15 Aprile 2020

COVID-19 e telelavoro: la produttività a distanza va misurata

ALESSANDRA MANIGLIO

Immagine dell'articolo: <span>COVID-19 e telelavoro: la produttività a distanza va misurata</span>

Abstract

                             Aggiornato al 15/04/2020

Una nuova dimensione del lavoro: il dipendente è lontano, fuori dal controllo visivo. Cosa farà? Lavorerà? Come posso controllare la sua produttività? Come faccio con la privacy e i limiti previsti dallo statuto dei lavoratori? La soluzione c’è: cambiare approccio e fare lavorare il dipendente per obbiettivi.

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Una nuova dimensione del lavoro

Il telelavoro, lo smart working o lavoro agile sono istituti noti da tempo nel nostro ordinamento anche se utilizzati in via residuale. In particolare

-   il “telelavoro” è disciplinato dell’accordo interconfederale del 9.6.2004 è definito come “esecuzione del lavoro fuori dalla sede di lavoro con l’ausilio di strumenti tecnologici, 004”;

-   lo “smart working” o “lavoro agile” è stato introdotto dalla L. n. 81/2017 come espressione dei sistemi di welfare, per consentire al dipendente di conciliare le esigenze di vita con il lavoro, rendendo la propria attività in parte in ufficio e in parte fuori, senza vincoli di orario, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, con l’uso di strumenti tecnologici.

Con l’avvento della pandemia, il Governo ha assunto i noti provvedimenti di limitazione e, in alcuni casi, sospensione delle attività produttive, consentendo, anzi agevolando, il ricorso al lavoro in “modalità domiciliare ovvero in modalità a distanza”.  Così facendo, si è spostata la postazione normale di lavoro dall’ufficio, a casa, lontano dal controllo visivo del datore di lavoro. Il nuovo ufficio (tramite le apposite tecnologie, normalmente un pc portatile, tablet e una connessione internet) si è materializzato all’improvviso in uno spazio virtuale di casa dove vengono incontrati i clienti, i colleghi e il “capo”.

 

Cosa cambia

La modalità di lavoro a distanza a ben vedere non costituisce una grossa novità per i lavoratori autonomi. Questi ultimi sono sempre stati liberi di gestire la propria attività in qualunque luogo, senza sottostare ad alcun limite di orario.

Così non è per i lavoratori subordinati, per cui opera uno stringente divieto di superare le 48 ore settimanali (compreso lo straordinario) e di rispettare i tempi minimi di riposo giornalieri e settimanali previsti dal D. Lgs n 66/03. Quindi, per costoro, pur se risulta praticabile la possibilità di svolgere a casa le mansioni affidate, si rende necessario mantenere il rispetto dei capisaldi dei limiti di orario, del “diritto alla disconnessione”.

Fermi questi limiti, il loro lavoro delocalizzato cambia anche nella sostanza: si basa sul loro senso di responsabilità e sulla fiducia del datore di lavoro, che non ha più il dipendente sotto il suo controllo visivo. Conseguentemente il tipico sistema premiale aziendale basato sul “presenzialismo” nel luogo di lavoro risulta anacronistico ed inefficace e, quindi, va ripensato.

 

Come controllare la produttività del dipendente a distanza?

La messa a punto del lavoro da casa rende necessario elaborare delle policy organizzative atte a incoraggiare e potenziare la cooperazione, un’organizzazione del lavoro non basata sulla messa a disposizione delle energie lavorative, ma sulla gestione funzionale e organizzata del proprio tempo di lavoro.  Tale gestione deve essere elastica e correlata rispetto alle attività dei colleghi e ai compiti e agli obbiettivi che lo smart worker è chiamato a portare a compimento.

Gli imprenditori dovranno quindi apprezzare e massimizzare questa nuova modalità di lavoro basando il processo di valutazione della produttività su parametri diversi (non più legati alle mere ore lavorate).

Il datore non controllerà se il dipendente lavora! Questo controllo a distanza infatti non è consentito dall’art. 4 della L. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) se non in condizioni particolari, delimitate e definite, comunque, nel rispetto della Privacy.

Il datore di lavoro potrà però valutare e misurare l’attività del lavoratore a distanza con gli strumenti già individuati dallo stesso legislatore del 2017 che ha introdotto i concetti di “organizzazione per fasi, cicli e obiettivi”; un diverso approccio al lavoro e alla misurazione delle performance.

Il nuovo sistema di interazione tra datore di lavoro e dipendente dovrà basarsi in primo luogo sulla fiducia (venendo meno, come detto, il “presenzialismo”) e in secondo luogo su un sistema di valutazione e controllo delle performance correlato al raggiungimento da parte del lavoratore delle fasi, dei cicli e obiettivi prefissatati dall’azienda.

Inevitabilmente, anche il lavoratore dovrà a cambiare a sua volta approccio verso l’esecuzione della prestazione lavorativa, nell’ottica di raggiungere il risultato che è chiamato a traguardare, facendo emergere e sviluppando le proprie qualità in termini di responsabilità e indipendenza.

 

Conclusione

Nella nuova organizzazione del lavoro a distanza la vera sfida sarà quindi nelle mani dei manager che dovranno in sintesi:

(a) ridisegnare il loro rapporto con i collaboratori;

(b) assegnare ai dipendenti smart workers obbiettivi e report periodici,

(c) interagire in fasi e modalità predefinite fissando riunioni virtuali via skype (o altri sistemi di riunione virtuale) di allineamento;

(d) valutare le singole performance tramite milestones e/o obbiettivi raggiunti.

È opportuno pertanto che le imprese contrattualizzino le nuove modalità lavorative e, valutino – a seconda delle circostanze – se prevedere anche un sistema premiale per responsabilizzare il dipendente e incentivarlo a massimizzare i vantaggi di tali nuove modalità lavorative.

 

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