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La disciplina attuale del whistleblowing
Sul piano normativo il whistleblowing, disciplinato in Italia organicamente già a partire dal 2017 a seguito dell’entrata in vigore della Legge 30 novembre 2017, n. 179 recante “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato” è attualmente sottoposto ad un’importante riforma per effetto della Direttiva 2019/1937.
Tale provvedimento, emanato dal Parlamento Europeo con l’intento di uniformare il contesto regolamentare del whistleblowing a livello comunitario, rafforzando in particolare la tutela dei segnalanti, sta per essere recepito in Italia per il tramite della Legge di delegazione europea 2019-2020.
Le segnalazioni in ambito pubblico
Attualmente la disciplina vigente in tema di Whistleblowing è inquadrata secondo una doppia prospettiva, pubblica e privata.
Nel settore pubblico la disposizione centrale è costituita dall’art. 54-bis del Testo Unico del Pubblico Impiego (D.Lgs. 165/2001), introdotto dalla Legge 190/2012 (nota come Legge Anticorruzione), secondo il quale “il pubblico dipendente che […] segnali […] condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa, avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, determinata dalla segnalazione”.
Ad essere denunciati possono essere sia reati di cui si sia appresa la realizzazione che condotte di cattiva amministrazione, le quali – pur non rappresentando fatti penalmente illeciti – concretizzano comunque da parte del funzionario pubblico una (più o meno velata) distorsione dell’interesse pubblico per favorire un interesse privato (personale o di terzi) in grado di mortificare il corretto funzionamento dell’azione amministrativa che viene piegata verso logiche individualistiche e di abuso di potere.
La segnalazione deve essere ricevuta dal Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT) a cui è richiesta la garanzia di tutela dell’identità del segnalante e l’adozione di misure specifiche che assicurino la relativa protezione rispetto a possibili atti ritorsivi conseguenti alla denuncia.
Le segnalazioni in ambito privato
Per quel che riguarda il contesto privato, il Whistleblowing è disciplinato dall’art. 6, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del D.Lgs. 231/2001 introdotti dalla citata L. 179/2017.
Qui, in particolare, è stabilito che i modelli 231 debbano istituire uno o più canali di segnalazione, di cui uno almeno digitale, che consentano a dipendenti e collaboratori dell’ente di presentare “a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte” (art. 6, co. 2-bis lett. a).
Anche in tal caso deve essere assicurata la riservatezza del segnalante con l’espresso divieto di atti di ritorsione o discriminatori nei confronti di quest’ultimo per motivi collegati alla segnalazione.
In quest’ottica, il sistema disciplinare integrato nel modello organizzativo esimente deve contemplare opportune sanzioni per l’inosservanza di tale divieto apprestando, così, una specifica tutela alla posizione lavorativa del segnalante.
Le differenze tra il whistleblowing pubblico e quello privato
Il confronto tra la il whistleblowing nell’ambito pubblico e quello operante nel settore privato evidenzia senz’altro un trattamento di maggior favore del segnalante pubblico rispetto a quello privato.
La conclusione è supportata da più di una considerazione.
- Innanzitutto, nel settore pubblico le garanzie riconosciute a tutela della posizione dei segnalanti rispetto a possibili ritorsioni o condotte discriminatorie sono sancite direttamente dalla Legge che conferisce ad esse la propria forza; al contrario, in quello privato tali tutele sono rimesse al modello 231 il quale non è un presidio obbligatorio e non ha certamente la stessa forza di una Legge.
Conseguenza: se un ente privato non adotta un proprio modello 231 il whistleblowing non viene di fatto attuato.
- Inoltre, per quel che concerne le garanzie di riservatezza del segnalante, mentre nel settore pubblico sono previsti e disciplinati in maniera specifica i casi (procedimento penale, procedimenti davanti alla Corte dei Conti, procedimenti disciplinari) in cui l’identità del whistleblower può e deve essere comunque resa nota, nel contesto privato, viceversa, nulla è stabilito al di là del principio generale di protezione del segnalante.
Conseguenza: nel settore privato il ricorrere dei presupposti per la rivelazione dell’identità del segnalante è rimessa alle previsioni del modello 231 e, in mancanza, al singolo interprete.
La Direttiva Europea 2019/1937
Sul piano della disciplina europea, la Direttiva 2019/1937 in attesa di recepimento, persegue l’obiettivo di irrobustire le garanzie per i whistleblower, anche attraverso la creazione di canali interni ed esterni di segnalazione, compresi quelli pubblici.
La protezione della riservatezza del segnalante e l’insieme delle tutele ad egli riservate, oltreché la disponibilità di canali alternativi per inoltrare le segnalazioni costituisco, secondo la Direttiva, elementi irrinunciabili per assicurare efficacia allo strumento del whistleblowing anche in relazione alla funzione che è a questo riconosciuta, vale a dire di contribuire, mediante la possibilità di denuncia responsabile, alla prevenzione dei fenomeni illeciti che possono svilupparsi all’interno di un’organizzazione.
Le principali novità che la Direttiva prevede sono, innanzi tutto, l’obbligo per tutte le organizzazioni pubbliche, tra cui i comuni con più di 10.000 abitanti, ed i soggetti privati che impieghino più di 50 dipendenti, l’istituzione di canali di segnalazione interni per la denuncia di “violazioni del diritto dell’Unione”.
In secondo luogo, l’estensione delle garanzie oggi previste solo per i dipendenti anche per ex-dipendenti, consulenti, volontari che denuncino illeciti dei quali siano venuti a conoscenza nello svolgimento delle proprie attività all’interno di un’organizzazione pubblica o privata.
Infine, la possibilità che l’informazione sia fatta conoscere pubblicamente, anche attraverso i media, allorché la stessa non sia stata trattata adeguatamente dopo il suo inoltro mediante i canali interni ovvero possa essere oggetto di inquinamento probatorio.
Il whistleblowing e il suo indispensabile ruolo per la Compliance
Non v’è alcun dubbio, in conclusione, circa l’acquisizione da parte del whistleblowing di un posto in prima fila nella vasta materia della compliance e dei controlli interni implementati in ottica di prevenzione dei rischi connessi alle attività tipiche di un’organizzazione.
La logica del risk management, infatti, rappresenta ormai un elemento irrinunciabile nell’architettura organizzativa e funzionale di qualunque ente (pubblico o privato che sia) secondo un approccio che abbandona la logica del perseguimento degli obiettivi (di business od istituzionali) a qualunque costo.
Ciò che, invece, deve caratterizzare l’azione e la vita di un’organizzazione è la sostenibilità, la correttezza e la liceità con cui struttura i propri processi in funzione delle finalità alle quali tende, così da ridurre il più possibile la relativa esposizione a rischi ed evitare l’eventualità che subiscano interruzioni, temporanee o definitive che siano.
È questa logica in cui va, dunque, ad inserirsi il whistleblowing la cui funzione in un sistema organico di compliance è quella di rende più efficaci e radicali i controlli e di prevenire condotte illecite, intervenendo in una fase in cui è ancora possibile evitare conseguenze irrimediabili.