04 Gennaio 2018

La tecnologia cambierà gli avvocati?

MARIO ALBERTO CATAROZZO

Immagine dell'articolo: <span>La tecnologia cambierà gli avvocati?</span>

Abstract

Nuove tecnologie arrivano sulla scena del mercato legale. La figura professionale dell’avvocato ne sarà inevitabilmente interessata: come si relazionerà con l’Intelligenza Artificiale?

* * *

Prendiamo le mosse da un articolo apparso recentemente sul Corriere della Sera dal titolo “La tecnologia cambierà gli avvocati. Le pratiche? Svolte dai robot” per porci la stessa domanda: come cambierà la professione forense e il lavoro dell’avvocato con l’avvento della nuova tecnologia? Per “nuova” tecnologia non ci riferiamo più ad Internet, quella è già una realtà con cui tutti i professionisti stanno già facendo i conti. Il profilo Linkedin, il sito Internet di studio, l’uso dei social network non sono più certo una novità. Per molti professionisti ancora, a dire il vero, sono una frontiera, ma per molti sono già strumenti attivati ed utilizzati quotidianamente. Sono sempre di più gli avvocati che raccontano come stiano facendo business grazie al web, per buona pace di coloro che snobbano il web come strumento di business development.

No, qui ci riferiamo all’Intelligenza Artificiale, la vera nuova frontiera tecnologica già attiva in via sperimentale su alcuni smartphone di nuova generazione e già testata in alcuni settori, come la medicina.

La nuova frontiera: l’Intelligenza Artificiale

I robot imparano dai propri errori, apprendono cose nuove costantemente e crescono. Potremmo dire che in questo cominciano ad essere migliori di molti umani, che invece non apprendono dai propri errori e ripetono “a nastro” sempre gli stessi gesti. L’avvocatura è stata una tra le categorie più conservatrici, che fino all’ultimo ha sostenuto che l’avvocato non “vende” nulla, che la professione intellettuale non è certo un’attività esercitabile con la mentalità organizzativa imprenditoriale e che il tradizionale modello “boutique” di studio sarebbe rimasto sempre il modello per eccellenza. I fatti stanno dicendo altro e anche i più restii al cambiamento hanno dovuto accettare che le cose sono già cambiate e che la professione non si può più svolgere come un tempo. Questo non vuole dire – precisiamolo – che la qualità deve essere inferiore di un tempo, oppure che la dedizione del professionista alla causa del cliente debba mancare, anzi. Vuol dire che i tempi impongono altri ritmi, altre competenze, altra organizzazione se si vuole essere competitivi. E in tutto questo cosa c’entrerà mai l’Intelligenza Artificiale?

Intelligenza Artificiale e Avvocati: insieme o separati?

La rivoluzione è appena cominciata. I software che un tempo erano meramente esecutivi degli ordini umani, ora apprendono. Un tempo il software serviva nella professione come banca dati per le ricerche, come gestionale per organizzare pratiche e appuntamenti, come facilitatore di processi amministrativi di fatturazione e poco più. Quella non era Intelligenza Artificiale. Ora i software possono fare ricerche “intelligenti”, con una precisione che l’essere umano non può avere. Possono interpretare richieste e dare risposte non più meccaniche – come le ricerche per keywords – ma semantiche, cioè ragionate, pensate. Se un tempo si ripartiva sempre daccapo in una ricerca inserendo ogni volta le chiavi di ricerca, ora il software memorizza e impara e la volta successiva la ricerca tiene conto dei risultati (errori compresi) della volta precedente. Le macchine ora possono essere non solo utilizzate, ma interrogate. Possiamo chiedere loro di sostituirci in diverse operazioni: di “sostituirci”, appunto e non solo di aiutarci. Due diligence, ricerche giurisprudenziali ragionate, analisi di brevetti, marchi, violazioni di norme stradali e buona parte del recupero crediti potrebbe essere affidato a loro. Sicuramente tutte le operazioni standardizzabili, ripetibili saranno a breve appannaggio dell’Intelligenza Artificiale anche nella professione forense. L’analisi di big data, di documentazione copiosa di una pratica, di confronto internazionale di banche dati, sarà più conveniente che venga svolto dall’Intelligenza Artificiale che dall’essere umano. Risparmio, velocità e precisione sono garantiti.

I limiti dell’Intelligenza Artificiale

Per fortuna questo scenario richiederà ancora anni prima che sia la prassi. I limiti che l’Intelligenza Artificiale incontra sono le scelte che combinano dati legati alla relazione, alle emozioni, alle preferenze umane, tutti dati non standardizzabili. Qui nasce il connubio tra umano e artificiale: i primi si dovranno sempre più occupare della relazione con il cliente, di costruire sinergie e di lavorare sull’empatia con il cliente. Ricordiamoci sempre che in quanto esseri umani siamo fatti di emozioni e non di ragione. La relazione umana resterà sempre l’elemento cardine anche del successo professionale, oltre che la preparazione tecnica. La cura del cliente, il calore necessario nei momenti difficili, l’empatia, la comprensione saranno i punti di forza dell’essere umano, che difficilmente – almeno nel medio periodo – potranno essere soppiantati da un robot, così come alcune logiche di ragionamento tecnico giuridico dove entra in gioco il buon senso, l’esperienza e l’intuito.

Opportunità o minaccia?

Chiudiamo chiedendoci se questo scenario rappresenta più un’opportunità o una minaccia per la professione. Sicuramente ci sentiamo di dire che sarà una grande opportunità, perché la qualità complessiva della professione salirà, a differenza di quanto istintivamente (per paura e mancanza di conoscenza, più che altro) molti pensano. È normale che ogni novità porti scetticismo e paura del cambiamento. L’Intelligenza Artificiale permetterà agli avvocati di recuperare molto tempo che ora investono nell’analisi di documenti, nelle ricerche giurisprudenziali e normative. Si potranno così dedicare allo studio della pratica nella sua sostanza e alla relazione con il cliente. Certo, l’attenzione dovrà essere nel non farsi sostituire dai robot e far fare loro tutto il lavoro, senza quel valore aggiunto che solo l’apporto dell’avvocato può dare. Come tutte le cose, troveremo chi saprà fare buon uso di queste novità, potenziando i propri servizi e migliorandoli, e chi invece ne approfitterà per tirare i remi in barca abbassando il livello qualitativo del servizio. Come sempre, però, non è mai lo strumento ad essere buono o cattivo, ma l’uso che se ne fa.

Vedremo il futuro cosa ci riserva, certo è che la mentalità dell’avvocato, come di altri professionisti, deve il prima possibile fare un salto di qualità per non trovarsi decontestualizzati rispetto allo scenario in cui ci si trova ad operare.

Altri Talks