***
La grande idea: mettiamoci insieme
Qualche cenno: l’esercizio associato della professione è quello tradizionalmente previsto dal nostro ordinamento e per lungo tempo ha rappresentato per gli avvocati l’unico modo di lavorare in modo aggregato. Alla forma associativa si è affiancata la società tra professionisti e per ultima (dopo un iter lungo e confuso approdato nella legge n.124/2017) quella della società tra avvocati che dà la possibilità di esercitare la professione secondo le forme di società di persone o capitali. Sceglierne una piuttosto che un’altra dipende in larga parte dalla dimensione dello Studio, dal numero dei soci, dal fatturato e dagli obiettivi. Quello che è evidente è come la forma aggregata sia divenuta ormai un passaggio quasi naturale nel momento in cui si riflette sulla forte concorrenza che caratterizza oggi il settore legale e di conseguenza sui vantaggi che questa forma può avere per i singoli avvocati.
Prendiamo il caso della semplice forma associativa; i motivi per associarsi possono essere tanti. Quelli più comuni sono senza dubbio la divisione dei costi e l’unione delle competenze; si divide la spesa dell’affitto dell’ufficio, le bollette, l’arredamento e si aumentano i settori di consulenza offerti. Dunque a fronte dell’informalità che riguarda il momento costitutivo, l’assenza di un patrimonio minimo obbligatorio, la libertà di entrata e uscita dei soci e quella sulla divisione degli utili e sul controllo di gestione, si ha in cambio un organismo unitario che ci lascia meno soli di fronte al mercato e che fa in modo che veniamo percepiti come parte di un gruppo coeso, competente, forte. È evidente come, soprattutto per uno studio medio-piccolo, questo aspetto possa essere determinante.
Il pericolo: essere separati in casa
C’è un punto però che spesso viene sottovalutato e questo vale sia per lo studio con un nome già affermato nel momento in cui incamera nuovi soci o decide di rinnovare l’immagine del brand, sia per quello che inizia il percorso come studio associato. Mi riferisco alla riflessione sull’idea che tiene insieme lo Studio e i suoi professionisti, in termini strategici: la vision.
Ho riscontrato più volte come erroneamente si pensi che l’accordo iniziale sull’indirizzo dell’ufficio e sull'intenzione di togliere clienti ai concorrenti basti per fondare un progetto. No, non basta. Neanche concordare sui colori del logo basta. Se non si discute seriamente sui punti seguenti c’è il pericolo che partenza e percorso successivo possano essere falsati:
- avere ben chiaro che cosa vogliamo creare; questo implica un’analisi del mercato che ci interessa, dei concorrenti più vicini e dei clienti attuali dei singoli avvocati (da dove sono arrivati, quale fatturato portano, quanto lavoro richiedono). Sapere quali sono le aree di competenza realmente utili per una gestione ottimale dello Studio può evitarci molti problemi futuri. Conoscere le necessità dei nostri clienti, presenti e potenziali, può dirci molte cose nel momento in cui si deve compiere la scelta di “aprirci” a nuove materie o concentrare la consulenza su meno settori e su come farlo.
- avere ben chiaro a chi vogliamo rivolgerci. Dobbiamo pensare che i futuri clienti saranno clienti dello Studio, non dei singoli soci. Saranno i clienti che parlano di noi, che costruiranno la nostra reputazione come Studio. Questi clienti si possono e si devono scegliere prima, attraverso la definizione di una strategia organizzativa e di comunicazione che renda chiara quali sono gli obiettivi comuni dello Studio almeno a medio termine.
- avere ben chiaro il livello di partecipazione di ciascun socio verso lo Studio. Quanto potremo contare su ciascuno in termini di collaborazione per la crescita dello Studio; dividere i compiti se necessario e secondo le inclinazioni personali. Considerare l’ambito della comunicazione e del business development come lavoro comune e non come attività personali residuali che spesso tolgono solo tempo al lavoro per lo sviluppo di vantaggi personali di cui lo Studio rimane estraneo.
Il coraggio di farsi le domande giuste
Non è mai una questione di età o di esperienza. Nel momento in cui si sente la volontà di crescere professionalmente unendo le forze e il lavoro con qualcuno è più una questione di opportunità e strategia. Si preferisce dribblare su questioni anche fondamentali che si pensa possano essere trattate in seguito, si pensa che le uniche questioni realmente da definire siano quelle relative alla divisione degli utili e alla responsabilità - questioni ovviamente rilevanti ma che non esauriscono la discussione.
Farsi le domande giuste e farsele insieme può fare tutta la differenza tra costruire uno Studio con un potenziale aperto o uno Studio che farà molta fatica a crescere rimanendo a lungo in una terra di mezzo che non è il massimo delle aspettative. La mancanza di consapevolezza e obiettivi comuni può trasformarsi in uno svantaggio sia per i clienti che per gli stessi soci:
- la percezione dello Studio dall’esterno non sarà quella di un organismo unitario, ben organizzato, con una comunicazione condivisa e frutto di scelte comuni. La stessa comunicazione farà fatica a vedere la luce; nessuna strategia di content marketing o CRM (customer relationship management) può davvero essere messa in atto quando i soci non trovano il tempo di dedicarsi alla scrittura dei contenuti o alla collaborazione nella loro creazione e revisione. Avremo una comunicazione sterile, basata unicamente sulla presenza di un sito web che fornisce indicazioni limitate e che non porta nessun valore aggiunto in termini di costruzione di clientela e posizionamento.
- lo svantaggio è anche per gli stessi soci; costruire una nave che non sappia navigare con il mare grosso è poco remunerativo. Qui la remunerazione è intesa volutamente in termini professionali, di individui che sappiano guardare avanti con spirito di sfida e crescita. Obiettivi condivisi e discussioni fatte prima potranno salvare lo Studio nei momenti difficili, che ci sono per tutti, senza lasciare vuoto il timone ognuno dietro ai propri obiettivi. Saranno utili anche nel caso di una possibile fusione o collaborazione con altre entità. Senza la definizione a monte di una visione condivisa, consapevole e ragionata si rischia di perdere tempo e di andare poco lontano.