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Il caso
Il caso riguarda un paziente, avanti con gli anni, ricoverato in una struttura ospedaliera del milanese per problemi connessi ad un linfoma Non -Hodgkin.
Dopo gli accertamenti clinici del caso ed una degenza ospedaliera di una quindicina di giorni, i medici curanti rassicuravano i familiari che il paziente, sempre vigile e cosciente, era in netto miglioramento e non presentava alcuna preoccupazione sotto il profilo sanitario.
Una mattina, tuttavia, uno dei figli che aveva ricevuto la sera precedente le suddette rassicurazioni dai sanitari, recatosi in reparto, apprese dal Medico di turno che il padre era deceduto ma i medici, purtroppo, non sapevano fornire spiegazioni della causa della morte, posto che i parametri - così affermavano- rientravano tutti nella norma.
Lo smarrimento della cartella clinica
Richiesta subito dalla famiglia copia della cartella clinica per conoscere le cure praticate e la causa della morte, l’Azienda ospedaliera tergiversò per alcuni mesi fino a quando comunicò che la cartella clinica era stata smarrita.
I familiari hanno intrapreso quindi una causa al fine di far accertare la responsabilità della Struttura di quanto accaduto, pur consapevoli che lo smarrimento del diario clinico non era da porsi in nesso causale con il decesso del loro prossimo congiunto; hanno fatto comunque leva sul rapporto contrattuale instaurato con la Struttura ospedaliera.
La Struttura ospedaliera – respingendo le domande attoree- si è difesa affermando che il paziente era già affetto da malattia e che data l’età avanzata, indipendentemente dallo smarrimento della cartella, qualsiasi terapia non avrebbe portato all’esisto sperato, né potuto salvargli la vita.
L’inquadramento del rapporto tra paziente e struttura sanitaria
L’accettazione del paziente nella Struttura deputata a fornire assistenza sanitaria e ospedaliera comporta la conclusione di un contratto atipico c.d. “di spedalità”. L’obbligazione scaturente dal contratto, genericamente detta di assistenza sanitaria, ha un contenuto complesso, perché comprende sia la prestazione medica o chirurgica principale, sia una serie di obblighi cd. accessori, consistenti nella messa a disposizione del personale medico, ausiliario e infermieristico, dei medicinali e delle attrezzature necessarie e nelle prestazioni latu sensu alberghiere comprendenti il ricovero e la fornitura di alloggio, vitto e assistenza del paziente fino alla dimissione (Cass. 1954/2015).
La struttura quindi risponde a titolo contrattuale per la mancata o inesatta esecuzione di ciascuna delle suddette prestazioni ricomprese nell’obbligazione assunta, ivi inclusa la prestazione medica principale.
L’intervenuto smarrimento della cartella clinica, mai prodotta neppure in giudizio, seppur presumibilmente privo di efficacia causale nella produzione del danno (benché i familiari fossero stati rassicurati dai medici la sera antecedente il decesso che il paziente era in netto miglioramento), costituisce inesatta esecuzione della prestazione dovuta in forza del c.d. contratto di spedalità e quindi inadempimento ai sensi dell’art. 1218 Cod. Civ.. Lo smarrimento della cartella ha determinato in sé per sé l’inesatta esecuzione della prestazione nell’obbligazione assunta dal debitore.
Gli attori, nel caso specie, avevano puntualmente assolto all’onere della prova che loro incombeva producendo gli esami ematochimici antecedenti il ricovero ospedaliero, nonché le richieste di rilascio della cartella clinica rimaste inevase dalla Struttura Ospedaliera.
La decisione del Tribunale di Milano
Il Tribunale di Milano, non discostatosi dalla ricostruzione analitica della anomala e non semplice vicenda clinica indagata dal CTU, ha ritenuto acclarato come la condotta colposa dei sanitari curanti avesse concorso causalmente all’exitus del paziente nella misura del 20%.
Ha ritenuto, quindi, che il danno non patrimoniale comprensivo anche del danno morale soggettivo dei familiari fosse quello da lesione dell’interesse - costituzionalmente protetto – connesso al rapporto parentale anche con il conforto della giurisprudenza della Cassazione; ha conseguentemente ritenuto di liquidarlo in applicazione dei criteri di cui alle Tabelle elaborate dallo stesso Tribunale ormai applicate in tutt’Italia condannando la Struttura ospedaliera a risarcire i danni sofferti da ciascuno dei prossimi congiunti graduandolo in ragione del loro rapporto parentale con il de cuius.
Purtroppo, lo smarrimento di cartelle cliniche, soprattutto in presenza di casi clinici di dubbia interpretazione, non è oggi così raro. È infatti buona regola conservare gli esami clinici eseguiti almeno negli ultimi tre anni sia in quanto rivestono sempre utilità per i medici curanti per giungere alla diagnosi e alle terapie, sia, come nel caso di specie, al fine di costituire un principio di prova di un’ipotetica futura responsabilità sanitaria.