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Ho iniziato ad occuparmi di marketing legale nel 2006, letteralmente poche settimane dopo l’approvazione del cosidetto Decreto Bersani (sembra un’altra era geologica/politica, vero?) ed io stessa avevo delle perplessità su cosa si potesse fare e cosa non si potesse fare per sviluppare il business, comunicare e fare marketing per uno studio legale.
Ai tempi del decreto Bersani
Ai tempi, conoscevo il mondo delle professioni da un’altra angolatura avendo lavorato nel marketing de Il Sole 24 Ore proprio nella BU Professioni che includeva fiscalisti, avvocati, consulenti del lavoro etc. e forte di questa esperienza pensavo di avere le basi per occuparmi di marketing legale. Invece no.
Ho scoperto (e non riguarda solo il mio caso) che il mestiere di responsabile marketing si impara sul campo e si costruisce intorno alla law firm per la quale si lavora. Tanto si impara, facendo. Molto si apprende dagli errori e tantissimo dai colleghi nell’headquarter (quando hai la fortuna di averli, come è successo a me).
Nel marketing degli studi legali alcuni elementi sono comuni, alcune tecniche assimilabili, ma poi quello che emerge con l’esperienza è che ogni studio professionale fa caso a sé. A volte ogni singolo partner, a capo di dipartimento, fa caso a sé. E non sempre questo è un bene poiché ciò che va salvaguardata nella comunicazione e nelle strategie di marketing è la coerenza del brand, che deve essere più forte e più potente anche del migliore rainmaker.
Cosa è cambiato
Per 12 anni ho avuto l’opportunità di osservare – ed essere protagonista insieme a colleghe e colleghi – di come si sia evoluto il marketing e la comunicazione delle law firm passando dal back office della gestione dei curricula, dei pitch e dei credentials document, al lavoro su re-branding, alla release di nuovi siti web e micro- siti dedicati a tematiche specifiche (Brexit, Blockchain, Investimenti stranieri, FinTech, IoT, AI solo per citarne alcuni).
Nel corso degli anni gli studi legali, soprattutto i grandi studi italiani e internazionali, hanno visto un’evoluzione rapidissima che ha lasciato indietro il passaparola per affidarsi a una gestione più accurata della relazione con il cliente (si pensi ai diversi CRM, ai client feedback program), a una programmazione degli eventi che devono farsi strada nel calendario degli impegni (degli avvocati, dei clienti e degli event manager) più affollato di un tabellone all’inizio di una partita a battaglia navale.
In un altro ambito ho assistito, all’evoluzione del rapporto avvocati vs giornalisti. Da un timido approccio iniziale, all’attesa del gossip settimanale (a volte temuto) gli studi legali si sono dotati saggiamente di addetti stampa (a volte dando in outsourcing in toto o in parte la funzione di media relation ad agenzie ) e sono in grado, in molti casi, di redigere e diffondere comunicati stampa, di formare i propri avvocati a parlare correttamente e concretamente (no legalese, per favore) con i giornalisti on records e off records. Contemporaneamente la stampa legale si è specializzata, ha sviluppato segmenti e competenze, esteso le attività in ambiti paralleli all’informazione (ad esempio: tavole rotonde, award, formazione).
Cosa succede nel mercato delle professioni
Il mercato delle professioni è diventato talmente competitivo che anche gli studi di medie dimensioni sentono sempre più urgente la necessità di caratterizzarsi, di dotarsi di una strategia di comunicazione e – non ultimo – di capire chi sono, perché sono e dove vanno. In breve di capire il loro posizionamento, la loro mission e vision e quale reputazione è sempre più necessario costruire e come.
L’aspetto interessante dell’offrire oggi consulenza agli studi professionali di medie dimensioni è innanzitutto il rapporto diretto con il cliente (il doverlo cercare, capire, presentarsi e presentarlo) e il fatto che, una volta che la consulenza ha inizio, si è parte attiva delle scelte strategiche nonché di alcune logiche di ri-organizzazione interna, fino alla costruzione del brand, della corporate identity passando anche dal social mediamanagement.
Il ruolo di consulente di marketing e comunicazione consente di conoscere realtà diverse per vocazione, fatturato, inclinazione e di spaziare dagli studi legali a quelli di dottori commercialisti fino agli studi medici associati (in un Paese con una sanità complessa, anche chi elargisce le cure mediche ha bisogno di caratterizzarsi, informare e comunicare) senza dimenticare gli studi notarili e, last but not least, gli studi di architettura e ingegneria.
Insomma il marketing delle professioni mi sembra ben lontano dall’essere maturo o matusa. Ha l’energia, e a volte anche l’inesperienza, di un adolescente. Un’età difficile ma piena di stimoli.