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Avvocati o brand?
Fino a qualche tempo fa, quando gli studi legali erano piccole realtà personali e territoriali legate ai fondatori o associazioni professionali nate dall’unione di un limitato numero di avvocati, il nome dello studio non era un argomento del quale stare a discutere. Si optava semplicemente (e in conformità alla normativa) per il nome del professionista o per l’unione dei molteplici nomi e il “problema” era risolto.
Ci sono studi legali con centinaia di avvocati che ancora oggi portano quel nome o quei nomi scelti molti anni fa sulla base di un tratto di penna e che restano saldi al vertice delle classifiche per volumi di fatturato. Sono studi che hanno scelto e ai quali è stato concesso, nel loro talvolta esponenziale percorso di crescita, di mantenere quel nome perché in esso sta il valore dello Studio costruito in decenni di esperienze e lavoro.
La naturale evoluzione del mercato e della professione hanno pesato anche su questo aspetto, regolato dall’articolo 35 del Codice Deontologico Forense; gli studi legali si muovono nel mercato, sono players che offrono servizi di alto valore, comunicano questo valore e cercano visibilità nei confronti dei potenziali clienti. Si capisce come in questo contesto il nome abbia acquistato un peso determinante nelle scelte strategiche, a seguito del salto che possiamo dirsi ormai avvenuto: quello che intende lo studio legale come vero e proprio brand. Perché parlare di brand quando si parla di avvocati?
Ogni cosa ha un valore. Per il settore legale, che basa la propria professionalità sull’elemento della fiducia e dell’affidamento dei clienti, la reputazione legata al nome è fondamentale. Il patrimonio che sta lì dentro è garanzia di professionalità, track record, soddisfazione della clientela, buone relazioni umane. Per questo anche gli avvocati hanno capito che nel marketing legale la parte dedicata alla brand strategy non può tralasciare il focus sul nome, ovvero il processo di brand naming.
Il dilemma creativo e il processo di creazione
Ci sono situazioni diverse per cui si decide di affrontare questo passaggio: la creazione di un nuovo studio per mano di più soci, la fusione tra studi e la nascita di una nuova entità, il processo di rebranding di uno studio.
Nel primo caso il problema del nome si pone quando i soci sono almeno quattro; nella maggior parte dei casi, soprattutto se in piccole realtà e quando i soci sono due o tre si opta ancora, e ragionevolmente, per i nomi personali o le iniziali, piuttosto che altro. È un’opzione da non liquidare come mancanza di vision o poca sofisticazione, bensì da raccogliere come conoscenza del proprio target di clientela e desiderio di riconoscibilità a livello territoriale.
Altro discorso se i soci di un nuovo studio hanno a che fare con realtà più strutturate a livello di concorrenza, se è in corso un progetto di fusione o di rebranding. Qui si pone subito il “dilemma creativo”; da dove cominciare la ricerca del nome giusto? Lo studio del nome è un procedimento delicato che richiede attenzione e la disponibilità di dati dai quali partire per avviarsi verso le giuste soluzioni.
I dati da considerare sono molti: le aree di specializzazione, la dimensione nazionale o internazionale dello studio e della clientela, i bisogni prioritari in termini di business development. Si può partire solo da qui, se si vuole un nome che rappresenti davvero lo studio e che sia un investimento per il futuro. Lo studio si allargherà poi al mercato, al settore in cui si opera, ai nomi dei competitors.
Una volta analizzati questi aspetti il processo che porta alla creazione del nome terrà conto più nello specifico di vari parametri che dovranno adattarsi tra loro secondo una scala di priorità e di scelte strategiche:
- la pronunciabilità del nome
- la sua facilità di memorizzazione
- la comprensione in una o più lingue (aspetto spesso sottovalutato)
- una possibile accezione negativa in altri contesti culturali
- l’impatto che può avere a livello di posizionamento
Ci possono essere nomi descrittivi, puramente inventati, nomi che nascono dall’unione di più parole. Per ciascuna opzione va fatta un’analisi degli aspetti positivi e quelli negativi che tenga conto del suo potenziale successo perché sarà questo nome a raccogliere e indossare quel patrimonio valoriale e reputazionale a cui si accennava prima. Elemento finale ma indispensabile: la sua disponibilità in termini di registrazione del marchio e di dominio a cui sarà legato il sito web.
I vantaggi di un brand forte
La forza del nome giusto che sia fatto maturare e crescere con una strategia di marketing e comunicazione appropriata sta nella sua spendibilità. È il brand che rappresenta lo Studio, non più i singoli soci che lo hanno creato. In questo il potere in termini di marketing è molto forte: appartiene a tutti e dà forza a tutti i professionisti che contiene.
La prima conseguenza facilmente desumibile è che nel caso di uscita di partner più o meno “pesanti” per l’economia dello studio sarà il nome a restare e con lui anche la fedeltà dei clienti. È questo uno dei punti su cui si può insistere per la scelta di un nome che sia vero e proprio brand: perché la creazione di quel rapporto fiduciario che da sempre investe la consulenza legale avvenga finalmente tra il cliente e lo studio, non più tra lui e il singolo professionista.
Di fronte a un brand che ha sviluppato la sua forza nel tempo la fedeltà dei clienti sarà più facilmente gestibile; certo saranno sempre possibili gli spin off che comporteranno un taglio di fette clientelari, questo è elemento di matematica relazionale che non va ignorata ma resta vero che la volubilità dei clienti sarà minore.
E poi, il valore in termini di possibilità relative al pricing. Un brand riconosciuto e stimato può incrementare il prezzo dei servizi che offre e questo, per gli studi legali come per tutti gli altri professionisti, non è elemento facilmente trascurabile sia nelle grandi che nelle piccole realtà territoriali.