26 Settembre 2024

Smart working o stupid working? Il dibattito si riaccende con il caso Amazon

REDAZIONE

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Abstract

Il mondo del lavoro è in continua evoluzione, e il dibattito “smart working vs. lavoro in presenza” torna prepotentemente alla ribalta con l'annuncio di Amazon. Il colosso dell'e-commerce ha recentemente comunicato che dal 2025 tutti i dipendenti dovranno tornare in ufficio. Questa decisione ha riacceso la discussione su quale sia il modello lavorativo più efficace nell'era post-pandemia.

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Dal 2 gennaio 2025 per i dipendenti Amazon si tornerà in ufficio 5 giorni su 5. Lo ha annunciato il CEO Andy Jassy in un messaggio lo scorso 16 settembre, dando il via (o alimentando) il (mai sopito) dibattito globale sul lavoro da remoto. La decisione del colosso dell’e-commerce arriva dopo 15 mesi di hybrid working (3 giorni su 5 in ufficio): a determinarla, la necessità di rafforzare ulteriormente la cultura aziendale e il lavoro di team. La nuova policy – precisa Jassy – conserva un certo margine di flessibilità, ad esempio per i genitori che hanno bisogno di qualche giorno a casa con i figli malati. Niente di nuovo rispetto al periodo pre-pandemico quando era già prevista la possibilità di lavorare da remoto in caso di esigenza.
Con l’emergenza Covid ormai rientrata, richiamare le persone in ufficio full time sembra insomma essere l’evoluzione naturale delle cose. Eppure la discussione sul tema è più animata che mai, e quello di Amazon non è altro che l’ultimo di una serie di episodi di questo tipo.
 

Il ritorno in ufficio: non solo Amazon

Già nel 2022, Elon Musk aveva imposto ai dipendenti di Tesla di tornare in ufficio, minacciando licenziamenti per chi non si fosse adeguato. Anche Google ha adottato una politica simile, richiedendo ai propri dipendenti di essere in ufficio almeno tre giorni a settimana.
Ma è un'indagine di Resume Builder del 2023 a fornire un quadro più dettagliato: ben il 90% delle aziende statunitensi prevede di tornare al lavoro in presenza entro la fine del 2024. Tra gli intervistati, anche persone che hanno già sperimentato il “return to office”. I dati raccolti da questi ultimi sembrano sostenere la tesi di Jassy. Tornare in ufficio ha infatti migliorato:

  • La produttività: lo dichiara l’81% degli intervistati;
  • La relazione con i colleghi (79%);
  • La cultura aziendale (75%);
  • I ricavi (72%);
  • La talent retention (63%).
     

Le ragioni del ritorno in ufficio

È evidente quindi che le motivazioni dietro la scelta di far tornare i dipendenti in sede siano molteplici:

  1. Collaborazione e innovazione: molte aziende ritengono che l'interazione vis à vis favorisca lo scambio di idee e l'innovazione;
  2. Cultura aziendale: la presenza fisica aiuta a mantenere e rafforzare i valori e l'identità dell'azienda;
  3. Produttività: alcuni studi, inclusa l’indagine di Resume Builder, suggeriscono che il lavoro in ufficio possa aumentare l'efficienza, soprattutto per progetti complessi;
  4. Formazione: l'apprendimento sul campo e il mentoring sono facilitati dalla presenza fisica.
     

Il fronte dello smart working: chi resiste e perché

Nonostante la tendenza al ritorno in ufficio, molte aziende continuano tuttavia a sostenere lo smart working o modelli ibridi. Airbnb, ad esempio, ha annunciato nel 2022 che i suoi dipendenti potranno lavorare da qualsiasi parte del mondo per periodi fino a 90 giorni all'anno. Anche X mantiene una politica di lavoro remoto flessibile.
Un sondaggio di Gallup del 2024 svolto su un campione di lavoratori negli USA ha rivelato che 6 persone su 10 preferiscono la modalità di lavoro ibrida, mentre solo il 7% opterebbe per un lavoro in presenza full-time nel corso del prossimo anno. Per di più il 64% dei lavoratori attualmente impiegati full-remote (ovvero da remoto il 100% del tempo) afferma che cercherebbe altre opportunità professionali nel caso in cui la propria azienda dovesse introdurre una policy di lavoro esclusivamente in presenza. Stando a questi dati, una scelta come quella di Amazon potrebbe dunque avere importanti ripercussioni sulla talent retention nel breve e medio termine.
 

Il modello ibrido: la via di mezzo

Molte aziende stanno quindi adottando un approccio ibrido, cercando di combinare i vantaggi del lavoro in presenza con quelli dello smart working. Microsoft, ad esempio, ha implementato un modello che prevede una presenza in ufficio il 50% del tempo. Guardando al mondo legale, sono molti gli studi – per lo più di medie dimensioni – che conservano una politica di lavoro “agile”, con giorni in presenza e giorni a casa. Non sono però disponibili dati precisi sulla diffusione del fenomeno.
 

Conclusioni: verso un futuro flessibile

Il dibattito tra smart working e lavoro in presenza non ha una risposta univoca. Ciò che emerge è la necessità di un approccio flessibile, adattato alle esigenze specifiche di ogni azienda e settore. È forse questa la ragione per lo scalpore sollevato dal caso Amazon: a una lettura superficiale, l’azienda di Jassy sembrerebbe tornare a un modello rigido e apparentemente anacronistico, pur conservando margini di flessibilità. In ogni caso, che si tratti di smart working o di lavoro in presenza, l'obiettivo finale rimane lo stesso: creare un ambiente lavorativo che favorisca produttività, innovazione e soddisfazione dei dipendenti.

 

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