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Sommario
1. Normativa emergenziale e misure restrittive: quali sono limitazioni previste per le attività economiche? – 2. Quali sono le sanzioni penali previste per i datori di lavoro che violino le misure restrittive? – 3. Quali sono le sanzioni per le società, in caso di violazione delle misure restrittive? - 4. Quali strategie adottare per ridurre il rischio di incorrere in sanzioni penali e amministrative?
Normativa emergenziale e misure restrittive: quali sono le limitazioni previste per le attività economiche?
Al fine di contenere e contrastare l’emergenza sanitaria legata alla diffusione del virus Covid-19, dichiarata con delibera del Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2020, il Governo italiano ha emanato numerosi provvedimenti d’urgenza che, oltre a limitare la libertà di circolazione delle persone, hanno altresì inciso diffusamente sulla vita delle imprese, nonché in generale sulla libera iniziativa economica riconosciuta agli individui.
Il quadro delle misure restrittive imposte alle attività economiche, in particolare, risulta ad oggi ricostruibile sulla base dei DPCM emanati nelle date dell’11 e del 22 marzo 2020, nonché alla luce dell’Ordinanza del Ministero della Salute del 20 marzo e del DPCM del 1° aprile 2020.
Dalla lettura di tali fonti normative è possibile cogliere che il Governo, mosso dall’esigenza di tutelare il diritto alla salute dei singoli e dell’intera comunità nazionale, abbia voluto limitare, fino al 13 aprile 2020, l’esercizio d’impresa alle sole attività produttive reputate essenziali e indispensabili per la “sopravvivenza” dell’economia nazionale.
In tale prospettiva, è stato stilato un catalogo tassativo delle attività produttive che possono rimanere in funzione, richiamate tramite codici ATECO in un elenco suscettibile di essere ampliato o ristretto, durante il periodo di emergenza sanitaria, con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, sentito il Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Tra le attività che rimangono in funzione, per esempio, vi sono quelle volte alla produzione agro-alimentare e medico-farmaceutica, nonché quelle volte alla fornitura di energia, le attività bancarie e finanziarie, nonché quelle che erogano servizi di trasporto.
A queste e alle altre attività produttive previste all’interno del catalogo di codici ATECO stilato dal Governo, si aggiungono, quali attività cui è sempre consentito l’esercizio, quelle che possono essere svolte da remoto (smart-working), nonché le attività che erogano servizi di pubblica utilità o essenziali (ai sensi della l. 146/1990) ed ogni altra attività funzionale a fronteggiare l’emergenza.
In linea generale, è inoltre prevista la perdurante possibilità di svolgere anche le attività economiche che sono funzionali ad assicurare la continuità delle filiere produttive richiamate nel catalogo di codici ATECO compilato dal Governo, ma in tal caso è prevista la previa comunicazione al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva. Prima di svolgere tali attività, dunque, appare necessario avvisare l’Autorità prefettizia, la quale, nell’ambito di una successiva fase di verifica, potrebbe sospenderne l’esercizio laddove ritenga insussistenti le condizioni per la prosecuzione dell’impresa.
Per lo svolgimento delle attività riguardanti gli impianti a ciclo produttivo continuo, quelle del settore aerospaziale e della difesa, nonché quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale, è invece richiesta una specifica autorizzazione del Prefetto, sicché prima dell’emanazione di uno specifico provvedimento amministrativo l’esercizio di tali attività economiche deve ritenersi non consentito.
Quanto alle attività commerciali al dettaglio, di ristorazione o inerenti ai servizi alla persona, ne è stabilita in generale la sospensione – sempre fino al 13 aprile – salvo che per gli esercizi espressamente consentiti dagli stessi DPCM (tra i quali i supermercati, i negozi che vendono generi alimentari, le farmacie, le edicole, i tabaccai e le lavanderie).
Nessun obbligo di sospensione è invece previsto, a livello nazionale, per le attività professionali (tra cui quelle legali e contabili), la cui prosecuzione soggiace tuttavia ad alcune raccomandazioni, tra cui:
- l’attuazione del massimo utilizzo delle modalità di lavoro da remoto o agile (smart-working);
- l’incentivazione delle ferie e dei congedi retribuiti per i dipendenti;
- la sospensione delle attività non indispensabili all’attività economica;
- l’assunzione di protocolli anti-contagio, qualora non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro;
- l’incentivazione di operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro.
Per tutte le attività rimaste in funzione, infine, è stabilita la necessità di rispettare i contenuti del “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus negli ambienti di lavoro”, sottoscritto in data 14 marzo 2020 dal Governo e dalle parti sociali, che prevede uno specifico catalogo di misure di sicurezza applicabili nelle realtà aziendali per minimizzare i rischi di contagio.
Quali sono le sanzioni penali previste per i datori di lavoro che violino le misure restrittive?
Ad eccezione del reato di violazione della quarantena obbligatoria previsto dall’art. 4 co. 6 D.L. 19/2020 integrabile dalla condotta di chi si allontana dalla propria abitazione dopo essere risultato positivo al Covid-19, la normativa emergenziale attualmente vigente non prevede specifiche sanzioni penali per i datori di lavoro che trasgrediscano le restrizioni imposte alle attività produttive. Per il mancato rispetto di tali misure di contenimento del contagio, l’art. 4 co. 1 D.L. 19/2020 non prevede infatti la comminazione di una pena, bensì l’applicazione di una sanzione amministrativa[1].
A fronte di tale circostanza, occorre tuttavia notare che la previsione richiamata, quanto alle trasgressioni ipotizzabili, faccia “salva” l’applicabilità di reati eventualmente previsti in altre fonti normative, diverse dalla legislazione emergenziale e da quella sanitaria. Ciò significa che se la violazione commessa integra una fattispecie penale esistente in qualsiasi altra legge prevista nell’ordinamento, la stessa potrà risultare comunque applicabile.
Con riguardo alla posizione del datore di lavoro, in particolare, occorre evidenziare almeno due fondamentali aree di rischio penale: una riguardante gli illeciti contravvenzionali previsti dal d.lgs. 81/2008 (cd. T.U. delle Leggi in materia di salute e sicurezza sul lavoro); l’altra concernente i delitti contro la persona, previsti all’interno del codice penale.
Con riguardo alla prima area di rischio menzionata, valga ricordare l’applicabilità delle contravvenzioni previste all’interno del T.U. 81/2008, che puniscono, con la sanzione alternativa dell’arresto o dell’ammenda, la condotta del datore di lavoro che ometta di:
- «effettuare la valutazione dei rischi derivanti dall’esposizione agli agenti biologici presenti nell’ambiente» (art. 282, co. 1 e 2, lett. a, D.Lgs. 81/2008);
- «informare i lavoratori circa il pericolo esistente, le misure predisposte e i comportamenti da adottare» (art. 55, co. 5, lett. a, D.Lgs. 81/2008);
- fornire ai lavoratori «i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale» (art. 55, co. 5, lett. d, D.Lgs. 81/2008);
- nominare il medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria aziendale nei casi previsti dal Testo Unico (art. 55, co. 5, lett. d, D.Lgs. 81/2008);
- richiedere «al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico» (art. 55, co. 5, lett. e, D.Lgs. 81/2008);
- richiedere «l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione» (art. 55, co. 5, lett. c, D.Lgs. 81/2008);
- programmare gli interventi da attuare «in caso di pericolo immediato» (art. 55, co. 5, lett. c, D.Lgs. 81/2008).
Valga qui solo accennare al fatto che le contravvenzioni richiamate siano punite tanto a titolo di dolo quanto a titolo di colpa e potrebbero pertanto essere imputate al datore di lavoro anche ove commesse involontariamente, cioè per mera negligenza, imprudenza o imperizia.
Quanto alla seconda area di rischio individuata, valga invece ricordare l’applicabilità al datore di lavoro delle sanzioni penali previste, all’interno del codice penale, per i delitti di lesioni personali colpose (art. 590 c.p) o di omicidio colposo (art. 589 c.p.), integrabili qualora uno o più dipendenti aziendali contraggano la malattia o muoiano, a causa del mancato rispetto delle misure di sicurezza previste dalla legislazione vigente.
La responsabilità del datore di lavoro per i gravi delitti appena menzionati potrebbe essere ritenuta configurabile, in particolare, solo qualora il contagio sia avvenuto in sede aziendale, nonché sia ritenuto ravviabile un collegamento causale tra l’evento di lesioni o morte e la violazione colposa delle misure anti-contagio da parte del datore di lavoro. La prova di tali circostanze potrebbe in taluni casi essere complessa da dimostrare: ciò non toglie che i profili di rischio penale, in caso di violazione della legislazione emergenziale da parte del datore di lavoro, rimangano consistenti.
Quali sono le sanzioni previste per le società, in caso di violazione delle misure restrittive?
Se il contagio da Covid-19 si verifica nell’ambito di un’impresa organizzata in forma societaria, lo stesso ente giuridico potrebbe essere chiamato a rispondere del fatto, ai sensi del D.Lgs. 231/2001, qualora il reato di lesioni colpose o di omicidio colposo sia stato commesso:
- da soggetti che esercitano funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione (e.g. CdA, AD, dirigenti, preposti) o siano da questi vigilati o controllati (lavoratori subordinati);
- se dalla commissione del fatto l’ente ha tratto o intendeva trarre un interesse/vantaggio, consistente in un’utilità (e.g. profitto derivante dalla mancata chiusura dell’attività soggetta a sospensione in base ai DPCM) o un risparmio di spesa o di tempo (e.g. risparmio da mancato acquisto di DPI o da non utilizzo di DPI per evitare un rallentamento della produzione).
In questi casi, potrebbero applicarsi all’ente sia sanzioni pecuniarie (per le lesioni personali da 25.800 a 387.250 euro e per l’omicidio da 64.500 a 774.500 euro) che sanzioni interdittive (interdizione dall'esercizio dell'attività; sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito; divieto di contrattare con la pubblica amministrazione; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi; divieto di pubblicizzare beni o servizi).
È prevista altresì la sanzione della confisca, ossia l’acquisizione, da parte dello Stato, del profitto consistente nel risparmio ricavato dalla commissione del fatto illecito.
Quali strategie adottare per ridurre il rischio di incorrere in sanzioni penali e amministrative?
Per ridurre i rischi penali da Covid-19, si consiglia alle imprese e ai datori di lavoro delle attività non soggette ad obbligo di sospensione di implementare il proprio sistema di sicurezza interno, e in particolare di:
- formalizzare specifiche policies interne anti-contagio, redatte sulla base degli obblighi e delle raccomandazioni previste nei DPCM emergenziali emanati;
- aggiornare il piano di emergenza interno inserendo il rischio biologico-pandemia e le relative prescrizioni da seguire in caso di pericolo di contagio;
- incentivare attraverso comunicazioni scritte al personale lo smart-working, le ferie e i congedi retribuiti e sospendere tutte le attività aziendali non essenziali;
- dare atto in un documento valutativo interno che il personale presente in sede è quello strettamente necessario per garantire la continuità aziendale;
- valutare la possibilità di rendere disponibili al personale DPI quali mascherine, guanti e liquido igienizzante, anche ove dovesse essere in concreto garantita la distanza di sicurezza interpersonale di un metro;
- effettuare operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro secondo quanto previsto dalla circolare n. 5443 emessa dal Ministero della Salute il 22 febbraio 2020;
- creare una apposita appendice al DVR, dandovi atto di aver adottato specifiche policies interne anti-contagio, come consigliato nella nota n. 89 emessa dall’Ispettorato del Lavoro il 13 marzo 2020;
- dare applicazione – in linea generale – a tutte le prescrizioni contenute nel “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” sottoscritto dalle parti sociali in data 14 marzo 2020.
Il presente articolo è stato redatto con la collaborazione dell’Avv. Guido Stampanoni Bassi e del Dott. Luca Moglia, rispettivamente Associate e Trainee dello Studio Legale Crippa Pistochini.
[1] Per l’analisi di tali sanzioni si rinvia al contributo pubblicato sul presente sito internet il 3 aprile 2020, dal titolo “Emergenza Covid-19: i rischi per le persone fisiche”.