***
Come molti forse già sanno nel 2016 è stato realizzato da Parole O-Stili il “Manifesto della comunicazione non ostile” che racchiude 10 principi della comunicazione di chi è presente in rete.
Il manifesto è stato sottoscritto, ad oggi, da oltre 140 tra aziende quotate, enti pubblici, istituzioni ed università e si tratta di un impegno di responsabilità condivisa che vuole favorire comportamenti rispettosi e civili. In particolare la seconda regola, che recita “si è ciò che si comunica”, è la vera sfida a rimanere autentici, trasparenti, leali e coerenti nei confronti del nostro pubblico dai clienti ai fornitori, dai professionisti interni ai colleghi esterni fino al mercato.
Sarebbe piuttosto innovativo riuscire ad adottare e adattare il “Manifesto” di Parole O-Stili, o un progetto similare di rispetto nei confronti della comunicazione e dell’uso delle parole, anche all’interno del mercato legale proprio con l’obiettivo di costruire un viaggio verso un percorso professionale migliore perché le parole, che sono sempre più esposte alla responsabilità di quel che diciamo o scriviamo, rappresenteranno sempre e soltanto noi.
Se pensiamo poi che i dati più recenti mostrano un calo del 4% delle iscrizioni a Giurisprudenza nell’ultimo anno e che le cause principalmente emerse siano da attribuire, da un lato ad una professione sempre meno redditizia nel suo insieme e dall’altro alla percezione che hanno i giovani degli studi legali, in quanto non compliant con i principi di sostenibilità sia nella comunicazione che nella trasparenza verso l’esterno e l’interno, ci troviamo davvero ad un bivio della professione e del futuro degli studi legali.
Non possiamo inoltre dimenticare il fenomeno di great resignation, che non sta risparmiando il settore legal, e il nodo della talent retention diventato ormai un campo di battaglia.
Ma quali sono gli strumenti da utilizzare per ristabilire un equilibrio sostenibile e comunicabile all’interno e all’esterno degli studi? Ormai non è più sufficiente l’impegno ad adottare delle misure condivise (si pensi alla nebulosa dei percorsi di carriera, alla mancanza del work-life balance, gender parity,...) ma è indispensabile che vengano garantite ai professionisti. Non si tratta più di creare solo una chiara ESG identity ma di andare oltre e adottare strumenti di applicazione misurabili.
Da dove partire quindi per evitare di essere “riciclati” se non sostenibili? Ascoltare, ascoltare e ancora ascoltare.
E’ uno strumento potentissimo che ci permette di elaborare una strategia di comunicazione sana e coerente. Per ascolto si intende quello rivolto a tutti gli stakeholder della catena del business legale partendo dall’interno, quindi dagli avvocati ad ogni livello di esperienza e dallo staff, per poi arrivare ai clienti e anche ai competitor. E poi ancora, essere in grado di raccontare il cosa, il come e soprattutto il perché abbiamo deciso di intraprendere un percorso di comunicazione sostenibile dimostrando il nostro impegno tangibile.
Prima verrà compreso che la sostenibilità non è più un merito ma è la condizione necessaria per non essere tagliati fuori, più rapido e migliore sarà il recupero e la crescita della professione dell’avvocato.