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Le investigazioni difensive
In un contesto in cui le maglie dei controlli interni alle aziende risultano, tutt’ora, piuttosto larghe, l’avvocato penalista ricopre un ruolo essenziale nell’individuazione e nella pronta gestione dei fenomeni delittuosi che attanagliano le società.
In particolare, come noto, il difensore ha la “facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito”, il quale, ovviamente, può coincidere tanto con il soggetto indagato per un determinato reato, quanto con la persona (fisica o giuridica) che lo ha subito.
Addirittura, con esclusione degli atti che richiedono l’autorizzazione o l’intervento dell’Autorità Giudiziaria, il difensore può svolgere attività di investigazione difensiva anche preventivamente all’instaurazione di un procedimento penale.
Ed è proprio in tali casi che il penalista può efficacemente supportare, tramite la conduzione di corporate internal investigations, le organizzazioni private che hanno subito delle frodi.
Il codice di rito consente all’avvocato di assumere informazioni da persone informate sui fatti, alle quali è comunque riconosciuta la facoltà di non rispondere. Tuttavia, se il soggetto decide di rendere le dichiarazioni, lo stesso assume l’obbligo, penalmente sanzionato, di dire la verità.
In tali attività, il penalista può dirigere e coordinare veri e propri team difensivi multidisciplinari (anche cross border), in quanto, ai sensi dell’art. 327 bis comma 3 c.p.p., lo stesso può essere coadiuvato sia da investigatori privati, sia, ove siano necessarie specifiche competenze, da consulenti tecnici.
Quali sono i vantaggi nel demandare all’avvocato penalista la gestione e l’accertamento delle frodi aziendali?
In primo luogo, il difensore può essere in grado, sovente prima ancora della società stessa, di identificare le cause e definire i contorni dei fenomeni delittuosi perpetrati a danno dell’ente.
La dettagliata rappresentazione degli eventuali risvolti penali, inoltre, consente all’azienda di definire in modo certo il perimetro delle attività d’indagine lecite, anche al fine di evitare disastrosi “effetti boomerang” a danno della società medesima.
A questo proposito, si pensi, ad esempio, ai dati dei dipendenti raccolti dal datore di lavoro tramite mezzi di potenziale controllo a distanza, o strumenti di lavoro. Questi possono essere utilizzati solo se sia stata preventivamente fornita ai lavoratori adeguata informazione attraverso una policy aziendale e se sia stata rispettata la normativa sulla Privacy. In caso contrario, la società, oltre a non poter utilizzare, a fini difensivi, gli elementi e i dati raccolti, sarebbe esposta a rischi sanzionatori non indifferenti, anche di natura penale.
Possono rilevare, in particolare, i delitti di accesso abusivo al sistema informatico, o i reati di installazione o impiego illegittimo di impianti di videosorveglianza e di controllo a distanza dei lavoratori.
In aggiunta, in virtù dei poteri che gli sono conferiti dalla legge, le risultanze delle attività investigative condotte dal penalista sono assimilabili, in termini di efficacia e utilizzabilità nel processo, a quelle ottenute dal Pubblico Ministero nell’ambito delle indagini preliminari.
Inoltre, attraverso l’espletamento di un’attività investigativa documentata, il difensore può offrire all’Autorità Giudiziaria una ricostruzione dei fatti già corredata di fondati elementi di prova, ciò determinando, da un lato, la sensibile accelerazione delle indagini preliminari e, dall’altro, il tempestivo contenimento dei danni economici e reputazionali in capo all’ente.
Come noto, peraltro, molte delle frodi aziendali sono commesse da manager o dirigenti della società, che possono operare in autonomia, o in concorso con soggetti estranei all’ente.
In tali contesti, accade spesso che la società maturi il sospetto che il proprio dipendente abbia posto in essere condotte illecite o infedeli, ma, allo stesso tempo, non sia effettivamente in grado di acquisire concreti elementi di prova a supporto di tale ipotesi.
Le investigazioni difensive, certamente, possono rappresentare una valida soluzione a questo problema: l’avvocato penalista, con l’eventuale collaborazione di esperti investigatori privati, infatti, è in grado di accertare la riconducibilità dei suddetti fenomeni delittuosi in capo al soggetto nei cui confronti la società nutre alcuni sospetti.
Un caso pratico
In una vicenda riguardante plurime condotte di appropriazione indebita di ingenti somme di denaro, concorrenza sleale, diffamazione dei vertici aziendali e truffa, commesse da un manager ai danni della società e dei propri amministratori, è stato conferito un incarico al penalista, al fine di condurre una internal investigation, atta ad acquisire inconfutabili elementi di prova circa le condotte poste in essere dal dipendente.
Il difensore ha prontamente coinvolto un investigatore privato, il quale ha posizionato, sull’autovettura aziendale assegnata al dipendente, una microspia, volta a registrare le conversazioni tra presenti ivi intrattenute.
Le registrazioni dei suddetti colloqui hanno permesso di accertare la commissione dei reati già paventati dalla società, nonché l’emersione di nuove fattispecie criminose, nell’ambito delle quali sono risultati coinvolti, a titolo di concorso, anche partner commerciali della società medesima.
Le prove raccolte sono state formalmente contestate al dipendente, il quale, in assenza di validi elementi a propria difesa, ha deciso rassegnare autonomamente le proprie dimissioni.
In aggiunta, sulla base delle stesse, sono state intraprese alcune azioni civili volte ad ottenere l’accertamento delle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale in capo alla società a causa delle condotte di concorrenza sleale poste in essere dal dipendente e da altri soggetti coinvolti.
Inoltre, al fine di comprovare l’appropriazione indebita delle somme di denaro da parte del manager, il difensore si è avvalso del supporto di un dottore commercialista, il quale, attraverso un esame dei documenti societari, ha documentato quanto originariamente ipotizzato dalla società.
Per i fatti accertati dal difensore con l’ausilio del dottore commercialista, la società ha sporto, nei confronti del dipendente infedele, una denuncia-querela per appropriazione indebita, in relazione alla quale, in considerazione della fondatezza della ricostruzione effettuata, il Pubblico Ministero procedente ha concluso le indagini preliminari in tempi molto brevi.
Un intervento “riparatorio” a tutela della società
Le corporate internal investigations, oltre a rappresentare un valido strumento per accertare tempestivamente le frodi aziendali e promuovere ogni iniziativa volta al ristoro dei danni patiti, consentono anche di individuare e porre rimedio a ogni eventuale lacuna organizzativa che ha reso possibile la commissione dell’illecito all’interno dell’ente.
In questo senso, infatti, le investigazioni assurgono anche a strumento cd. “riparatorio”, che consente di far luce sui “nervi scoperti” della struttura organizzativa dell’ente e allestire, per l’effetto, una possibile strategia difensiva qualora, in relazione ai fatti occorsi, venissero sollevate contestazioni riconducibili, ad esempio, ad ipotesi di cd. “colpa in organizzazione” (anche, ma non esclusivamente, ai sensi del D.Lgs. 231/01).