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Introduzione
La dottrina e la giurisprudenza di merito ritengono pienamente legittima l’operazione di fusione nell’ambito di una procedura di concordato preventivo. In particolare, la fusione societaria deve essere intesa come strumento idoneo sia “in funzione” che “in esecuzione” del concordato preventivo per diversi motivi. In primo luogo, si consideri che la disciplina civilistica della fusione, all’art. 2501 c.c., non prevede alcuna preclusione in ordine all’eventualità che la società possa trovarsi in concordato, od essere prossima ad entrarvi.
In virtù di tale disposizione, la partecipazione ad un’operazione di fusione non è, infatti, consentita soltanto “alle società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo”, con l’effetto che, ove non abbia ancora avuto inizio la ripartizione dell’attivo, anche una società in liquidazione può partecipare alla fusione, in ogni forma praticabile, poiché lo stato di liquidazione non è ancora irreversibile. Nessun ostacolo, invece, si riscontra se le società oggetto di fusione si trovino in bonis, in quanto le stesse possono tranquillamente deliberare in merito all’attuazione dell’operazione straordinaria.
La fusione “imposta” dalla legge in occasione di una procedura concorsuale
Un particolare aspetto è stato ravvisato nel caso in cui la fusione tra più società sia stata imposta dalla legge (spesso accade con leggi regionali) per un riassetto organico delle partecipate anche in relazione ad un maggior contenimento della spesa pubblica ed in linea, comunque, con i principi sanciti dalla legge Madia in tema di dismissioni di partecipazioni detenute da enti pubblici.
In particolare, la L.R. Molise nr. 2 del 11.02.20219 ha previsto espressamente la “Riduzione numerica degli organismi partecipati dalla regione Molise attraverso un intervento di fusione mediante incorporazione ai sensi degli artt. 2501 e seguenti c.c.” di società partecipate dalla Regione in ambito turistico e sciistico.
In questo caso le governance delle società interessate, dovendo ovviamente dar seguito alla volontà del legislatore, si potranno attivare, anche nell’alveo di una procedura concorsuale, convocando le rispettive assemblee per la deliberazione e l’approvazione dei progetti di fusione.
Si osservi che l’art. 160, co. 1, lett. a) della legge fallimentare non pone alcun divieto espresso all’attuazione dell’operazione di fusione nell’ambito del concordato preventivo affermando, infatti, che il piano concordatario può prevedere la ristrutturazione dei debiti e il soddisfacimento dei creditori in qualsiasi forma, anche attraverso l’utilizzo di “operazioni straordinarie”. Peraltro, in materia di concordato preventivo con continuità aziendale, sebbene l’art. 186-bis della legge fallimentare non richiami espressamente la possibilità di effettuare operazioni straordinarie – ad eccezione della cessione e del conferimento dell’azienda in esercizio – la dottrina prevalente è comunque dell’avviso che questo elenco debba ritenersi meramente esemplificativo e che anche nella procedura di concordato con continuità aziendale debba ritenersi legittima la scelta del debitore di perfezionare un’operazione di fusione societaria.
Si evidenzia, inoltre, come nell’ambito della fusione societaria non trovi applicazione il disposto dell’art. 2499 c.c. in materia di trasformazione societaria, secondo cui la trasformazione sarebbe consentita in pendenza di procedura concorsuale “purché non vi siano incompatibilità con lo stato e le finalità della procedura”. Tale limitazione, ovviamente, vale qualora la fusione non contempli una trasformazione implicita della società risultante dalla fusione o incorporata. L’elaborazione dottrinale in merito all’applicabilità dell’art. 2499 c.c. all’operazione di fusione non è univoca. Un primo orientamento di pensiero ha sempre sostenuto l’estendibilità analogica della norma affermando che, anche per l’operazione straordinaria di fusione, sia necessario il vaglio preventivo sulla compatibilità con lo stato della procedura e con le sue finalità e, qualora l’operazione di fusione venga proposta all’interno di un piano concordatario, - essendo, quindi, soggetta al vaglio di fattibilità giuridica del Tribunale fallimentare - la compatibilità con le finalità della procedura concorsuale sono rimesse, implicitamente, al giudice del concorso che potrebbe semplicemente limitarsi ad aprire la procedura quando l’operazione di fusione risulti, a seguito di attento esame, compatibile con la stessa.
Un’altra e differente tesi si è espressa a favore dell’applicabilità del citato art. 2499 c.c., ma soltanto nel contesto di un’operazione straordinaria di trasformazione, posto che tra fusione e trasformazione esisterebbero delle differenze tali da rendere impossibile l’interpretazione analogica della norma. Basti pensare che, a dispetto della trasformazione, nella fusione i creditori della società possono avvalersi dello strumento giuridico dell’opposizione all’operazione straordinaria in parola. Diversamente, la trasformazione esclude questo tipo di garanzie ai creditori, i quali potranno esercitare il diritto di opposizione nell’unica fattispecie di trasformazione eterogenea.
Alla luce di quanto esposto, tuttavia, si propende per la prima tesi atteso il carattere negoziale della procedura concorsuale che consente all’imprenditore di proporre al proprio ceto creditorio la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma in linea con quanto statuito dall’art. 160 della legge fallimentare.