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Il “socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era”
La recente conclusione del XIX Congresso del Partito Comunista Cinese, svoltosi a Pechino di fronte a Piazza Tian’anmen, resuscita l’attualità preconizzante di alcuni versi del filosofo e stratega cinese Sun Tzu “Sii veloce come il vento; lento come una pianta; aggressivo come il fuoco; immobile come una montagna; inconoscibile come lo yin; irruento come il tuono”.
In occasione del suddetto Congresso, il Presidente della Cina e attuale Segretario del Partito Comunista Cinese, Xi Jinping, ha ufficializzato i capisaldi della nuova era della Cina con un inno risorgimentale al "socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era”.
Il pensiero di Xi Jinping, in altre parole il pensiero del Partito, è una proposizione di principi ambiziosi e temperati, di riferimenti colti e rurale pragmatismo, di iniziative transfrontaliere e spinte protezionistiche.
Alcuni dei punti cardinali della Cina del domani includono:
- l’innovazione tecnologica;
- il rafforzamento delle industrie cinesi e del mercato interno coniugati ad una dichiarata accoglienza di investimenti stranieri;
- una crescente lotta alla corruzione;
- la prosecuzione del progetto della nuova Via della Seta, che dovrebbe condurre ad un potenziamento dei collegamenti infrastrutturali nel territorio euroasiatico;
- il sostegno dei valori socialisti;
- la centralità della leadership del Partito;
- felicità e benessere per il popolo cinese.
Per un ignaro pensatore occidentale, poco avvezzo agli usi e costumi della terra del dragone, i propositi di Xi Jinping parrebbero essere nulla di spiccatamente rivoluzionario. Potrebbero ben essere letti come un piano programmatico moderatamente ottimista ormai lontano dagli slogan gloriosi del passato di crescita a due cifre e di serrato sviluppo industriale.
Tuttavia, la “Cina grande potenza”, come definita da Xi Jinping nel corso dell’ultimo Congresso, cela sempre sotterranei nascosti, anche dietro a proclami, più o meno espliciti.
Quali opportunità per l’Italia?
Dai lavori del XIX Congresso del Partito Comunista Cinese e dall’attuale quadro economico della Cina, il suo trend di crescita continua a rallentare, come probabilmente rallenteranno le operazioni di acquisizione Cina su Europa (e quindi su Italia) in favore di investimenti più mirati e in settori strategici per il governo cinese, quali infrastrutture, green economy, automotive.
L’Italia non sarà terra di “saccheggio” da parte di agguerriti predatori cinesi e neppure un territorio dove la Cina potrebbe far fiorire nuovi investimenti. È probabile che tra i due paesi possano solo strutturarsi sinergie alimentate dalla nuova Via della Seta e che il know-how di alcune realtà locali possa ancora ingolosire qualche oculato imprenditore cinese.
Per alcune imprese italiane potrebbe invece essere più accattivante tentare di collocarsi sul mercato cinese, possibilmente con l’ausilio di partner locali, cavalcando l’onda di un sempre maggiore apprezzamento da parte delle nuove generazioni cinesi del Made in Italy e dell’eccellenza italiana in generale.
Un progetto senz’altro non semplice, ma come dicono in molti, in Cina “niente è semplice, ma tutto è possibile”.
Una felicità alla “cinese”
Se la felicità per il popolo cinese vagheggiata nel corso dell’ultimo Congresso quale finalità delle mosse del Partito, potrebbe sembrare il retaggio di un iconico manifesto politico, nell’attuale “Cina grande potenza”, la nozione di “felicità” ha contorni meno istituzionali.
La nuova era delineata dal Congresso è la presa d’atto di un paese, che essendo sempre più nevralgico nelle dinamiche internazionali, è chiamato ora a smussare gli spigoli di una sfrenata trasformazione capitalistica e a conciliarli con la propria tradizionale anima socialista.
La percezione che i cambiamenti così radicali che hanno travolto la Cina negli ultimissimi decenni, possano preludere a qualche deriva “occidentale”, quantomeno nei poli urbani più avanguardisti, è un feeling che non può essere sfuggito agli scaltri esponenti del Partito.
Al di là delle etichettature e luoghi comuni che sono spesso associati ad un paese così cangiante come la Cina, forse per mancata esperienza diretta, tra le fila delle nuove generazioni, specialmente nella scintillante Shanghai, ribollono entusiasmo, ambizione e capacità.
Una schiera sempre più numerosa e sofisticata di giovani imprenditori e manager cinesi, anche con titoli di studio all’estero, comincia a considerare, con una consapevolezza più disinvolta, il proprio paese come un protagonista sul palcoscenico internazionale e di statura non solo economica.
Ciò non significa che il nuovo popolo cinese sia già scientemente incline a sbocchi liberali, ma è pur vero che la globalizzazione, il ruolo sempre più centrale della Cina a livello mondiale, e l’ardore delle nuove leve potrebbero suscitare panorami valoriali inattesi al di fuori delle stanze del Partito.
In terra cinese le contraddizioni tra il vecchio e il nuovo, l’arretratezza delle campagne e l’opulenza di alcuni squarci urbani, gli intendimenti di molti e le azioni di pochi, sono ancora spiccate, ma con un futuro che in Cina è già presente, non è un caso che l’anelito alla felicità richiamato ufficialmente dal Presidente Xi Jinping riecheggi da lontano il medesimo diritto alla felicità sancito nella costituzione americana.
Parola di avvocato che è passata dal sogno americano delle aule dell’Università di Berkeley al sogno cinese della futuristica Shanghai.