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Secondo il disposto dell’art. 183 (definizioni), comma 1, lett. f) del D.Lgs 3 aprile 2006 n. 152, il soggetto produttore dei rifiuti, può alternativamente essere individuato nel:
- produttore iniziale, ossia:
- nel soggetto la cui attività produce rifiuti (c.d. produttore materiale) – generalmente identificato nell’appaltatore;
- ovvero nel soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (c.d. produttore giuridico) – generalmente individuato nel committente l’appalto.
- nuovo produttore, ossia quel soggetto responsabile delle attività di pretrattamento, miscelazione ovvero delle altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione dei rifiuti.
Tralasciando in questa sede la nozione di nuovo produttore (ipotesi generalmente poco ricorrente all’interno dei contratti di appalto) è bene invece soffermarsi sulla dicotomia produttore materiale/produttore giuridico, al fine di comprendere su quale dei due soggetti andranno allocati gli oneri – ed i conseguenti rischi - connessi ad una corretta gestione del rifiuto.
Per la SA solo obbligo di vigilanza
Ebbene, a gettare luce sulla vicenda interviene una recentissima sentenza della Cassazione penale[1] che relativamente al tema dei rapporti tra produttore materiale e produttore giuridico nell’ambito di uno stipulato contratto di appalto, si è così espressa: “l'appaltatore, per la natura del rapporto contrattuale che lo vincola al compimento di un'opera o alla prestazione di un servizio, con organizzazione dei mezzi necessari e gestione a proprio rischio dell'intera attività, riveste generalmente la qualità di produttore [materiale] del rifiuto e su di lui gravano gli obblighi di corretto smaltimento, salvi i casi in cui, per ingerenza o controllo diretto del committente sull'attività dell'appaltatore, i relativi doveri si estendono anche a tale soggetto”.
Pertanto, proprio la peculiarità del contratto di appalto fa sì che sarà proprio l’appaltatore a dover rivestire la qualifica di produttore [materiale] del rifiuto e ad assumersi tutti gli oneri connessi ad una sua corretta gestione. Rimangono ad ogni modo salvi i casi in cui per ingerenza o controllo diretto del committente sull’attività dell’appaltatore, i relativi oneri si estendono anche al primo soggetto. Solo in tale eventualità, quindi, residueranno in capo alla SA degli oneri connessi alla gestione del rifiuto, i quali tuttavia – come sostenuto da costante dottrina – si limiteranno ad un obbligo di vigilanza[2] sul corretto operato dell’appaltatore.
In altre parole, l’interpretazione proposta dai Supremi Giudici “prevede una sorta di doppia responsabilità: la prima dell’appaltatore, che risulta di regola il produttore dei rifiuti, la seconda del committente che si assomma alla prima, ma esclusivamente nei casi in cui la particolarità dell’obbligazione assunta oppure l’ingerenza o il controllo diretto esercitato sull’attività dell’appaltatore, determinino una estensione degli oneri in tema di gestione dei rifiuti anche a tale soggetto” [3].
Ciò posto, quanto alle responsabilità connesse ad una corretta gestione del rifiuto si evidenzia che, ai sensi e per gli effetti dell’art. 188[4], comma 3, del D.Lgs 152/2006, sussiste una differenziazione a seconda che il rifiuto venga immesso nel circuito del rifiuto urbano ovvero del rifiuto speciale.
Invero, secondo la sopra citata norma:
- laddove il rifiuto venga gestito come urbano, il detentore degli stessi sarà esente da responsabilità assolvendo agli obblighi relativi ad un corretto avvio a recupero/smaltimento dei rifiuti, mediante il semplice conferimento al soggetto che gestisce il servizio pubblico di raccolta;
- viceversa, laddove il rifiuto venga gestito come speciale - come nel caso oggetto della presente trattazione - continuerà a gravare sul soggetto detentore/produttore un obbligo di vigilanza sul corretto avvio a recupero/smaltimento dei rifiuti stessi, fino al ricevimento della quarta copia del FIR controfirmata e datata in arrivo dal destinatario entro tre mesi dall’avvenuto trasporto.
Con la specificazione che, il suddetto obbligo di vigilanza potrebbe addirittura comportare il concorso del produttore/detentore nella fattispecie di reato di cui all’art. 256, comma 1, del TUA per attività di gestione di rifiuti non autorizzata, in forza del principio di corresponsabilità[5] che informa e permea di sé tutta la normativa inerente la gestione dei rifiuti.
In conclusione, l’appaltatore, laddove non subisca una forte ingerenza nella propria attività da parte del committente, sarà tenuto ad adoperarsi affinché vengano poste in essere tutte quelle azioni necessarie ad una corretta gestione del rifiuto (classificazione, tracciabilità, corretto avvio a trasporto/recupero/smaltimento per il tramite di soggetti all’uopo autorizzati). Sullo stesso graveranno, inoltre, precisi oneri di vigilanza in ordine alla correttezza degli altri soggetti coinvolti nella c.d. filiera del rifiuto, sino alla ricezione – e conseguente conservazione - della c.d. IV copia del FIR, che è bene precisare potrà altresì essere inviata tramite P.e.c.[6]
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[1] Cass. pen. Sez. III, 19 luglio 2017, n. 35569; Conforme: Cass. Pen, Sez. III, 16 marzo 2015 n. 11029; Cass. Pen. Sez. III (udienza 22 novembre 2017) n. 19152/2018.
[2] Cfr. ex multis P.FIMIANI, La tutela penale dell’ambiente, Editore GIUFFRÈ.
[3] Cfr. G.Guagnini in “Appalto e individuazione del produttore dei rifiuti: le ultime indicazioni della giurisprudenza”, in www.tuttoambiente.it
[4] Art. 188, comma 3, D.lgs 152/2006, nel testo vigente nel periodo di non obbligatorietà del SISTRi, e quindi ancora cogente stante l’avvenuto rinvio delle piena operatività dello stesso al 31 dicembre 2018, ad opera della L. 27 dicembre 2017 n. 205 (art. 1, comma 1134).
[5] Cfr. D. Carissimi, “la responsabilità del produttore dei rifiuti”, in Ambiente_Legale Digesta Maggio-Giugno 2018.
[6] Cfr. G.Ursino, “Invio IV copia del formulario via p.e.c.: soluzione praticabile o meramente auspicabile?”, in Ambiente Legale Digesta settembre-ottobre 2018.