19 Giugno 2018

Smart Working - Smart Life

ANTONIETTA D'AGNESSA

Immagine dell'articolo: <span>Smart Working - Smart Life</span>

Abstract

Lo smart working, come definito dall’Osservatorio del Politecnico di Milano è, prima di tutto, “una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”. Una formula che realizza il perfetto balance tra vita professionale e vita privata del lavoratore e anche un nuovo approccio del datore di lavoro: contano i risultati non le ore passate in ufficio.

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Insomma è proprio il caso di dire “Smart Working - Smart Life”, dal titolo del prossimo evento organizzato da ACC Europe, in collaborazione con FDL Studio Legale e Tributario, che si terrà mercoledì 20 giugno a Milano nella bellissima cornice di Palazzo Borromeo, sede dello studio FDL, a partire dalle h. 17:30. L’incontro, moderato da Maurizio Melis, Smart City Radio 24, con l’autorevole intervento del responsabile degli Osservatori di Smart Working e HR innovation Fiorella Crespi, ha l’obiettivo di portare alla luce esperienze di smart working condivise da primari operatori. Se ne parlerà con Antonella De Marchi di Intesa Sanpaolo, Vanessa Giusti di Cisco, Federico Ciotola di Borsa Italiana, Claudio Schieppati di BNPP Cardif e Paolo Poddi di Copernico.  

Non mancheranno interventi di natura più tecnica: aspetti legali saranno trattati da Massimo Waschke dello studio FDL mentre Mauro Tomé, consulente di Sviluppo Organizzativo e Ricercatore, approfondirà gli aspetti di natura psicologica delle organizzazioni.

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Il tema è di estrema attualità e per la prima volta verrà affrontato dalla prospettiva del giurista d’impresa. Sabrina Costanzo, ACC Country Representative per l’Italia e Senior Attorney Luxottica, spiega infatti che «General Counsel e uffici legali aziendali non possono esimersi dal valutare il cambio di prospettiva manageriale che lo smart working comporta» puntualizza l’avvocato.

Per alcune aziende lo smart working è già parte del DNA. Giusti di Cisco ci racconta che «sin dalla nascita dell'azienda in US sono state adottate pratiche di flexible working», perché «non importa dove sei ma cosa fai e quali risultati raggiungi». Sembra quasi uno slogan ma non lo è, «è il nostro reale modo di operare», puntualizza.

Anche in Intesa Sanpaolo, lo smart working è stato introdotto già dall’inizio del 2015, «con l’obiettivo di migliorare l’incontro tra le esigenze dell’azienda e del lavoratore» e «sfruttando le nuove potenzialità offerte dalla tecnologia e da una cultura del lavoro basata sulla responsabilità e la fiducia» racconta De Marchi. «Un’importante evoluzione del ruolo dei capi, chiamati a gestire i collaboratori in una logica di virtual team» aggiunge.

«Un trend virtuoso ormai diffuso tra le grandi aziende» dice Ciotola, che merita seguito nel contesto di una valorizzazione degli strumenti di welfare aziendale. 

Talvolta lo smart working nasce da una necessità contingente. È il caso di BNPP Cardif, che ha scelto questa strada in occasione di un progetto che -racconta Schieppati- «ci avrebbe portato a cambiare la nostra sede e a separare per la prima volta la nostra azienda, un cambiamento che avrebbe visto molti colleghi lavorare a distanza per la prima volta dalla nascita della Compagnia».  

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Insomma, quali i vantaggi? I protagonisti ci hanno anticipato il loro punto di vista.

«Una gestione della propria vita professionale in sintonia con i propri ritmi e le proprie esigenze, senza dover dimostrare che si è vincenti solo quando si rimane in ufficio fino a tardi».

Giusti

 «Gestire in modo migliorativo i propri carichi di lavoro rispetto agli impegni della vita privata, con una naturale responsabilizzazione del lavoratore».

Ciotola

«Miglioramento della produttività, del coinvolgimento delle persone e nella conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Riduzione dell’assenteismo».

De Marchi

«Un migliore clima nell’ambiente lavorativo e la percezione di un'esperienza di semplificazione e di liberazione di energie. Maggiore focus sulle performance e non sul compito e un nuovo ruolo del manager: una logica sempre meno gerarchica e più orientata alla valorizzazione delle potenzialità delle proprie risorse».

Schieppati

E gli svantaggi? «Praticamente nessuno» dice De Marchi in sintonia con Giusti. Una formula che, superati i primi scetticismi, conquista tutti. Schieppati racconta addirittura di «dover frenare l'impeto di alcuni manager che - dapprima diffidenti e con una serie di ritrosie a concedere ai propri collaboratori la possibilità del lavoro a distanza- oggi mi spingono a valutare la possibilità di estendere su più giorni alla settimana questa possibilità».

Quindi tutto rose e fiori? Non proprio, ci spiega Tomé. Lo smart working comporta infatti potenziali cambiamenti importanti: «uno senz'altro riguarda il tema della socializzazione e dell'appartenenza, ossia dei luoghi dove creare/socializzazione: diminuisce quello lavorativo, aumenta quello soggettivo». «Un altro è l'individualizzazione, aumentano le competenze e skill di self empowerment». E, non da meno, cambiando l’ambiente lavorativo si modifica «il rapporto con il proprio ambiente familiare e di vita» completa lo psicologo.

Centrale ovviamente è la prospettiva del datore di lavoro. Uno spunto interessante viene proposto da Waschke: «le aziende ed i manager» come ci spiega Massimo sono alla costante ricerca di sistemi di incentivazione per i lavoratori quali bonus, premi di risultato e di produzione, stock option, ecc..» e in questa prospettiva «lo smart working è uno strumento di welfare utilizzabile dal datore come incentivo a costo zero. Anzi, spesso costituisce un notevole risparmio economico».

A livello macro, i dati raccolti dall’Osservatorio di smart working ci parlano di un modello in rapida espansione ma ancora a macchia di leopardo. Come illustra Crespi «i progetti in questo ambito si stanno diffondendo sempre di più in Italia, seppur a velocità diverse: se nelle grandi aziende private sono già molto diffusi, nelle PMI sono ancora limitati». Dati peggiori arrivano dalla pubblica amministrazione, nonostante -dice Crespi- «la legge approvata un anno fa e la circolare Madia, che pone tra gli obiettivi l’adozione di tali forme di flessibilità». Tuttavia, conclude, il trend è in crescita e possiamo sperare in «un’accelerazione delle sperimentazioni in tale comparto nel corso del 2018».

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L’appuntamento per approfondire e dibattere il tema è per mercoledì 20 giugno 2018. Portate con voi esperienze e punti di vista personali, Vi aspettiamo numerosi.

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