23 Marzo 2020

Emergenza coronavirus e affitto d’azienda: posso non pagare?

FRANCESCO DE SANTI

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Abstract

                                     Aggiornato al 21.03.2020

Finita l’attesa per la pubblicazione del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 - c.d. “Cura Italia” -possiamo ora fare alcune primissime riflessioni in merito. Tra le varie misure adottate a sostegno delle imprese vi è il riconoscimento, per le sole locazioni commerciali, di un credito d’imposta pari al 60% del canone di locazione del mese di marzo[1], mentre nulla si dice a riguardo dei contratti di affitto d’azienda.

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Quid iuris?

A parere degli scriventi la disciplina di riferimento non può che essere quella dell’impossibilità sopravvenuta di cui all’art. 1463 C.C. che così recita “Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito” o al più quella prevista dall’art. 1464 C.C. rubricato “Impossibilità parziale” a norma della quale “quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l'altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento parziale”.

Orbene, i suddetti principi sono stati estesi dalla Corte di Cassazione anche al caso in cui la prestazione del locatore o affittante seppur di per sé non divenuta impossibile, sia di fatto inutilizzabile da parte del creditore o affittuario. La Suprema Corte si è espressa testualmente “in tema di risoluzione del contratto, l'impossibilità sopravvenuta della prestazione è configurabile qualora siano divenuti impossibili l'adempimento della prestazione da parte del debitore o l'utilizzazione della stessa ad opera della controparte, purché tale impossibilità non sia imputabile al creditore ed il suo interesse a ricevere la prestazione medesima sia venuto meno, dovendosi in tal caso prendere atto che non può più essere conseguita la finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto, con la conseguente estinzione dell'obbligazione.” (Cassazione civile sez. III, 29/03/2019, n. 8766).

In altri termini se l’affittuario non può utilizzare l’“azienda” oggetto del contratto di affitto (e tale inutilizzabilità non sia definitiva), si può ritenere che questi sia liberato dall’ effettuare la sua controprestazione e cioè quella di corrispondere il canone per il periodo in cui si è verificata l’impossibilità [2].

La Suprema Corte fa leva sulla valorizzazione, ai fini della qualificazione dell’impossibilità sopravvenuta, della causa del contratto, intesa (secondo un orientamento consolidatosi in tempi recenti) come “causa in concreto” ovvero lo scopo pratico del contratto costituente sintesi degli interessi che il negozio è concretamente diretto a realizzare. 

Nella sentenza n. 16315/2007 i giudici di legittimità con riguardo al concetto di “causa in concreto” ritengono che tale elemento sia necessario per l’esistenza del contratto e tale da determinare “l’essenzialità delle attività strumentali alla realizzazione del preminente scopo del contratto”; la causa in concreto ha decisiva rilevanza anche in ordine alla sorte della vicenda contrattuale, in ragione di eventi sopravvenuti che si ripercuotono sullo svolgimento del rapporto. Qualora si verifichino fatti tali da incidere negativamente sull'interesse del creditore al punto da eliminarlo, a parere della Cassazione, si determina “l'estinzione del rapporto obbligatorio, in ragione del sopravvenuto difetto dell'elemento funzionale (art. 1174 c.c.).” A norma di tale articolo affinché possa dichiararsi sussistente un’obbligazione/prestazione è infatti necessario che a questa corrisponda un interesse, anche non patrimoniale, del creditore.

Con particolare riferimento al contratto d’affitto d’azienda, dunque, si può sostenere che l’interesse di fatto del creditore/affittuario sia evidentemente quello di poter svolgere l’attività per la quale ha stipulato il contratto d’affitto d’azienda. E l’impossibilità di svolgere tale attività, per fatti indipendenti ed estrinseci alle parti, comporta inevitabilmente l’estinzione della controprestazione del locatore in quanto detta obbligazione (cioè il mettere a disposizione l’azienda), anche se astrattamente ancora eseguibile, è del tutto inutilizzabile per il creditore affittuario che non ha più alcun interesse al riguardo. A ciò consegue che l’affittuario non potrà essere chiamato ad adempiere al suo obbligo di pagamento del canone stante la mancanza del necessario sinallagma.

 

Conclusione

A parere degli scriventi, dunque, in forza dei principi su enunciati, l’affittuario potrebbe essere esonerato dal pagamento dei canoni per tutto il periodo della sospensione dell’attività imposta dall’Autorità, dandone pronta comunicazione al locatore. Stante la delicatezza della questione però (potendo il mancato pagamento del canone comportare una serie conseguenze in termini di inadempimento e di responsabilità contrattuale) è comunque sempre consigliato rivolgersi ad un legale per un esame delle specifiche clausole contrattuali e per valutare, conseguentemente, la migliore strategia adottabile nel caso concreto.

 

 

[1]  Art. 65 d.l. 18/2020 (Credito d’imposta per botteghe e negozi)
- Al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa è riconosciuto, per l’anno 2020, un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1.
- Il credito d’imposta non si applica alle attività di cui agli allegati 1 e 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020 (ndr per le attività non soggette a sospensione) ed è utilizzabile, esclusivamente, in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
- Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 126.

 

 

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