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La reputazione e il brand
Secondo la definizione comunemente accettata per chi si occupa di marketing, il significato di brand può essere banalmente riassunto con le parole del fondatore di Amazon, Jeff Bezos: «il tuo brand è quello che la gente dice di te quando non sei nella stessa stanza».
Senza scomodare il pragmatismo americano, anche qui da noi il valore del proprio talento sta diventando sempre più importante per il singolo avvocato. Il concetto è senza dubbio molto affine a quello di reputazione, sebbene i due termini non siano veri e propri sinonimi.
Mentre la reputazione è elemento critico che fa parte del valore personale del singolo avvocato, un punto da cui partire e che talvolta anzi circonda staticamente la figura del professionista, il brand è la parte dinamica.
Il brand non è il semplice risultato della propria attività professionale o della dimostrazione delle competenze acquisite ed esercitate; il brand va costruito, organizzato, strutturato e plasmato attivamente con una strategia che richiede uno sforzo consapevole e motivato e la pazienza di sapere che per vedere dei risultati ci vorrà Tempo.
Che cosa serve
Una strategia di self branding, sia per il professionista interessato che per il consulente che lo affianca, dovrebbe partire sempre dalla definizione degli obiettivi. Per questo motivo la prima domanda a cui il singolo avvocato dovrebbe rispondere è: «Che cosa voglio ottenere?».
Circoscrivere i punti di arrivo e la fascia di pubblico e di potenziali clienti destinatari delle attività è fondamentale per fare in modo che la personalità e il talento emergano coerentemente e senza un inutile sforzo di energie e risorse.
In aggiunta a questo, ognuno ha una formazione, esperienze professionali, attitudine al lavoro, passioni diverse di cui, nella formulazione di un piano di self branding, si deve necessariamente tener conto come se tutti questi diversi elementi fossero i gomitoli colorati da cui partire per tessere la trama di un tappeto.
Le competenze consolidate - realisticamente mai più di tre - così come le qualità personali che colleghi o amici hanno sempre riconosciuto al singolo professionista o le passioni che si hanno e che invece sono sconosciute ai nostri interlocutori - fare beneficenza, occuparsi di animali, donare il proprio tempo alla comunità - divengono i punti di forza da promuovere nell’impresa di creazione del valore del talento.
Anche le esperienze personali sono molto utili nella definizione di una strategia di comunicazione del talento nell’ottica della proiezione empatica con un nuovo potenziale cliente.
Acquistano rilevanza, ad esempio, le pause dedicate da un avvocato al servizio di una carica pubblica che lo ha abituato all’ascolto dei cittadini, o di quello che ha utilizzato un periodo di pausa tra due diverse esperienze lavorative per dedicarsi ad esempio alla nascita di un figlio.
Fare self branding sul web; il valore del blog
Se le competenze, le qualità, i punti di forza vari costituiscono la sostanza ovvero la trama del tappeto, essi vanno poi posti in modo da poterli comunicare ed è qui che arriva il branding; la definizione della forma, il ricamo che lo renderà unico e riconoscibile, in una parola, l’ordito.
Per l’avvocato che guida una single practice e che intende avviare un percorso di self branding qualora intenda ricostruire un portafoglio clienti dopo un calo del fatturato oppure riposizionare la propria consulenza a seguito di una specializzazione in materie nuove, il web è senza ombra di dubbio un grande alleato e uno dei suoi strumenti migliori è il blog.
Letteralmente blog è una abbreviazione per web-log ovvero “diario in rete”, contenitore di testi, video, immagini che se saputo usare bene può diventare per un avvocato uno dei più preziosi mezzi attraverso cui comunicare e da cui, in una seria e accurata strategia di sviluppo del singolo talento, non si può più prescindere.
Rilevano per il buon uso di un blog il linguaggio e lo stile di scrittura; breve, chiaro, privo di eccessivi e inutili tecnicismi, che abbia una periodicità e reso interessante da una narrazione che muova più dal racconto di una storia che dall’arido resoconto di una sentenza della Suprema Corte. Alla fine il punto è sempre lo stesso: avere ben chiaro che cosa voglio dire, a chi lo voglio dire e per quali motivi.
Il coraggio di esporsi
Scegliere di fare di sé stessi un marchio, brutta espressione ma senza dubbio efficace, è sicuramente una sfida personale. Ci sono in gioco molti elementi: il bilancio della propria professione, il rapporto con i clienti, la competenza nelle materie in cui si esercita, le scelte e le qualità personali ma anche i difetti e i punti deboli. Dunque intraprendere un percorso di self branding vuol dire innanzitutto esporsi:
- scrivendo opinioni;
- cercando di partecipare a dibattiti;
- condividendo commenti sui social come ad esempio LinkedIN attraverso il proprio account personale o di studio;
- rilasciando interviste video dove si spieghino le ultime novità legislative su un argomento che interessa.
Alla fine del percorso il miglior risultato sarà quello di aver fatto in modo che ciò che viene detto di noi quando non siamo nella stessa stanza sia esattamente quello che vorremmo gli altri dicessero.