30 Settembre 2019

L’economia circolare e le nuove regole dell’Unione europea sui rifiuti

PROF. AVV. FRANCESCO MUNARI

Immagine dell'articolo: <span>L’economia circolare e le nuove regole dell’Unione europea sui rifiuti</span>

Abstract

Il presente contributo analizza le recenti modifiche al quadro normativo europeo sui rifiuti alla luce dei valori della c.d. economia circolare. Tale approccio codifica un vero e proprio cambio di prospettiva a livello legislativo, ossia il passaggio da una concezione negativa di rifiuto (qualcosa di necessariamente nocivo o pericoloso) ad una più equilibrata in cui il rifiuto è una risorsa che merita di essere il più possibile reimpiegata. Ciò implica un ripensamento non solo della legislazione in tema di rifiuti, ma anche, più in generale, della legislazione sui prodotti. Ne consegue la vitale importanza di un approccio che tenga conto del loro intero ciclo di vita e che deve essere quindi, in altri termini, “dalla culla alla tomba” («from cradle to grave»). Quanto all’ordinamento italiano, tuttavia, si rileva come gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità non abbiano ancora colto le positive implicazioni di tale cambiamento di mentalità.

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L’economia circolare: un “nuovo” approccio alla protezione ambientale

Il nuovo pacchetto legislativo sull’economia circolare, approvato dal Parlamento europeo nel 2018, modifica in misura notevole alcune direttive in materia di rifiuti e stabilisce per l’Unione ambiziosi obiettivi in termini sia di riciclaggio che di eliminazione dello smaltimento dei rifiuti in discarica[1]. L’obiettivo di tale intervento legislativo è quello di rendere il sistema economico degli Stati membri sempre più “circolare”, nell’ottica di una riduzione complessiva della quantità di rifiuti: ciò è possibile non solo attraverso un sempre più efficiente (ri)utilizzo, ma anche mediante un diverso modo di concepire (e quindi disciplinare) i beni che quotidianamente produciamo e consumiamo, inevitabilmente destinati a diventare rifiuti, spostando una volta per tutte l’erroneo assunto che ha associato i rifiuti a qualcosa di “negativo” o “pericoloso”, di cui liberarsi ovvero da trattare sempre alla stregua di una sostanza nociva.

Al contrario, da anni la normativa europea ha rovesciato tale paradigma, proprio in funzione della tutela dell’ambiente: da “bene negativo” o “fonte di responsabilità”, si è enfatizzato il ruolo del rifiuto come risorsa. Del resto, salvi rari casi, disciplinati dal diritto dell’UE, i rifiuti possono in realtà rappresentare, o diventare, beni veri e propri associati alla produzione o al consumo di altri prodotti.

L’obiettivo sotteso alla c.d. economia circolare è quello di migliorare la gestione dei processi produttivi, economici e normativi, così da poter riutilizzare i rifiuti per successivi cicli produttivi, una volta eliminate o adeguatamente trattate le sostanze pericolose eventualmente in essi contenute.

 

L’attuazione del pacchetto concernente l’economia circolare

Attesa l’incidenza trasversale della materia dei rifiuti su diversi atti legislativi, è opportuno, come abbiamo da tempo sottolineato, porre in evidenza la dimensione olistica della disciplina in esame: nell’ambito degli obiettivi di fondo che l’Unione si è proposta di attuare entro il 2020, fondamentale rilevanza riveste la piena attuazione della c.d. gerarchia dei rifiuti, ovvero la serie di azioni da intraprendere, in un preciso ordine gerarchico, nella gestione dei beni e dei rifiuti, volto a diminuire l’impatto ambientale di questi ultimi. Conformemente a tale gerarchia, ci si propone, in primo luogo, di ridurre, fino ad azzerare, il conferimento in discarica dei rifiuti, da limitarsi a casi assolutamente residuali e comunque previa eliminazione di qualsiasi rischio ambientale scaturente dal conferimento medesimo; in secondo luogo, si vuole limitare il recupero dei rifiuti come energia esclusivamente ai materiali non riciclabili (beninteso, considerando il saldo complessivo necessario per il riciclaggio rispetto a quello del recupero energetico).

In quest’ottica, viene innanzitutto in rilievo la disciplina relativa alla c.d. responsabilità estesa del produttore, ma in realtà, e in prospettiva, si aprono per il legislatore opzioni di scelta molto più ampie e ambiziose impostate sulla disciplina di un prodotto...dalla culla alla tomba, basata sul primo degli obiettivi della gerarchia dei rifiuti, cioè la preparazione, che in effetti non riguarda i rifiuti, bensì i beni prima che diventino tali.

Il pacchetto sull’economia circolare interviene anche su numerose direttive settoriali. Ad esempio, per ciò che concerne la direttiva discariche (dir. n. 1999/31/CE), è stato introdotto il divieto assoluto di riversamento in discarica dei rifiuti oggetto di raccolta eccetto scarti delle operazioni di riciclaggio “per i quali il collocamento in discarica produca il miglior risultato ambientale” ed è stato fissato un limite massimo del 10% in peso dei rifiuti urbani.

Altro aspetto cruciale del pacchetto concerne la direttiva imballaggi (dir. n. 94/62/CE) le cui modifiche più significative riguardano: l’obbligo di prevedere misure intese a prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio (cfr. dir. n. 2015/720/UE); l’elevazione delle soglie di riciclo di diverse categorie di (rifiuti da) imballaggi; l’introduzione della nozione di “imballaggio riutilizzabile”, ossia un imballaggio concepito per poter compiere molteplici turnazioni durante il suo ciclo di vita.

 

L'Italia e l'economia circolare: una rivoluzione culturale ancora da compiersi?

Come si accennava all’inizio, l’approccio “nuovo” al tema rifiuti rischia di dover incontrare maggiori difficoltà in Italia, dove si sconta tuttora un diffuso pregiudizio derivante da un obsoleto concetto di “rifiuto”, come dimostra la sentenza Cons. St. 28.2.2018, n. 1229, sui c.d. end of waste («EoW»). Tale pronuncia ha interpretato l’art. 6 della direttiva-quadro sui rifiuti nel senso che, qualora a livello UE non siano stabiliti criteri di cessazione della qualifica di rifiuto, non è consentito ad autorità o amministrazioni diverse dallo Stato centrale (tra cui le Regioni) autorizzare caso per caso la qualificazione di un materiale quale EoW. Da questo assunto deriva che tale autorizzazione deve essere necessariamente disposta con decreto del Ministero dell’ambiente: tale scelta appare incompatibile con i nuovi obiettivi fissati dalla dir. n. 2008/98/CE, e omette l’esame delle Guidance on the interpretation of key provisions of Directive 2008/98/EC on wast e[2] della Commissione europea, in cui è stato chiarito che gli Stati membri (nozione che comprende ogni amministrazione – anche locale – competente in materia ambientale)[3] possono definire quando un rifiuto cessa di essere tale anche tramite decisioni “caso per caso”.

Sulla questione si segnala anche la sentenza Tallinna Vesi[4], con cui la Corte di Giustizia, nonostante una maggiore apertura espressa dall’avv. Gen. Kokott nelle sue conclusioni[5], ha affermato che gli Stati membri possono, ad alcune condizioni, rinunciare alla facoltà di adottare decisioni relative a casi individuali. Tuttavia, la Corte ha riconosciuto che tale astensione non può ostacolare la realizzazione degli obiettivi della dir. 2008/98/CE: gli Stati membri, infatti, devono tener conto di tutti gli elementi pertinenti e dell’evoluzione scientifica al fine di individuare criteri specifici necessari all’adozione di provvedimenti individuali[6].

 

Considerazioni conclusive

Il nuovo pacchetto sull’economia circolare assume un ruolo soprattutto perché delinea modo in cui i cittadini europei dovranno modificare i propri stili di vita al fine di raggiungere i livelli di tutela ambientale previsti dal TFUE e dagli impegni internazionalmente assunti dall’Unione e dagli Stati membri. A tale fine il giurista è chiamato a ripensare interi settori del diritto, modificando gran parte della legislazione sui prodotti, puntando sulla qualità e non sulla quantità degli stessi.

 

 

 

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