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La risalita dei contagi, la stretta sulla circolazione delle persone sta portando –se già non l’ha fatto – gli studi professionali alla scelta di lavorare da remoto e all’obbligo di diradare gli incontri con clienti e colleghi.
Il timore, sempre più prossimo, è che sulle professioni si abbatta una stretta ulteriore in termini di fatturato e di compensi che, solo in parte, i provvedimenti governativi possono tamponare.
Vecchi modelli di business degli studi legali alla resa dei conti
L’occasione, seppure non voluta ed estrema, della pandemia deve quindi portare a ripensare i modelli di business, i servizi offerti, fino a, in maniera più profonda il modo di intendere le professioni.
Innanzitutto le attuali modalità di lavoro da remoto spingono a una revisione di alcune voci di costo degli studi professionali poiché, ad esempio, è possibile ridurre gli spazi dedicati ad archivi cartacei e biblioteche a fronte di un necessario ripensamento in favore di achiviazione e consultazione di fonti digitali. Inoltre, le superfici degli uffici possono essere ridotte a condizione che siano ripensate e riorganizzate investendo maggiormente in tecnologia più che negli arredi, in comunicazione interna e condivisione e gestione della conoscenza (knowledge management) in giovani talenti da far crescere per portare innovazione e un nuovo modo di concepire le professioni legali e tributarie.
La pandemia sta demolendo, che lo si voglia o meno, vecchi modelli di business già sofferenti, studi professionali di piccolissime dimensioni con eredità pesanti e impossibili da rinvigorire se non affrontano un’innovazione profonda che passa prima di tutto dal ruolo, dalla visione che i professionisti hanno di sé stessi e dal modo in cui comunicano tale visione.
Comunicazione e relazione con i clienti
Le professioni legali e tributarie sono enormemente cambiate: l’innovazione tecnologica, la diffusione capillare di internet e l’uso dell’intelligenza artificiale hanno reso la consulenza sempre più una commodity, una merce di base il cui valore non è sempre facile stimare ed apprezzare. Era un processo già in atto che la pandemia ha accelerato. É tempo, adesso, per i professionisti di ripensare da dentro il loro lavoro e il modo in cui viene svolto e come lo studio decide di comunicare.
Così come sono necessari il ripensamento degli spazi di lavoro e di rappresentanza, di uso e di archiviazione è necessario ripensare la relazione con i colleghi che dovrà necessariamente essere più agile e diretta, organizzata (abbiamo tutti sperimentato cosa vuol dire fare le riunioni su piattaforme video senza un ordine del giorno, no?) e nella nuova normalità, data da un mix di riunioni fisiche e digitali, la delega, il check delle varie fasi di lavoro e il follow up sempre più fondamentali. La comunicazione con i clienti (meno formale e ingessata pur restando nell’etica e nella deontologia professionale) è necessariamente indotta dall’uso della tecnologia (alla quale bisogna attingere a mani basse) ma va ritagliata e pensata per questi mezzi. É impossibile applicare ad un video la stessa tecnica di comunicazione affidata alla parola scritta, come ad esempio una newsletter o usare in una tavola rotonda in presenza tempi e tone of voice di un webinar su zoom. Questa nuova esperienza impone un cambio di registro, definitivo.
Allo stesso modo è necessario ripensare i servizi offerti: il contenzioso, già spina nel fianco per la ben nota lunghezza dei processi, va valutato diversamente offrendo ai clienti soluzioni alternative alla controversia. La consulenza alle imprese va intesa come un partneriato: gli avvocati e i commercialisti sono chiamati a calarsi veramente, e non solo sugli statement dei siti e nei pitch document, nei panni dell’imprenditore prevenendo necessità, bisogni, ostacoli, rischi. La tecnologia è il nuovo motore a scoppio nella vita delle persone, ormai da decenni, ma ci sono professionisti ancora (ostinatamente) ostili ad essa e fedeli alle correzioni a penne su carta (che qualcuno dovrà riportare su file digitali).
Sostenibilità e responsabilità
Non ultimo, anzi cruciale, la pandemia deve insegnare agli studi legali e tributari ad occuparsi anche di responsabilità sociale, di sostenibilità e di comunicazione abbandonando il concetto di auto referenzialità per volgere lo sguardo in maniera consapevole al proprio ruolo nel vivere sociale, al diritto e ai tributi come leve per un benessere intenso in senso ampio e che sia applicabile nella maniera più estesa possibile. Il diritto, la finanza e l’economia guardano con sempre maggiore urgenza alle policy che tutelino la sostenibilità delle scelte compiute, ai percorsi che portino a una sempre maggiore inclusione e diversità di composizione dei team (evitando lo spettro della discriminazione, in qualsiasi forma), ai percorsi di recruitment e crescita professionale. Tutti elementi che si possono e si devono comunicare e che contribuiscono al corretto posizionamento degli studi professionali.