28 Luglio 2023

“Great breakup” nelle professioni e l’incertezza della leadership femminile

ROBERTA DE MATTEO

Immagine dell'articolo: <span>“Great breakup” nelle professioni e l’incertezza della leadership femminile</span>

Abstract

Un ampio e strutturato lavoro di analisi è il frutto dell’VIII° Rapporto “Women in the Workplace 2022” pubblicato da McKinsey in partnership con LeanIn.Org, considerato ad oggi lo studio più completo che riguarda le donne lavoratrici negli USA all’interno delle aziende. Nella più recente pubblicazione sono state prese a campione 333 società che impiegano più di 12 milioni di persone, ed intervistati oltre 40.000 dipendenti anche tramite interlocuzioni con donne di diversa identità, tra cui donne di colore, LGBTQ+ e con disabilità, con l’obiettivo di ottenere una visione intersezionale dei bias e degli ostacoli che vengono affrontati dagli intervistati.

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La ricerca fin dall’inizio accende i riflettori su quella che viene definita la “Great Breakup”, ovvero la “grande spaccatura” in cui le donne lavoratrici chiedono maggior sensibilità ed attenzione da parte della realtà in cui svolgono la propria professione e se non si ritengono soddisfatte l’abbandonano con molta più facilità rispetto a qualche anno fa, addirittura con una frequenza molto alta e senza precedenti rispetto agli uomini.

Questo meccanismo ha innescato una reazione a catena che, qualora non dovesse arrestarsi o rallentare, potrebbe sviluppare serie conseguenze per le posizioni di leadership femminili che, come noto, sono già significativamente sottorappresentate. Le donne leader, da quanto evidenzia il report, sono infatti tanto ambiziose quanto gli uomini, ma in molte aziende si trovano di fronte ad ostacoli che ne impediscono la progressione. Sono più soggette a micro-aggressioni che minano la loro autorità ed autorevolezza e spesso hanno il doppio delle probabilità rispetto ai leader uomini di essere sostituite per qualcuno più giovane, di conseguenza stanno sempre più abbandonando l’attuale posto di lavoro preferendo dedicare la propria competenza a favore di quelle aziende che privilegiano la flessibilità e il benessere dei dipendenti favorendone l’inclusione.

Rispetto agli uomini, che si trovano allo stesso livello professionale, le leader donne agiscono maggiormente per sostenere il benessere dei dipendenti e promuovere la diversità, l'equità e l'inclusione (DEI) con l’obiettivo di migliorare la retention e la soddisfazione dei dipendenti. Questo impegno non viene, nella maggior parte delle aziende intervistate, formalmente premiato tanto che nel report si evidenzia che il 40% delle leader donne afferma che il lavoro svolto sulla DEI non venga minimamente menzionato nelle valutazioni delle prestazioni e dedicare tempo ed energie ad un attività che non viene riconosciuta può rendere più difficile per le leader donne progredire, di conseguenza sono più sofferenti rispetto agli uomini in posizioni di leadership e non sorprende dunque che il 43% delle leader donne sia accertato in burnout, rispetto al 31% degli uomini allo stesso livello.

Fin qui potremmo non rimanere completamente stupiti da ciò che afferma la ricerca visto il tema già ampiamente trattato da molti. In realtà la riflessione deve spingersi ben oltre questi confini e con un occhio molto attento al futuro.

La “Great breakup”, difatti, non è circoscritta solo alle donne leader attuali ma si sta estendendo e riversando già nella prossima generazione di donne leader che risultano essere, dall’indagine del report, più ambiziose e attribuiscono un valore ancor più ampio nel lavorare in un ambiente equo ed e inclusivo e che, con estrema attenzione, stanno osservando le senior lasciare per trovare opportunità migliori e sono pronte ad emularle compiendo lo stesso passo. Le giovani lavoratrici inoltre si preoccupano profondamente della possibilità di avanzare, più dei due terzi delle intervistate sotto i 30 anni vogliono diventare leader senior e sono anche più propense, rispetto alle attuali, ad affermare liberamente che stanno attribuendo sempre più priorità alla flessibilità e all'impegno che le aziende mostrano nel creare benessere e pari opportunità.

Qual è quindi la lettura risolutiva che il report ci propone? Scommettere sul management.

I/le manager svolgono difatti un ruolo essenziale nella formazione delle esperienze lavorative di tutti i dipendenti. Quando i/le manager investono nella gestione delle risorse umane e nella diversità, l'inclusione e l'equità, le donne sono più gratificate e meno sottoposte a situazioni di stress. Sono anche più propense a raccomandare la loro azienda e meno propense a pensare di lasciarla, il che si traduce in una migliore approccio alla talent attraction e alla retention rivolto ad ogni livello e ruolo.

Il rapporto evidenzia infine come le aspettative nei confronti dei manager siano aumentate negli ultimi due anni: il passaggio al remote e hybrid work ha reso la gestione delle risorse più difficile e la maggioranza dei responsabili afferma che ora la propria realtà professionale si aspetta che i manager facciano di più per promuovere l'inclusione e sostenere la crescita e il benessere dei dipendenti. Ma sono ancora relativamente poche le realtà che stanno formando adeguatamente questi profili per soddisfare le nuove esigenze e ancora meno il riconoscimento del lavoro sulla diversità, l'inclusione e l'equità e la buona gestione del personale nelle valutazioni delle prestazioni. Questa discrepanza è piuttosto evidente nel modo in cui i manager si presentano. Solo circa la metà delle donne intervistate affermano che i manager di riferimento incoraggiano regolarmente il comportamento rispettoso all'interno del team e meno della metà dichiara che mostra interesse per la loro carriera e le aiuta a gestire il carico di lavoro.

Infine quando si implementano nuove politiche e programmi, sostiene la ricerca, le aziende dovrebbero assicurarsi di non limitarsi a "check the box".

I programmi devono essere di alta qualità: le ricerche dimostrano che in alcune aree se i progetti risultano essere di bassa qualità possono diventare più dannosi del non fare nulla. Allo stesso modo, un approccio "one and done” non funzionerà poichè le nuove politiche e i nuovi programmi devono essere diffusi e rafforzati nel tempo.

Ai posteri l’ardua sentenza.

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