04 Maggio 2020

COVID-19 e settore della ristorazione: possibilità di riduzione del canone di locazione durante la “Fase 2"

ANDREA BLASI

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Abstract

                               Aggiornato al 04.05.2020

La necessità di adeguarsi alle misure di contenimento del contagio durante la c.d. “Fase 2” costringerà gli esercenti di bar e ristoranti a riaprire l’attività con una capacità ricettiva ridotta. Ciò comporterà inevitabilmente una rilevante riduzione della capacità produttiva e della redditività delle imprese. Alla luce di tale circostanza, può l’imprenditore-conduttore ottenere una riduzione del canone di locazione? Alcune soluzioni possono essere individuate.

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Contratto di locazione: i principi rilevanti

In assenza di un intervento specifico del legislatore dell’emergenza sulla questione, l’analisi deve prendere a riferimento in primis la disciplina del contratto di locazione del codice civile. In sintesi, tale disciplina prevede: da una parte, l’obbligazione del locatore di garantire al conduttore il pacifico godimento della cosa locata (art. 1575, n. 3 cod.civ.); dall’altra, l’obbligazione del conduttore di corrispondere il canone (art. 1587, n. 2 cod.civ.). La “causa” del contratto di locazione, ossia la sua ragione economico-giuridica, si fonda sull’equilibrio tra queste prestazioni, il quale deve rimanere inalterato, perlomeno nei suoi tratti essenziali, nel corso di tutto il rapporto contrattuale.

Ciò comporta l’esigenza di tenere contro di eventuali fatti sopravvenuti nell’esecuzione del rapporto idonei ad alterare l’equilibrio delle predette prestazioni.

 

I possibili rimedi

1. Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta e offerta di riduzione ad equità

Qualora avvenimenti straordinari ed imprevedibili rendano eccessivamente onerosa la prestazione a carico di una delle parti, quest’ultima può chiedere all’altra, ai sensi dell’art. 1467, comma 1 cod.civ., la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. Tale rimedio si fonda su un’alterazione dell’equilibrio tra le prestazioni che supera l’“alea normale” del contratto, ossia il rischio che ciascuna delle parti può ragionevolmente prevedere al momento della stipulazione dello stesso (art. 1467, comma 2 cod.civ.).

Nel caso di specie, sembra si possa sostenere che le regole di “distanziamento sociale” che verranno adottate nella Fase 2 per bar e ristoranti possano rientrare tra i casi contemplati dalla norma. Tuttavia, tale rimedio può essere esercitato solo attraverso un’azione giudiziale e conduce non alla riduzione del canone, ma allo scioglimento dell’intero contratto senza alcun effetto sulle prestazione già rese, che potrebbe non essere, almeno in prima battuta, la soluzione ideale per il conduttore. Lo scopo della riduzione del canone, invero, potrebbe essere ugualmente raggiunto qualora il locatore (una volta chiamato in giudizio) offra di ricondurre il contratto ad equità, mediante una riduzione del canone tale da ristabilire un equilibrio tra le prestazioni a carico di ciascuna parte. In mancanza dell’offerta di riduzione del canone da parte del locatore in ogni caso il contratto inevitabilmente si scioglierebbe.

2. Impossibilità sopravvenuta parziale della prestazione

Quando, per cause non imputabili al debitore, una prestazione è impossibile solo in parte, questi è tenuto ad adempiere per la parte che è rimasta possibile (art. 1258 cod.civ.). Se tale circostanza si verifica nell’ambito di un contratto a prestazioni corrispettive (com'è la locazione), la parte che ha diritto di ricevere la prestazione (nel nostro caso il conduttore) ha diritto di vedersi ridurre in misura corrispondente la prestazione a proprio carico. In ogni caso, resta fermo il diritto di recesso (a beneficio della parte che ha diritto di ricevere la prestazione) qualora non sussista da parte di quest’ultima un interesse apprezzabile all’adempimento parziale (art. 1464 cod.civ.).

Come si è visto sopra, il locatore è tenuto a garantire al conduttore, per la durata del rapporto, il pacifico godimento dell’immobile: l’adempimento di tale prestazione può risultare impossibile a causa di provvedimenti delle Autorità Pubbliche (il cd. factum principis). Misure come quelle che verosimilmente verranno previste nella c.d. “Fase 2” per bar e ristoranti potrebbero assumere rilevanza per invocare una “impossibilità parziale” del godimento del bene. Infatti, pur lasciando il conduttore nella disponibilità del proprio esercizio commerciale, incideranno in maniera particolarmente significativa sull’uso a cui il bene è destinato e sulla capacità di produrre reddito. Anche in assenza di precedenti giurisprudenziali specifici sul punto, appare, quindi, ragionevolmente sostenibile che la predetta situazione consenta al conduttore di chiedere una riduzione del canone. Quest’ultima dovrebbe essere proporzionale alla diminuita capacità produttiva e dovrebbe durare fino alla cessazione delle misure restrittive.  

Conferma della correttezza di tale soluzione si ha indirettamente anche dall’art. 1623 cod.civ, che in materia di affitto di bene produttivo (ad es. fondo rustico) prevede che “se in conseguenza di una disposizione di legge … o di un provvedimento dell’autorità riguardanti la gestione produttiva, il rapporto contrattuale risulta notevolmente modificato in modo che le parti ne risentano rispettivamente una perdita e un vantaggio, può essere richiesto un aumento o la diminuzione del fitto …”. Tale norma, specifica per l’affitto di bene produttivo, è in realtà applicazione di un principio generale di preservazione dell’equilibrio dei contratti a prestazioni corrispettive che prevedono il godimento di un bene in cambio del pagamento di un canone.

3. Buona fede nell’esecuzione del contratto e rinegoziazione del canone

Le parti sono tenute ad eseguire il contratto secondo buona fede (art. 1375 c.c.): tale clausola generale assume un valore concreto in tutti i casi in cui né le parti né il legislatore abbiano tenuto conto di determinate vicende del rapporto contrattuale. Nello specifico, quando le condizioni contrattuali risultano squilibrate da un fatto sopravvenuto, le parti hanno quindi un obbligo di procedere in buona fede alla rinegoziazione delle stesse.

Resta invece preclusa in ogni caso la possibilità di procedere alla c.d. autoriduzione del canone, la quale non è ammessa da giurisprudenza costante neppure in caso di inadempimento parziale del locatore.

 

 

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