***
Premessa
Diciamolo: i primi vent’anni del XXI secolo non sono stati semplici. Abbiamo lasciato il secolo breve rassicurati da un confine europeo che tutto sommato, al di là delle turbolenze liberalizzatrici nei servizi legali, non sembrava allarmante riguardo allo scenario professionale. Ma cosa oggi? La trasformazione digitale ha travolto forme organizzative tradizionali, modalità di erogazione dei servizi legali aprendo a nuove forme concorrenziali; in un àmbito caratterizzato dai tempi lunghi della giustizia, la variabile tempo è diventata strategica; il servizio legale per eccellenza, il contenzioso, è relegato ad evento il più possibile marginale mentre nuovi bisogni legali di consulenza provengono non più solo dalle imprese ma anche dai privati (se si è abbastanza bravi da intercettarli). La trasformazione digitale sta (finalmente) insinuandosi nei percorsi formativi (vedi infra sulle specializzazioni forensi) e sempre più avvocati e studi legali stanno acquisendo consapevolezza che occorre fare i conti con il digitale. I dati della Cassa forense ci dicono infatti che il 62,6% del campione intervistato nella survey Censis “L’avvocato nel quadro di innovazione della professione forense” si riconosce nell’iter prevalentemente ottimista, che crede alle opportunità che il supporto delle tecnologie digitali può offrire.
Cosa significa per gli avvocati “fare i conti” con il digitale
In estrema sintesi significa acquisire nuove competenze legali nel merito del diritto delle nuove tecnologie, a prescindere da una “specializzazione” specifica; significa inoltre acquisire nuove competenze di management che integrino la capacità di organizzare, gestire, promuovere lo studio legale e di erogare vecchi e nuovi servizi professionali; significa ancora costruire una presenza digitale del brand legale collegata – da una parte- alla necessaria visibilità da una parte e dall’altra, (a mio avviso) collegata ad una rinnovata responsabilità sociale dell’avvocato 4.0.
Focalizzare la meta. Se ci pensate bene, queste tre direttrici valgono qualsiasi sia la dimensione dello studio legale. E presuppongono tutte una condizione essenziale: focalizzare una meta. Ed eccoci al punto strategico che richiede il primo e vero sforzo per l’avvocato: focalizzare sé stesso in una dimensione rinnovata e decidere la strada da imboccare.
La cattiva abitudine da depennare. Sarà scontato ripeterlo, ma solo una cosa oggi non è ammissibile: continuare a fare tutto come “nel secolo scorso”. Cullarsi in una resistenza inerte, confidando che sarò il contesto a invertire la rotta. Non succederà.
Vi posso garantire che fare il primo passo sarà come quello di Neil Armstrong: non sarà importante la falcata, ma il semplice fatto di averlo compiuto. Il ché richiederà comunque grande determinazione.
Tante offerte, ma qual è la migliore?
La pressione del digitale, così come abbiamo sinteticamente fotografato, si traduce in numerose offerte di tools, strumenti, piattaforme, consulenze. L’ansia cresce, la concorrenza soffia sul fuoco insieme al marketing sostitutivo della erogazione di servizi legali a più basso costo con modalità pressoché automatizzate o comunque non tradizionali.
Il mio consiglio è quello di scegliere l’offerta migliore solo dopo aver compiuto il “vostro” primo passo: focalizzatevi.
Le domande utili. Pensiamoci: qual è il primo passo necessario per progettare il futuro? Mettersi in discussione: fare un’analisi il più possibile oggettiva del vostro studio legale, i traguardi che avete raggiuto, quelli che vi hanno veramente dato il senso del vostro essere avvocato, quelli che non avete raggiunti e soprattutto le ragioni.
Prima di accedere all’utilizzo di strumenti di management e di business development specifici, vi consiglio di rispondere ad alcune semplici domande comuni. Eccole.
Che avvocato sono?
Che tipo di servizio legale offro?
Perché svolgo questa professione?
Qual è il tipo ideale di cliente?
Qual è la mia caratteristica distintiva?
Quali sono i miei obiettivi professionali?
Cosa cambierei nel modello attuale nel quale finora mi sono riconosciuto?
L’assist delle specializzazioni forensi. In questo processo di ri-definizione, intravedo un assist nel nuovo decreto ministeriale delle specializzazioni forensi, in via di definizione. Le materie per le quali ci si potrà fregiare del titolo di specialista sono ora talmente dettagliate che il sistema costringerà a “concentrarsi” su quelle ritenute più proficue per il proprio progetto.
E’ vero che non esiste l’obbligo di specializzarsi, ma il mercato in questo percorso farà la sua parte.
La regola del 70-20-10
Non aspettate, dunque. E iniziate a rispondere alle domande utili. Dopo di ché seguite la regola del 70-20-10. Teorizzata da Google per la distribuzione del budget aziendale tra i progetti di innovazione, è in realtà una regola utile per distribuire qualsiasi tipo di risorsa (tempo- dedizione- personale) tra i programmi dello studio legale.
Dedicate il 70% delle vostre risorse alle attività maggiormente remunerativa, il core business.
Impegnate il 20% in attività che possano rafforzare il core business.
Regalate il 10% delle vostre risorse ad un nuovo progetto.
Work in progress. Infine, inaugurate il vostro “percorso di qualità” secondo il ciclo analizza- progetta- agisci- controlla- aggiusta.