10 Novembre 2022

Asserzioni etiche tra washing e normazione

CARLO ALBERTO GIOVANARDI

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Abstract

In difetto di un quadro normativo organico ed a fronte del rischio che il social washing domini la scena, la valorizzazione delle asserzioni etiche trova utili riferimenti nei principi ISO e UNI e nell’iniziativa di organismi privati che affrontano la materia per indicare criteri e metodi a presidio della effettività e verificabilità delle asserzioni etiche, utili a un percorso educativo individuale e collettivo.

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La faticosa transizione in atto dallo shareholder capitalism allo stakeholder capitalism, la cosiddetta ESG revolution, la rappresentazione dell’impresa come trustee della comunità civile di riferimento, sono tutti concetti che non hanno nulla di particolarmente nuovo, se non il fatto di essere giunti negli ultimi decenni ad occupare crescente spazio nel dibattito politico, economico e sociale, trovando accoglienza in diversi manifesti di organizzazioni nazionali e sovranazionali (basti dire per tutte della UN Sustainable and Development Goals 2030 Agenda), nonché nella normativa comunitaria sia di indirizzo, che precettiva fino ad affacciarsi (cautamente) al diritto interno.

L’ampiezza e la trasversalità della discussione, su cui non è mancato anche vibrato scetticismo o persino ostruzionismo, ha fatto della sensibilità collettiva ai fattori ESG una facile e potente cassa di risonanza, che li ha visti diffusamente dirottati nell’alveo della comunicazione commerciale.

Da qui il dilagare, da un lato del profilo degenerativo del fenomeno, il cosiddetto green washing o social washing, dall’altro degli sforzi per garantire dignità autentica a una base valoriale, il cui effettivo rispetto si dimostra sempre più imprescindibile per assicurare e proteggere l’equilibrio e la sopravvivenza dell’intero ecosistema naturale e sociale.

Le rappresentazioni di facciata (washing), senza reale attenzione ai contenuti, si possono inquadrare nell’ambito dell’abuso che, nella materia in discussione, può trovare un contrasto efficace, più che in un quadro normativo sanzionatorio ancora debole e magmatico, in una educazione valoriale diffusa, che guardi alla consapevolezza ed effettività dei contenuti, come al metodo.

Di ciò si sono fatti carico gli enti di normazione non obbligatoria, riconosciuti a livello internazionale (ISO), europeo (CEN) e nazionale (UNI), con l’obiettivo di disciplinare le cosiddette asserzioni etiche, la loro affidabilità e accuratezza, nonché le metodologie di validazione che ne consentano verifiche misurabili e realmente trasparenti.

Per asserzioni etiche (ethical claims) si intendono dichiarazioni che affermino la sussistenza di uno o più profili etici di un prodotto, di un servizio, di un processo o di una organizzazione (così ISO/IEC 17029 e ISO/TS 17033 del 2019), con lo scopo di maggiormente coinvolgere tutti i possibili stakeholders, stimolando la domanda e sostenendo l’offerta di prodotti e servizi, basati su processi e riferibili a organizzazioni effettivamente improntati al miglioramento continuo della sostenibilità.

La definizione è volutamente ampia per abbracciare in modo completo lo spettro delle realtà possibili, comunque costituite, e fare sì che la relativa normativa: (i) sia fruibile da tutti coloro che desiderano una migliore comprensione delle asserzioni etiche e del loro utilizzo, e (ii) sia idonea a supportare lo sviluppo di programmi relativi ad asserzioni etiche per i plurimi aspetti caratteristici di diversi settori, attività e organizzazioni.

Le specifiche ISO sopra citate, che hanno interessato tanto i contenuti delle asserzioni etiche in termini di affidabilità, accuratezza e credibilità (ISO/TS 17033), fornendo le necessarie informazioni a supporto, quanto i criteri di validazione da utilizzarsi da parte degli organismi di verifica (ISO/IEC 17029), sono state fatte proprie nel 2020 anche da UNI.

Quest’ultima, a poca distanza di tempo, ha elaborato a sua volta e pubblicato una prassi di riferimento (UNI/PdR 102:2021), recependo gli indirizzi applicativi ISO sulle tematiche di sostenibilità e responsabilità sociale ed offrendo un metodo per l’elaborazione da parte degli operatori di mercato delle asserzioni etiche sulla sostenibilità economica, sociale e ambientale.

A livello normativo interno la sensibilità al tema è oggi maggiormente focalizzata sulla autoregolamentazione ai sensi del d.lgs. 231/201 (c.d. codice etico), sulla obbligatorietà dell’informazione non finanziaria (Direttiva 2014/95/UE, recepita in Italia con d.lgs. 254/2016), attualmente circoscritta alle realtà ritenute dal legislatore più rilevanti  e di maggior impatto con la prospettiva di una crescente diffusione, sulla caratterizzazione delle scelte di investimento (si pensi anche alla Tassonomia verde UE) e sulla regolamentazione ed autoregolamentazione degli obblighi di due diligence sulle controparti.

In questo panorama normativo in formazione, sembra potersi affermare che, a livello legale, il fronte delle qualità, effettività, metriche di misurazione e certificazione delle asserzioni etiche è ancora rimesso all’interpretazione dei principi generali della buona fede (e della rilevanza della frode), nelle sue declinazioni e (rare) tipizzazioni nelle regole di governo delle organizzazioni e delle informazioni al mercato.  

Nel contesto così sommariamente rappresentato, non sfuggono le obiettive difficoltà che si incontrano nello sforzo di indurre un sistema virtuoso introducendo regole (obbligatorie o meno), basate su metriche misurabili, che consentano la valutazione delle asserzioni etiche ove la componente qualitativa appare comunque preponderante.

Salutiamo quindi con favore l’affacciarsi di organismi che si fanno carico di produrre documentazione atta ad affrontare con metodo scientifico la materia, per favorire il superamento di barriere culturali e metodologiche. Tra i più recenti e strutturati, segnaliamo il position paper pubblicato nel maggio scorso da Diligentia ETS (www.diligentia.it), dedicato specificamente alle Asserzioni Etiche (scaricabile dal sito), accompagnato da un manifesto che in forma schematica individua i criteri che possono portare ad asserzioni etiche accurate e verificabili.

Ferma la meritevolezza e necessità di un approccio scientifico e organizzato che accompagni, per approssimazioni successive, a una disciplina puntuale, l’attuazione effettiva di un processo collettivo indirizzato a comportamenti virtuosi ci sembra non possa comunque prescindere da un percorso educativo, che parta dalla maturazione della consapevolezza (e correlata responsabilità) della rilevanza del ruolo di ciascuno (i.e. a livello individuale), per indurre un insieme di condotte coerenti con lo standard perseguito.

Il coinvolgimento diretto e attivo di persone in esperienze valoriali comuni stimola la percezione individuale e favorisce un cambiamento o adattamento consapevole, senza i quali le asserzioni etiche, i codici etici, le policies di sostenibilità e altri manifesti del genere rischiano di rimanere solo sulla carta, a documentare un ideale, destinato a rimanere tale.

 

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