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Professore, professionista affermato e da poco più di un anno anche presidente del Comitato Italiano per il World Food Programme: una carica di grande prestigio, ma anche una sfida importante. Quali sono i principali obiettivi?
Il World Food Programme delle Nazioni Unite (WFP) è la più grande agenzia umanitaria che combatte la fame nel mondo e fornisce assistenza alimentare in situazioni di emergenza, lavorando con le comunità per migliorare la nutrizione e costruire la resilienza.
Ogni anno, il WFP è in prima linea in 92 paesi del mondo per salvare vite umane in emergenze umanitarie di massimo livello.
Tutti i giorni, 5.000 camion, 92 aerei e 20 navi del WFP sono in movimento per trasportare e consegnare cibo e dare assistenza in alcuni tra i luoghi più pericolosi al mondo.
Un lavoro continuo che ogni anno salva la vita di circa 80 milioni di persone, porta a scuola e nutre circa 20 milioni di bambini che altrimenti non riceverebbero un pasto regolare e un’istruzione. Nell’ambito di quanto previsto dall’Agenda 2030, il World Food Programme, è focalizzato, in particolare, sull’obiettivo di cancellare la fame.
Il Comitato Italiano per il WFP costituisce, insieme con quello giapponese e quello statunitense, uno dei tre comitati al mondo che supportano le attività dell’Agenzia attraverso un’opera di advocacy, communication e fundraising. Il WFP ha sede, fin dall’atto di costituzione del 1961, a Roma a Parco de’ Medici.
Quanto sono determinanti in questa carica le conoscenze giuridiche?
Credo che una sensibilità giuridica sia sempre una risorsa preziosa anche al di fuori dell’ambito strettamente forense.
Attenzione ai particolari, necessità di prendere decisioni ponderate in tempi brevi, capacità di gestione dei rapporti istituzionali e del personale, sensibilità e rispetto degli alti valori della persona come espressi dalla nostra Carta Costituzionale e dai documenti europei, sono aspetti che accomunano entrambi i mondi.
Qual è stato l’ostacolo più grande che ha dovuto fronteggiare nella sua carriera?
Nel corso della mia attività ho vissuto varie esperienze professionali, spesso in posizione apicale, sempre con curiosità ed entusiasmo. Considero gli ostacoli come prove della mia attitudine e, nel complesso, come una parte stimolante della mia attività: del resto, è una delle regole del gioco. Alcune sfide sono state particolarmente significative: penso in particolare alla gestione del Gruppo Cablelettra in Amministrazione Straordinaria, attività complessa non solo sul piano tecnico-giuridico o gestionale, ma al tempo stesso fonte di notevole gratificazione personale e istituzionale.
In definitiva, si tratta di esperienze oggettivamente importanti, oltre che per l’aspetto professionale e umano, anche sul piano istituzionale, sociale e politico in senso lato.
La sua più grande soddisfazione?
È facile comprendere che le soddisfazioni più grandi derivano dalle sfide più impegnative e, in questo senso, come dicevo, proprio la gestione del Gruppo Cablelettra rappresenta per me un’esperienza particolarmente gratificante.
Si tratta di un gruppo multinazionale con oltre 7.000 dipendenti tra Brasile, Polonia, Cina e Tunisia e con una partecipazione estremamente significativa nel Gruppo Valtur.
La rilevante operazione di risanamento mediante la cessione dei complessi aziendali, avvenuta nella fase di maggiore crisi del settore auto, ha permesso, infatti, sebbene in presenza di un solo offerente, un incasso nettamente superiore a quello indicato dalla perizia di stima, conservando peraltro il patrimonio immobiliare, con la massima tutela dei livelli occupazionali.
Un’altra grande soddisfazione risale, invece, agli inizi della mia carriera, nei primi anni Novanta, quando ho rivestito la carica di Vice Presidente e Amministratore delegato del consorzio Sastca, il quale segnò un’importante alleanza su un progetto ad altissimo livello di innovazione tecnologica tra due grandi competitori nel settore dell’information technology, ovvero il Gruppo Bull e il Gruppo Olivetti. A questa esperienza si associa, peraltro, la consegna, di un significativo riconoscimento.
Un consiglio per chi si approccia oggi alla professione.
Il mondo dell’avvocatura è cambiato profondamente, credo in modo irreversibile, nel corso degli ultimi trent’anni. Dall’immagine più tradizionale dell’avvocato generalista siamo arrivati a quella dell’avvocato-tecnico, con specializzazione in precise branche del diritto o settori industriali, e che lavora in team working assommando le diverse sinergie nella risoluzione dei problemi.
E il cambiamento non sembra rallentare. Anzi, oggi vedo i segnali di una rivoluzione ancor più profonda ormai alle porte: le nuove e nuovissime tecnologie e i relativi mercati, oltre che le regole di compliance, segneranno un nuovo corso per l’avvocatura.
Chi si avvicina oggi alla professione deve considerare questi aspetti e focalizzare la sua preparazione tenendo conto anche di cosa vuole e di cosa vorrà dire svolgere l’attività forense. Al tempo stesso, credo che alcuni requisiti resteranno invariati: lavorare con dedizione e tenere a mente i propri obiettivi, in un continuo connubio tra teoria e prassi operativa, sono un aspetto fondamentale per affrontare la professione e trarne soddisfazione. Aggiungo, inoltre, che è di fondamentale importanza per chi vuole intraprendere oggi questa attività prestare costante attenzione all’attualità e, soprattutto, volgere sempre lo sguardo alle dinamiche socio-economiche. D’altronde, il diritto è scienza pratica e si muove necessariamente in sincrono con le istanze e i mutamenti della nostra società.