10 Marzo 2020

Emergenza COVID-19: il lavoro agile come modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato

SERGIO PASSERINI

Immagine dell'articolo: <span>Emergenza COVID-19: il lavoro agile come modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato  </span>

Abstract

                                   Aggiornato al 06.03.2020

Gli eventi delle ultime settimane hanno imposto e stanno imponendo a tutti una rinnovata attenzione all’istituto del lavoro agile o smart-working: le straordinarie difficoltà create dalla diffusione del contagio da Covid-19 potrebbero essere l’occasione per porre le basi di una futura maggiore diffusione di questo istituto.

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Gli impatti sui rapporti di lavoro che l’epidemia di Coronavirus ha avuto e avrà nei prossimi mesi rappresentano comprensibilmente una delle più diffuse preoccupazioni dei lavoratori, degli imprenditori e dello stesso legislatore.

Come ormai ampiamente noto, una delle iniziative adottate negli ultimi giorni dal Governo per agevolare la lotta alla diffusione del contagio da Covid-19 e al contempo consentire la prosecuzione delle attività produttive e lavorative è stata quella di semplificare il ricorso al lavoro agile o smart-working.

 

I tratti essenziali dello smart-working

Il lavoro agile o smart-working è quella modalità di lavoro subordinato caratterizzata dal fatto di non doversi svolgere in un determinato luogo piuttosto che in un altro e neppure, salvo specifici accordi tra le parti, secondo un determinato orario. Questo istituto è già da anni presente nel nostro ordinamento, ma sino a pochi anni fa la sua applicazione era essenzialmente rimessa a specifici contratti collettivi aziendali, conclusi per lo più nelle grandi aziende.

Nel 2017 l’istituto ha ottenuto un espresso riconoscimento legislativo: la legge 22 maggio 2017 n. 81 (il c.d. Jobs Act degli autonomi) contiene ai suoi articoli da 18 a 24 la disciplina del lavoro agile, definito all’art. 18 come:

  • una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato,
  • stabilita mediante accordo tra le parti,
  • anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi,
  • senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro,
  • con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici,
  • con esecuzione della prestazione lavorativa in parte all'interno dei locali aziendali e in parte all'esterno, senza una postazione fissa,
  • entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

Si tratta dunque dello strumento ideale, come emerge evidente già da questa definizione, per fare fronte alle esigenze eccezionali di queste settimane. Si tratta tuttavia di uno strumento davvero utile anche per far fronte a esigenze molto più ordinarie e comuni dei lavoratori e delle imprese.

Nella legge, però, il ricorso allo smart-working è stato appesantito da una considerevole serie di vincoli procedurali e “fardelli” amministrativi, forse dettati dalla volontà di tutelare il lavoratore “agile”, ma con evidenza eccedenti questo scopo e trasformatisi in inutili zavorre.

Si pensi solo:

  • che lo smart-working deve essere previsto e disciplinato in un accordo necessariamente scritto, “ai fini della regolarità amministrativa e della prova”;
  • che questo accordo scritto deve disciplinare espressamente, tra l’altro:
  • la durata, a termine o a tempo indeterminato;
  • l'esecuzione della prestazione lavorativa svolta all'esterno dei locali aziendali, le forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro, i tempi di riposo del lavoratore;
  • le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche;
  • l’eventuale preavviso di recesso;
  • l'esercizio del potere di controllo sulla prestazione resa dal lavoratore all'esterno dei locali aziendali;
  • le condotte, connesse all'esecuzione della prestazione lavorativa all'esterno dei locali aziendali, che danno luogo all'applicazione di sanzioni disciplinari;
  • che il datore di lavoro deve consegnare al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, almeno una volta all’anno, un'informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e specifici connessi alla modalità agile di esecuzione del rapporto di lavoro;
  • che l’accordo sul lavoro agile deve essere comunicato dal datore di lavoro agli Enti competenti, utilizzando le consuete procedure telematiche online.

Si tratta di adempimenti idonei a scoraggiare molti.

 

Le semplificazioni dettate per rispondere all’emergenza da Coronavirus

Nel quadro delle iniziative prese dal Governo per arginare la diffusione del contagio da Covid-19, si è stabilito - da ultimo con l’art. 4 del DPCM 1° marzo 2020 – che la modalità di lavoro agile sia ora applicabile - in via provvisoria per la durata dello stato di emergenza deliberato il 31 gennaio 2020 dal Consiglio dei Ministri (6 mesi, quindi sino alla fine del prossimo mese di luglio) - anche in assenza degli accordi individuali previsti altrimenti come necessari dalla legge n. 81/2017 e con possibilità di soddisfare in via telematica gli obblighi di informativa in materia di sicurezza sul lavoro. Ciò purché la disposizione del lavoro agile avvenga “nel rispetto dei principi dettati dalle disposizioni” contenute nella legge n. 81/2017.

Sono semplificazioni importanti: confidiamo che questo periodo di sperimentazione – ora brutalmente imposto dall’emergenza – potrà in futuro rendere evidente l’inutilità anche ordinaria degli adempimenti ora derogati e consentire l’alleggerimento di questo strumento da vincoli che ne hanno finora rallentato la diffusione a livelli paragonabili a quelli degli altri paesi europei.

 

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