04 Febbraio 2020

Brevi cenni sul doppio binario sanzionatorio nei Reati Finanziari: il divieto di bis in idem

VALERIO ROCHIRA

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Abstract

Nell’ordinamento italiano il divieto del bis in idem è tipico del sistema accusatorio, inoltre, assume un significato metagiuridico, in quanto, nella sua pratica applicazione, sottrae il reo a ingiuste vessazioni in applicazione di ripetute imputazioni per uno stesso fatto. È dunque espressione di matura civiltà giuridica, pur non costituendo una novità per gli odierni ordinamenti giuridici.

Ciò che preme mettere in risalto in questa sede è la conflittualità che si crea nei casi in cui l’ordinamento reprima alcuni fenomeni illeciti con il c.d. sistema del “doppio binario” sanzionatorio, consistente nell’affiancamento della sanzione amministrativa a quella penale (o viceversa).

In occasione di litispendenza di giudizio di accertamento della responsabilità amministrativa, e di parallelo procedimento penale, è controversa l’operatività del divieto di bis in idem.

Prima facie il divieto infatti sembrerebbe trovare applicazione soltanto nei confronti di fatti punibili in base a norme appartenenti al medesimo “ordinamento” (penale, civile o amministrativo).

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La progressione illecita nei Reati Tributari preclude la violazione del ne bis in idem

Si è discusso, anche in sede comunitaria e internazionale, dell’opportunità del doppio livello sanzionatorio in materia di reati tributari. È noto che oltre alle disposizioni penalmente rilevanti (d.lgs. n. 74/2000), l’ordinamento anticipa la repressione del fenomeno dell’evasione fiscale attraverso il ricorso a sanzioni amministrative. Esse non sono solo finalizzate al recupero del credito tributario, altresì si connotano di un’importante afflittività.

Con la sentenza A e B c. Norvegia, la Corte EDU, rivedendo il proprio orientamento sul tema, ha individuato di fatto l’ulteriore requisito della «sufficiently close connection in substance and in time», la cui ricorrenza dovrebbe condurre a escludere la lesione del diritto a non essere giudicati e puniti due volte.

Si è determinato, così, un vero e proprio revirement in materia, statuendo che spetta al Giudice stabilire se ci si trovi, o meno, in presenza di un bis in idem, valutando se i procedimenti in questione presentino l’ulteriore requisito della connessione sostanziale e temporale, avendo riguardo alle peculiarità dei casi di specie.

In sostanza, la predetta pronuncia ha mutato profondamente la natura del ne bis in idem convenzionale, tramutandolo da principio eminentemente processuale a garanzia di tipo sostanziale. Ciò che interessa è che la risposta sanzionatoria, derivante dal cumulo delle due pene inflitte nei diversi procedimenti, sia proporzionata; infatti, nulla vieta ai legislatori nazionali di predisporre un doppio binario sanzionatorio.

Beninteso, con riguardo ai reati in materia di I.V.A. e imposte sui redditi, per cui sono previste soglie di punibilità che impongono l’applicazione sussidiaria della sanzione penale, sembra superato il problema del doppio giudizio, trattandosi, invece, di progressione illecita. Il soggetto cui si imputa la fattispecie illecita passa dall’essere passibile di sanzione amministrativa, all’essere perseguibile penalmente, avendo superato un quantum di offensività penalmente tollerabile.

 

Il doppio binario sanzionatorio nei Reati di Market Abuse

Nel dibattito che concerne il sindacato di proporzionalità della doppia sanzione afflittiva (penale e amministrativa), il ruolo cardine è svolto dai c.d. reati di market abuse, la cui disciplina è delineata dal d.lgs. n. 58 del 1998, il c.d. T.U.F., assumendo un’importanza rilevante i delitti di insider trading e manipolazioni del mercato (artt. 184 e 185 con rispettivo riferimento agli illeciti amministrativi ex artt. 187bis e 187ter d.lgs. cit.).

L’aspetto più significativo, insieme a quello relativo alla severità della pena, consiste nella previsione di parallele ipotesi di illecito penale-amministrativo che accomunano le due fattispecie di reato.

Di tal che, l’iperpenalizzazione degli abusi di mercato si è concretizzata in un sistema nel suo complesso potenzialmente incompatibile con il principio di proporzionalità della pena con il fatto di reato.

Invero, soprattutto a livello convenzionale, oggetto del giudizio di proporzionalità è il quadro sanzionatorio complessivamente inteso; tant’è vero che, in tal senso, non importa il nomen juris della sanzione, altresì deve valutarsi l’afflittività sulla base di specifici parametri delineati dalla Corte EDU nella sentenza Engel e altri c. Paesi Bassi.

 

Breve rassegna del dibattito giurisprudenziale sovranazionale e convenzionale sul tema

Su tutte si ricorda la sentenza Grande Stevens c. Italia, del 4 marzo 2014, che, in materia di abusi del mercato, ha stabilito con nettezza che uno stesso fatto non possa essere sanzionato due volte;  dapprima nel procedimento amministrativo (ex art. 187ter d.lgs. n. 58 del 1998), successivamente in un procedimento penale sorto sugli stessi fatti, in base, ad esempio, al reato di cui all’art. 185 d.lgs. n. 58 del 1998.

Con tale decisione, infatti, la Corte EDU stabilisce che la natura “sostanzialmente” penale di una sanzione formalmente amministrativa, divenuta irrevocabile, comporta in ogni caso il divieto di doppia sanzione e quello di iniziare un secondo procedimento sullo stesso fatto.

Nondimeno, la sentenza della Corte di Giustizia dell’UE  Garlsson real estate e a. (c-537/16)  ha identificato l’obiettivo perseguito dalla normativa istitutiva del doppio binario sanzionatorio nella tutela dei mercati finanziari dell’UE e nella fiducia del pubblico negli strumenti finanziari. Il sistema, dunque, è stato ritenuto adeguato a fondare la limitazione dell’art. 50 CDFUE, nonché sufficientemente proporzionato a tale scopo, sulla base di una motivazione sovrapponibile a quella fornita in Menci (c-524/15). Gli strumenti da approntare per garantire l’interesse tutelato non sono, neppure in questo caso, oggetto di armonizzazione, in quanto, sindacare la predisposizione da parte del legislatore italiano di un doppio binario sanzionatorio equivarrebbe a negargli quella discrezionalità che, invece, il diritto dell’Unione gli riconosce in materia.

La Corte di Lussemburgo tuttavia – pur riconoscendo la pacifica prevedibilità della disciplina in oggetto – giunge a ritenere eccessivo il sacrificio dell’imputato, tanto dal punto di vista degli oneri cui il doppio procedimento lo espone, quanto da quello della proporzione della sanzione.

In particolar modo, i giudici affermano che la prosecuzione del procedimento, formalmente amministrativo (ma sostanzialmente penale) di cui all’art. 187ter T.U.F., eccede quanto strettamente necessario per conseguire l’obiettivo che la normativa in materia di manipolazione di mercato si prefigge. Questo perché la sanzione prevista dall’art. 185 T.U.F. – salvo verifica del giudice nazionale – è sufficientemente severa al punto da reprimere il comportamento in questione in maniera efficace, proporzionata e dissuasiva.

In ultima istanza, non potendo riflettersi ancora sulle ulteriori pronunce della Corte Costituzionale e delle Corti di Strasburgo e del Lussemburgo, si sottolinea uno dei più recenti arresti sul tema, Cass. Sez. V 45829/2018. I giudici di Piazza Cavour hanno definitivamente stabilito, in tale occasione, che l'irrogazione per il medesimo fatto, sia di una sanzione penale, che di una sanzione amministrativa (definitiva) - ai sensi degli artt. 185 e 187-ter, d.lg. 24 febbraio 1998, n.58 - non determina la violazione del principio del "ne bis in idem", a condizione che il cumulo delle sanzioni risulti proporzionale alla gravità del fatto commesso, in conformità ai principi di cui agli artt. 49, 50 e 52 CDFUE, nonché 4 Prot. n. 7 CEDU, siccome interpretati dalle sentenze della Corte di Giustizia dell'Unione Europea C-524/15, C-537/16, nonché dalla sentenza della Corte EDU del 15 novembre 2016, A. e B. c. Novergia.

 

Osservazioni finali

In sintesi, ciò che sembrerebbe rilevare per la Giurisprudenza nazionale, alla stregua dei dettami convenzionali e sovranazionali, è la proporzione delle sanzioni complessivamente intese al fatto di reato. Sebbene non possa che essere questo l’approdo finale del ragionamento, permangono perplessità con riferimento alla proporzionalità di una duplicazione della sanzione pecuniaria. Invero, se per un verso appare ragionevole l’accostamento della pena detentiva alle sanzioni amministrative – ancorché particolarmente afflittive –, per altro, non è agevole comprendere la necessità di prevedere un’ingente sanzione pecuniaria (speculare nella forbice edittale) di siffatta portata per entrambi gli illeciti. Questo aspetto potrebbe consistere in una duplicazione sanzionatoria che si pone in antitesi con il limite sostanziale del ne bis in idem.

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