nella vendita e l’eccessiva onerosità della sua riparazione, la sola azione risarcitoria proposta dal consumatore trova fondamento in tutti i principi di diritto, principi che risorgono dalla loro quiescenza e vanno in soccorso alla parte contrattuale più debole. Ed una volta invocato dal consumatore il risarcimento del danno in questo si devono ricomprendere tutte le voci che lo compongono con applicazione dei comuni principi del diritto interno.

 

Conclusioni

Alla luce di quanto sopra rappresentato la Corte di legittimità ha tracciato un solco interpretativo finalmente diretto ed inequivoco, lasciando da parte rigidi schemi processuali sulle domande proposte e interpretazioni restrittive delle norme invocate. Chiunque di noi è consumatore e chiunque di noi oggi può avere maggiore certezza che i propri diritti possano essere tutelati; e il bello è che lo erano già da prima, bisognava solo riportare una norma esistente a produrre gli effetti per i quali era stata concepita. Una buona notizia per la parte contrattuale più debole, una buona notizia per tutti noi consumatori.

 

 

Altri Talks