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Di recente il Consiglio di Stato è intervenuto in materia di consorzi stabili nei lavori pubblici attraverso una significativa sentenza, la n. 7360/2022 della Quinta Sezione.
Tale pronuncia - in attesa di conoscere come l’istituto sarà disciplinato nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici, la cui approvazione è prevista per il prossimo anno in attuazione della Legge 21 giugno 2022, n. 78 - dà una lettura particolarmente restrittiva alla normativa in materia di consorzi stabili e segnatamente all’art. 47 del D.Lgs. n. 50/2016.
Procediamo però con ordine partendo dall’esame della recente normativa sui consorzi stabili contenuta nel D.Lgs. n. 50/2016.
Consorzi stabili e contratti pubblici: la normativa
Anzitutto, occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 45, comma 2, lett. c) del D.lgs. n. 50/2016, il consorzio stabile viene istituito tra almeno tre imprese (imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro) che decidono di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa.
I partecipanti al consorzio danno vita ad una stabile struttura di impresa collettiva, la quale presenta una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale e rimane distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori consorziati. Così configurata, l’azienda consortile può eseguire anche in proprio le prestazioni affidate a mezzo di un contratto d’appalto.
In dettaglio, il Codice dei Contratti Pubblici prevede all’art. 47, comma 1, che i requisiti tecnici e finanziari dei consorzi stabili devono essere posseduti e comprovati dagli stessi, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera e nonché all'organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate.
Il secondo comma del medesimo art. 47 invece, nella versione successiva al c.d. Decreto Correttivo (D.Lgs. n. 56/2017), specificava che i consorzi stabili, ai fini della qualificazione per partecipare alle gare, potessero utilizzare (i) i requisiti di qualificazione maturati in proprio, (ii) i requisiti di qualificazione posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni e (iii) mediante avvalimento, i requisiti delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto.
Tale ultimo comma è stato modificato dal decreto legge c.d. sblocca cantieri (D.L. n. 32/2019, convertito in L. n. 55/2019), riducendo a due sole ipotesi la disciplina della partecipazione dei consorzi stabili alle procedure di gara, prevedendo in particolare che questi possano eseguire le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara senza che ciò costituisca subappalto e ferma la responsabilità solidale degli stessi nei confronti della stazione appaltante.
A seguito del decreto sblocca cantieri, la dottrina e la giurisprudenza maggioritaria hanno continuato a ritenere - in un’ottica pro concorrenziale – che, nonostante la novella del 2019, non fosse venuto meno il c.d. cumulo alla rinfusa, ossia quel meccanismo che consente al Consorzio di esprimere in gare dei consorziati esecutori dell’appalto privi, in proprio, dei requisiti di partecipazione, specialmente il requisito SOA, essendo sufficiente che all’interno del consorzio vi siano imprese consorziate in possesso di tali requisiti (sebbene non indicate come esecutrici dell’appalto).
Due interpretazioni divergenti dell’art. 47 del Codice dei Contratti Pubblici
Da tale avvicendamento normativo è sorto in tempi più recenti un contrasto in giurisprudenza.
Talune pronunce hanno ritenuto che continuasse ad operare per i consorzi stabili il meccanismo del cumulo alla rinfusa con riguardo ai requisiti di partecipazione in genere (senza limitarne la portata ad attrezzature, mezzi d’opera ed organico medio annuo), e ciò al fine di salvaguardare le finalità pro concorrenziali dell’istituto del consorzio stabile.
Altra parte della giurisprudenza, più attenta ad un’interpretazione letterale dell’attuale formulazione dell’art. 47 del codice dei contratti pubblici nonché tenuto conto dell’orientamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato espresso nella sentenza n, 5/2021, ha ritenuto che il meccanismo del cumulo alla rinfusa, e dunque la possibilità per il singolo consorziato indicato come esecutore di non possedere i requisiti di qualificazione, andasse limitato alla sola disponibilità di attrezzature, mezzi d’opera e organico medio annuo: solo tali requisiti sarebbero suscettibili di cumulo come specificato al comma 1 dell’art. 47.
Ebbene, il Consiglio di Stato, da ultimo, con la sentenza in commento ha aderito a tale secondo orientamento (più restrittivo), per cui, oggi, secondo tale interpretazione, l’impresa consorziata esecutrice che non possiede in proprio i requisiti di qualificazione non potrebbe valorizzare i requisiti posseduti in proprio dal consorzio o dalle altre consorziate non esecutrici bensì avrebbe l’onere di ricorrere all’avvalimento.
È evidente come tale pronuncia limiti fortemente le potenzialità del consorzio stabile, imponendo a quest’ultimo di concorrere solo laddove i requisiti prescritti dal bando (SOA e fatturato) siano posseduti direttamente dal Consorzio medesimo ovvero dalla consorziata esecutrice, non potendo lo stesso “spendere” la qualificazione delle consorziate non indicate come esecutrici per lo specifico appalto.
La sentenza del Consiglio di Stato ha il pregio di fornire delle indicazioni precise su come i consorzi stabili debbano partecipare alle gare e soprattutto di far emergere con nettezza tutte le carenze della attuale normativa, la quale, contrariamente al precedente D.Lgs. n. 163/2006, reca sul punto una formulazione notevolmente incerta, che si presta a divergenti interpretazioni (prova ne è che solo pochi giorni fa il TAR Sicilia-Palermo, con sentenza del 14.11.2022, n. 3189, ha applicato ad una controversia il principio del cumulo alla rinfusa).
D'altro lato la sentenza ha un impatto molto rilevante sulla prassi finora diffusamente seguita dai consorzi stabili e pertanto assume una importanza molto rilevante nel mondo degli appalti, specialmente per quelle gare già in corso all’epoca della pronuncia i cui esiti rischiano di essere incisi da tale pronuncia.
In tale contesto, l’auspicio è che le attuali incertezze interpretative possano essere definitivamente superate dal nuovo codice dei contratti pubblici attraverso una formulazione chiara e inequivocabile della norma di riferimento.