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Introduzione
Negli ultimi anni si è assistito ad un’intensa produzione giurisprudenziale, sia nazionale che sovranazionale, avente ad oggetto il rapporto tra il c.d. divieto del bis in idem e i sistemi sanzionatori caratterizzati dal c.d. doppio binario, cioè il meccanismo che consente la contestuale o progressiva applicazione di due diverse sanzioni, penale e amministrativa, al termine di due distinti procedimenti, relativamente, però, al medesimo fatto illecito.
Invero, il principio in parola ha subito una radicale trasformazione, avviata dalla Corte EDU, approfondita a livello eurounitario e infine recepita internamente, che ne ha mutato i caratteri e ha portato alla legittimazione dei sistemi a doppio binario.
Il presente contributo intende dar conto di tale cambiamento, ripercorrendo i cardini del dialogo giurisprudenziale tra le supreme magistrature nazionali e le Corti europee su un tema che, a livello interno, vede come principali snodi interpretativi gli illeciti tributari e gli “abusi di mercato” di cui al t.u.f.
Il ne bis in idem
Preliminarmente, il principio del ne bis in idem si declina nel divieto di instaurare o proseguire un nuovo procedimento sugli stessi fatti o circostanze già oggetto di un precedente giudizio. La ratio tutela, quindi, l’autorità della cosa giudicata e la certezza del diritto.
Tale divieto è codificato, nell’ordinamento interno, dall’art. 649 c.p.p., con implicita copertura costituzionale negli artt. 24 e 111 Cost.
A livello internazionale, invece, il principio in esame è stato positivizzato:
- dall’art. 4, p.1, del VII Protocollo addizionale della CEDU;
- dall’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE (dotata di efficacia vincolante al pari dei Trattati).
La giurisprudenza sovranazionale
Ciò premesso, la Corte EDU, inizialmente, con la nota sentenza Grande Stevens del 2014, aveva tassativamente sancito l’incompatibilità con l’art. 4 cit. dei sistemi a doppio binario sanzionatorio, imponendo l’interruzione del procedimento ancora pendente quando il primo fosse divenuto definitivo.
A tale conclusione si doveva pervenire:
- in presenza dell’idem factum (identità dell’accusato e delle circostanze di fatto a livello spaziotemporale, senza che rilevi la coincidenza degli elementi costituivi delle fattispecie astratte);
- qualora la sanzione formalmente amministrativa fosse da considerarsi avente natura penale secondo i criteri Engel (qualificazione nazionale dell’illecito, natura dell’infrazione e severità della sanzione) cristallizzati nella causa Engel contro Paesi Bassi del 1976.
Successivamente, nel 2016, la Corte di Strasburgo, tramite il revirement di cui alla sentenza A e B c. Norvegia, giunge, però, ad opposte conclusioni: il ne bis in idem non si pone in contrasto con i sistemi a doppio binario sanzionatorio, penale e amministrativo (ma sostanzialmente penale), in presenza di una connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta tra i due procedimenti.
In altri termini, premessa la verifica dell’idem factum e della natura penale della sanzione formalmente amministrativa, si ha la predetta connessione qualora:
- i due procedimenti perseguano obiettivi complementari relativi al medesimo interesse protetto;
- la doppia risposta sanzionatoria risulti prevedibile per l’agente;
- i due procedimenti siano connessi, evitando duplicazioni nella raccolta/valutazione delle prove, nonché assicurando interazione tra le autorità procedenti;
- sia assicurata la proporzionalità complessiva delle sanzioni irrogate, per scongiurarne un’eccessiva severità;
- i due procedimenti, per quanto non consequenziali, non lascino il soggetto in un perdurante stato di incertezza processuale, protraendo eccessivamente i tempi di definizione.
Nonostante l’elasticità dei predetti criteri, difficilmente tipizzabili, la Corte EDU abbandona, quindi, l’automatismo tra doppio binario sanzionatorio e violazione dell’art. 4 Prot. VII della Convenzione, consentendo il coordinamento dei due procedimenti, se preordinati nella sostanza ad un’unica e prevedibile risposta sanzionatoria.
Sul fronte eurounitario, la Corte di Giustizia dell’UE è intervenuta nel 2018 con tre pronunce (le sentenze Menci, Garlsson Real Estate e altri, Di Puma e Zecca), accogliendo il nuovo approccio ermeneutico della Corte EDU e confermando la tenuta del sistema di duplicazione sanzionatoria in materia tributaria e di abusi di mercato.
Previa conferma dell’applicazione dei criteri Engel e dell’idem factum, con cui riconosce natura sostanzialmente penale alle sanzioni amministrative comminate in ambito tributario e di market abuse, la Corte di Lussemburgo, pur non negando che il cumulo di procedimenti e sanzioni costituisca un limite al principio del ne bis in idem, conclude che il doppio binario sanzionatorio è conforme all’art. 50 CDFUE, a condizione che la normativa nazionale rispetti determinati criteri, ampiamente ripresi dalla pronuncia A. e B. c. Norvegia (con particolare attenzione alla proporzionalità complessiva delle sanzioni).
Spetta, infine, al giudice nazionale accertare che l’onere gravante sull’interessato dal cumulo sanzionatorio non sia eccessivamente afflittivo, in rapporto alla serietà dell’illecito, eventualmente disapplicando le disposizioni interne contrastanti, poiché l’art. 50 CDFUE costituisce un diritto immediatamente applicabile e azionabile.
Da tali principi, la Corte UE ha quindi sostenuto che, in caso di condanna penale, qualora la stessa sia già idonea a reprimere il reato in maniera efficace e proporzionata, non è consentito irrogare anche la sanzione amministrativa. Analoghe conclusioni valgono in caso di assoluzione per mancanza di prove, che inibisce l’avvio o la prosecuzione del procedimento amministrativo.
Sul fronte nazionale
La Suprema Corte di Cassazione ha accolto integralmente gli arresti delle Corti europee, dandone seguito a livello nazionale sia in ambito tributario, che in tema di market abuse.
In particolare, risulta meritevole di menzione la sentenza Chiarion Casoni (Cass. pen., Sez. V, 31.10.18, n. 49869), con cui i Giudici di legittimità hanno affermato che la verifica della proporzionalità delle sanzioni, vero criterio cardine del ne bis in idem, impone la disapplicazione delle norme relative al trattamento sanzionatorio dell’illecito oggetto del secondo procedimento, in toto (se la prima sanzione assorbe interamente il disvalore del fatto) o (più frequentemente) derogando in mitius al minimo edittale, sempre nel rispetto, sul fronte penale, del limite insuperabile dell’art. 23 c.p.
Infine, tale valutazione deve operare in concreto, valorizzando pertanto anche eventuali sconti di pena conseguenti all’accesso ai riti premiali, come recentemente sostenuto (cfr. Cass. pen., Sez. V, 5.02.19, n. 5679).
Conclusioni
Dalla giurisprudenza sopra compendiata, risulta quindi ormai evidente che il principio del ne bis in idem ha subito una conversione, da garanzia processuale e formale contro la sottoposizione a un doppio procedimento, a forma di tutela sostanziale a salvaguardia della proporzione del carico sanzionatorio, legittimando, a certe condizioni, i sistemi a doppio binario. Tuttavia, se, sul fronte CEDU, il requisito del coordinamento temporale risulta tutt’ora valorizzato (al punto da determinare la violazione del ne bis in idem, come nella causa Nodet C. Francia, sentenziata quest’anno), in ambito eurounitario e nella giurisprudenza interna, invece, il criterio della proporzionalità delle sanzioni è divenuto di fatto preponderante.