26 Agosto 2019

L’emissione di minibond ad opera delle PMI: il regime legale e fiscale

MENNATO FUSCO

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Abstract

Il minibond è una tipologia di finanziamento da sempre nota a imprese e investitori (il Codice Civile disciplina l’emissione di obbligazioni negli articoli 2410-2420 per le SpA, e nell’articolo 2483 per le Srl) ma fino al 2013 utilizzata quasi esclusivamente da imprese quotate

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I minibond sono titoli di debito emessi dalle imprese e sottoscritti da investitori professionali e qualificati, che a fronte della raccolta di capitale offrono una remunerazione contrattualmente stabilita attraverso il pagamento di cedole; una forma di finanziamento alternativa al finanziamento bancario.

La normativa di riferimento è contenuta nel Decreto Legge 22 giugno 2012 n. 83 (“Decreto Sviluppo”) e nelle successive integrazioni e modifiche apportate dal D.L. 18 ottobre 2012 n. 179 (“Decreto Sviluppo Bis”), dal D.L. 23 dicembre 2013 n. 145 (piano “Destinazione Italia”) e nel D.L. 24 giugno 2014 n. 91 (“Decreto Competitività”).

La pesante crisi economica degli ultimi anni e la conseguente riduzione da parte degli istituti bancari dell’erogazione del credito (dovuta in parte anche all’entrata in vigore di “Basilea 3”) ha spinto il legislatore a rimuovere quei vincoli di natura civilistica e fiscale che fino al 2012 avevano limitato il ricorso al mercato dei capitali da parte delle PMI non quotate.

Il legislatore ha riconosciuto che il processo di crescita, sviluppo e internazionalizzazione delle imprese, siano esse di grandi dimensioni o PMI, passa anche per la capacità/possibilità di reperire risorse finanziarie attraverso canali alternativi al credito bancario quali, appunto, il mercato dei capitali; tuttavia solo le grandi imprese riuscivano a reperire risorse sui mercati finanziari. Al fine di appianare questa disparità il legislatore, con i provvedimenti di cui sopra, ha eliminato quelle differenze di carattere civilistico e fiscale tra le imprese quotate e non quotate e ampliato, quindi, la platea delle imprese che possono finanziare la propria crescita mediante l’accesso al mercato dei capitali.

Profili legali

Prima dell’entrata in vigore del Decreto Legge 22 giugno 2012 n. 83, il codice civile (art. 2412) prevedeva un limite all’emissione di obbligazioni; le società potevano emettere obbligazioni per una somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato.

La norma consentiva soltanto alle società con azioni quotate in mercati regolamentati di non applicare il suddetto limite, limitatamente all’emissione di obbligazioni a loro volta quotate in mercati regolamentati.

È evidente che alle PMI non quotate italiane, quasi tutte sottocapitalizzate, era di fatto precluso l’accesso al mercato dei capitali.

Il “Decreto Sviluppo” ha modificato il comma 4 dell’art. 2412 del Codice Civile, il quale oggi prevede che il limite di cui sopra non si applica all’emissione di obbligazioni da parte di società di capitali (non necessariamente quotate) purché tali obbligazioni siano quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione o diano il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni (obbligazioni convertibili).

In tale prospettiva Borsa Italiana ha istituito la piattaforma denominata Extra Mot Pro totalmente dedicata alla quotazione e allo scambio di minibond, ed ha previsto un regolamento di quotazione molto snello prevedendo, ad esempio, l’esenzione dall’obbligo di pubblicazione di un prospetto di quotazione ai sensi della “Direttiva Prospetti”.

Quindi, oggi, anche le PMI non quotate (S.p.A., S.r.l. e Società Cooperative) possono finanziarsi mediante l’emissione di minibond al verificarsi dei seguenti requisiti normativi:

  • Abbiano meno di 50 dipendenti ed un fatturato annuo o uno stato patrimoniale annuo inferiore a 10 milioni di euro (C.d. Piccole Imprese) o meno di 250 dipendenti ed un fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro o un totale attivo dello stato patrimoniale       inferiore a 43 milioni di euro (c.d. medie imprese);
  • Abbiano pubblicato gli ultimi due bilanci di cui l’ultimo certificato da una società di revisione;
  • Non siano banche o micro imprese, cioè imprese con meno di 10 dipendenti e un fatturato annuo o bilancio inferiore a 2 milioni di euro.

Per altro, oltre i suddetti requisiti normativi, esistono dei requisiti “di mercato”, cioè requisiti che l’impresa emittente deve possedere affinché sia appetibile per il potenziale investitore:

  • Fatturato non inferiore a 5 milioni di euro e in crescita negli ultimi tre anni;
  • Management serio e di comprovata esperienza;
  • Margine operativo lordo (EBITDA) almeno pari al 10% del fatturato;
  • Rapporto posizione finanziaria netta (PFN) e EBITDA inferiore a 4;
  • Rating pubblico (investment grade) emesso da una società di rating.

Ai fini dell’emissione dei minibond è necessario vengano messi in atto alcuni comportamenti propedeutici:

Nel caso in cui l’impresa emittente sia una S.r.l. lo statuto deve prevedere la possibilità per la società di emettere titoli di debito, l’organo deputato a deliberare in merito all’emissione, le maggioranze necessarie per la decisione e gli eventuali limiti all’emissione stessa. Qualora tutto ciò non sia previsto dallo statuto è necessario intervenire apportando una modifica statutaria.

Nel caso in cui l’impresa emittente sia una S.p.A. non occorre che lo statuto preveda la possibilità per la società di emettere i minibond e l’organo competente a deliberare in merito all’emissione, in mancanza di espressa previsione, è l’organo amministrativo.

Con la delibera di emissione l’organo amministrativo deve anche deliberare l’ammissione dei minibond alla negoziazione sul mercato Extra Mot di Borsa Italiana, qualora abbia intenzione di quotare il titolo. In caso di società per azioni, la deliberazione deve risultare da verbale redatto da Notaio ed essere depositata ed iscritta nel registro delle imprese competente. In caso di società a responsabilità limitata, la deliberazione è iscritta a cura degli amministratori presso il registro delle imprese competente.

Espletate queste attività propedeutiche la società dovrà istituire il “Libro delle Obbligazioni” se si tratta di società per azioni o il “Registro dell’Emittente” se trattasi di società a responsabilità limitata, nel quale sarà indicato:

  • L’ammontare dei titoli emessi;
  • Il nominativo dei portatori dei titoli;
  • Trasferimenti e vincoli.

A questo punto la società dovrà redigere il c.d. Regolamento del Prestito che dovrà contenere i termini e le condizioni del prestito obbligazionario. In particolare questo documento dovrà indicare la natura, la forma e l’ammontare dei minibond, il pagamento degli interessi e le modalità di rimborso del capitale, i diritti e gli obblighi delle parti. Il “Regolamento del Prestito” precederà la stipula del Contratto di Sottoscrizione (o Modulo di Adesione) tra l’impresa emittente e il sottoscrittore il quale dovrà disciplinare le modalità, le condizioni ed i termini della sottoscrizione stessa e contenere, tra l’altro, dichiarazioni e garanzie, impegni, condizioni sospensive, clausole di manleva ed indennizzo in favore del sottoscrittore.

Qualora l’emittente e il sottoscrittore abbiano optato per la quotazione del titolo sul mercato Extra Mot di Borsa Italiana (opzione necessaria per poter usufruire di alcuni vantaggi fiscali previsti dalla normativa), è necessario che l’emittente ponga in essere alcuni adempimenti:

  • Redazione del prospetto di ammissione;
  • Richiesta del codice ISIN alla Banca d’Italia;
  • Pubblicazione degli ultimi due bilanci, di cui l’ultimo sottoposto a revisione legale;
  • Domanda di ammissione dei minibond alla negoziazione sul segmento Extra Mot di Borsa Italiana;
  • Pubblicazione del Prospetto o Documento di Ammissione (non è richiesta la pubblicazione del Prospetto di Quotazione ai sensi della Direttiva c.d. “Prospetti”) almeno 3 giorni prima della data prevista per l’ammissione alla negoziazione;

Successivamente all’ammissione dei minibond alla negoziazione la società emittente sarà tenuta in conformità a quanto prevede il Regolamento Extra Mot di Borsa Italiana a pubblicare le seguenti informazioni:

  • il bilancio annuale sottoposto a revisione legale, senza indugio e in ogni caso non più tardi di sei mesi dalla conclusione dell’anno finanziario cui è riferito;
  • ogni informazione relativa all’Emittente che possa avere un impatto sul prezzo dei Minibond ammessi alla negoziazione;
  • ogni modifica nelle caratteristiche dell’emissione nonché nelle modalità di esercizio dei diritti dei portatori dei Minibond;
  • ogni modifica nei giudizi di rating, ove pubblici;
  • l’informativa tecnica relativa ai Minibond, ossia le informazioni sul calcolo degli interessi e l’eventuale rimborso anticipato dei titoli (in quest’ultimo caso, l’informativa deve essere resa alla Borsa almeno 3 (tre) giorni prima del rimborso anticipato).

Profili Fiscali

Prima dell’entrata in vigore delle norme “agevolative” di cui sopra, l’emissione di prestiti obbligazionari da parte delle PMI era soggetta ad un regime fiscale particolarmente sfavorevole che ne ha impedito la diffusione e l’utilizzo.

Regime fiscale per i sottoscrittori

La disciplina fiscale - ante riforma - dei redditi (interessi) corrisposti ai sottoscrittori delle obbligazioni prevedeva un regime differenziato a seconda che l’emittente fosse un’impresa quotata o un’impresa non quotata; sugli interessi corrisposti da imprese quotate non si applicava la ritenuta del 26%, diversamente, tutte le altre imprese avevano l’obbligo di operare la ritenuta sugli interessi corrisposti ai sottoscrittori.

Il Decreto Crescita del 2012 e, successivamente, il Decreto Competitività del 2014 sono intervenuti modificando la disciplina prevista per gli interessi su obbligazioni emesse da imprese non quotate estendendo loro la disciplina fiscale prevista per le imprese quotate. Ad oggi, quindi, il regime applicabile all’emissione di minibond è quello contenuto nella D. Lgs.  239/1996.

L’applicabilità del suddetto regime fiscale all’emissione di obbligazioni da parte di imprese non quotate è condizionata alla circostanza che:

  • i titoli obbligazionari siano negoziati in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri dell’UE e degli Stati allo SEE in white list; oppure,
  • nel caso in cui i titoli obbligazionari non siano quotati, essi siano detenuti (i.e. sottoscritti e circolanti) da investitori qualificati ex art. 100 del TUF.

In particolare, tale regime prevede:

  • esenzione della ritenuta e applicazione di un’imposta sostitutiva pari al 26% sugli interessi percepiti da persone fisiche, società semplici, enti pubblici e privati, trust, soggetti esenti dall’imposta sul reddito delle società, che siano residenti in Italia;
  • esenzione dalla ritenuta e indicazione dei proventi in dichiarazione, per gli interessi percepiti da società commerciali residenti in Italia ed organismi di investimento collettivo del risparmio;
  • assenza di ritenuta per gli interessi percepiti da soggetti non residenti inclusi nella “White list” e da investitori istituzionali esteri.

Inoltre, a prescindere dalla quotazione dei titoli sui mercati regolamentati, vi è esenzione della ritenuta anche nel caso in cui gli interessi siano corrisposti ad organismi di investimento collettivo del risparmio, istituiti in Italia o in uno Stato membro dell’Unione europea, il cui patrimonio sia investito in misura superiore al 50% in tali titoli e le cui quote siano detenute esclusivamente da investitori qualificati.

La ritenuta non si applica altresì ai proventi corrisposti a società per la cartolarizzazione dei crediti.

Regime fiscale per gli emittenti

Il tema principale riguarda la deducibilità degli interessi passivi corrisposti ai sottoscrittori.

Prima dell’entrata in vigore del Decreto Crescita del 2012, gli interessi passivi corrisposti da Società non quotate (a meno che non fossero Banche) a fronte di un prestito obbligazionario, erano deducibili a condizione che al momento dell’emissione il tasso di rendimento effettivo dei titoli non fosse superiore:

  • al doppio del tasso ufficiale di riferimento per le obbligazioni negoziate in mercati regolamentati o collocate mediante offerta al pubblico;
  • al tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi per le obbligazioni diverse dalle precedenti.

Gli interessi passivi eccedenti l’importo derivante dall’applicazione dei predetti tassi erano indeducibili dal reddito d’impresa.

Con le modifiche intervenute, gli interessi passivi corrisposti da imprese non quotate (diverse da quelle finanziarie) sono, al pari delle quotate, deducibili secondo le regole generali previste dall’art. 96 del TUIR. Gli interessi passivi sono deducibili in ciascun periodo d’imposta fino a concorrenza degli interessi attivi; l’eccedenza è deducibile nei limiti del 30% del ROL (reddito operativo lordo).

L’applicazione della regola generale dettata dall’art. 96 del TUIR è subordinata alle seguenti condizioni alternative:

  • i titoli obbligazionari siano negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri dell’UE;
  • nel caso in cui i titoli obbligazionari non siano quotati, siano comunque detenuti da parte di investitori qualificati ai sensi dell’art. 100 del TUF.

In quest’ultimo caso è richiesto che gli investitori non detengano, direttamente o indirettamente, anche per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, più del 2% del capitale o del patrimonio della società emittente e che il beneficiario effettivo degli interessi sia residente in Italia o in Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni.

L’Agenzia delle Entrate ha precisato che il requisito della quotazione del titolo ai fini dell’applicazione dell’art. 96 del TUIR è richiesto al momento dell’emissione delle obbligazioni; qualora i titoli dovessero perdere tale requisito (delisting) agli interessi continuerà ad essere applicata la regola generale di deducibilità.

Altra agevolazione di natura tributaria è stata introdotta dal Decreto Crescita del 2012, il quale prevede che tutte le spese relative all’emissione sono deducibili nell’esercizio in cui sono sostenute indipendentemente dal criterio di imputazione a bilancio. Tra le spese relative all’emissione rientrano, a titolo esemplificativo, le commissioni per il giudizio di rating, le commissioni di collocamento, i compensi professionali.

Imposte indirette

 Il Decreto Destinazione Italia ha previsto un’ulteriore importante novità; l’applicabilità ai finanziamenti mediante emissioni obbligazionarie dell’imposta sostituiva pari allo 0,25%.

Questa imposta, prima del Decreto Destinazione Italia, trovava applicazione esclusivamente sui finanziamenti a medio – lungo termine concessi dalle banche.

L’imposta sostitutiva sostituisce appunto le imposte di registro, bollo, ipocatastali e la tassa sulle concessioni governative.

Nella prassi l’imposta si applica ai finanziamenti (bancari o mediante prestiti obbligazionari) il cui rimborso è garantito da terzi o mediante ipoteche, ed è pari allo 0,25% dell’importo finanziato.

Con particolare riferimento all’emissione di obbligazioni l’imposta sostitutiva potrebbe trovare applicazione sull’ammontare del valore collocato nei seguenti casi:

  • garanzie di qualunque tipo prestate in relazione all’emissione;
  • eventuali surroghe:
  • cessioni del credito;
  • trasferimenti di garanzie conseguenti alla cessione delle obbligazioni;
  • atti modificativi o estintivi di tali operazioni.

Per poter beneficiare dell’imposta sostitutiva è necessario che l’emittente preveda nella delibera di emissione delle obbligazioni di esercitare tale opzione. Inoltre, l’imposta deve essere applicata dall’intermediario finanziario incaricato del collocamento, qualora presente, il quale resta solidalmente responsabile con l’emittente per il versamento della stessa.

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