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La tipologia di sanzioni previste dal D. Los. n. 758/1994 in materia di sicurezza ed igiene del lavoro
II D. Lgs. n.758/1994 in tema di sicurezza ed igiene del lavoro prevede sanzioni di duplice natura: amministrativa e penale.
A tali profili di responsabilità può, inoltre, aggiungersi la responsabilità civile dell’autore del fatto illecito nei confronti del soggetto che sia stato eventualmente danneggiato.
Limitatamente alle violazioni di natura amministrativa trova applicazione l’art. 6, commi 3 e 4 L. n. 689/8 che prevede la responsabilità della persona giuridica (datore di lavoro) al pagamento della sanzione, in solido con l’autore (persona fisica) della violazione (sia esso soggetto apicale o mero dipendente dell’ente) commessa nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze, salvo il regresso nei confronti di quest’ultimo.
Per i reati contemplati dal D. Lgs. n. 758/1994, invece, versandosi in materia penale, l’ente non può essere chiamato a rispondere delle contravvenzioni commesse dal proprio soggetto apicale ovvero dal proprio dipendente (“La responsabilità penale è personale ”, art. 27 Cost.), salvo nel caso di cui all’art. 25-sep/ies D. Lgs. 231/2001 (responsabilità amministrativa delle persone giuridiche).
Le modalità di estinzione dei reati contravvenzionali di cui al D. Lgs. n. 758/1994 e la legittimazione anche dell’ente, a provvedere al pagamento, in luogo del proprio soggetto apicale o dipendente, della somma di denaro utile a conseguire l’estinzione della contravvenzione contestata
Costituisce principio di diritto acquisito quello in forza del quale, in relazione alle contravvenzioni in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, l’adempimento alle prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza ed il pagamento della sanzione amministrativa effettuato dal legale rappresentante dell’ente producano l’effetto estintivo a favore del contravventore, amministratore o dipendente dell’ente all’epoca dell’accertamento.
Dunque, pur in difetto di una responsabilità solidale, l’ente potrà provvedere, in luogo del proprio soggetto apicale o dipendente, al tempestivo pagamento in sede amministrativa della somma di denaro necessaria, unitamente all’adempimento tempestivo alle prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza, a provocare l’effetto estintivo del reato contravvenzionale contestato.
Il legale rappresentante dell’ente (anche di natura pubblicistica), può perciò ordinare di provvedere al pagamento della sanzione amministrativa relativa alla commissione del reato contravvenzionale da parte del proprio soggetto apicale o dipendente in luogo di quest’ultimo. Ma, ciò facendo, quando rischia di commettere un peculato per distrazione?
Stante la possibilità per l’ente di provvedere al pagamento della sanzione amministrativa con valenza estintiva della contravvenzione elevata al proprio soggetto apicale o dipendente, l’impiego di risorse economiche della persona giuridica a detto fine presuppone, tuttavia, l’adozione di un atto formale da parte dell’ente che, seguendo le procedure interne previste dal proprio statuto o regolamento interno e previa verifica di uno specifico interesse della società alla pronta estinzione dell’illecito contravvenzionale (connesso ai profili di responsabilità civile ai quali si e fatto cenno sopra), deliberi l’uscita di cassa.
In difetto di qualsiasi provvedimento autorizzativo all’uscita di cassa previamente assunto dall’ente è evidente che, in presenza di un ente di natura pubblicistica, l’ordine impartito dal legale rappresentante di provvedere al pagamento della sanzione amministrativa configura a carico dello stesso una condotta punibile ai sensi dell’art. 314 c.p. sotto forma di peculato per distrazione. Infatti, la mancanza di un provvedimento che riconosca l’esistenza di un interesse, concreto ed effettivo, della persona giuridica a provvedere in tal senso, rende illecito l’uso del denaro pubblico per una destinazione di per sé non conforme agli scopi di pubblico interesse.
In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione penale con la sentenza n. 41979/2019 nell’ambito di un procedimento penale per il reato di peculato per distrazione, a carico del presidente del C.d.A. di una società per azioni disciplinata da norme di rilievo pubblicistico.
In difetto del previo provvedimento autorizzativo all’uscita di cassa la Suprema Corte ha confermato le decisioni di merito che avevano ritenuto sussistere il fumus commissi delicti (giustificante il sequestro preventivo) del reato di peculato nella condotta, messa in atto dall’imputato quale legale rappresentante dell’ente di natura pubblicistica, di sottrazione di denaro dell’ente da parte dell’indagato al fine di soddisfare un interesse squisitamente personale.
I soggetti apicali delle società con disciplina pubblicistica dovranno, perciò, in caso di contestazione di reati contravvenzionali estinguibili (anche) con il pagamento di una sanzione amministrativa, assicurarsi, nel caso in cui sia l’ente a provvedere al pagamento, che la fuoriuscita di cassa sia preceduta da un provvedimento formale autorizzativo assunto da parte dell’organo d’amministrazione dell’ente medesimo previa verifica dell’esistenza di norme legittimanti l’esborso e di uno specifico interesse della società alla pronta estinzione dell’illecito contravvenzionale.