17 Luglio 2023

Lineker vs BBC: implicazioni legali e regolatorie nella gestione dei dipendenti sui social media

MASSIMILIANO PATRINI

Immagine dell'articolo: <span>Lineker vs BBC:  implicazioni legali e regolatorie nella gestione dei dipendenti sui social media</span>

Abstract

La BBC ha sospeso temporaneamente Gary Lineker, noto commentatore sportivo, per aver espresso opinioni personali su Twitter riguardo a un disegno di legge sull'immigrazione clandestina nel Regno Unito. La sospensione ha generato polemiche e molti hanno criticato l'emittente per limitazione della libertà di espressione. Successivamente, la BBC ha revocato la sospensione, ma ha annunciato la revisione del proprio codice di condotta per trovare un equilibrio tra la libertà di espressione dei dipendenti e l'obiettivo di mantenere un'immagine di imparzialità. Questo caso ha sollevato dibattiti sulla protezione della privacy dei dipendenti e sulla reputazione dell'azienda.

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Ha destato molto scalpore mediatico la notizia della decisione della BBC di sospendere temporaneamente uno dei suoi più noti commentatori sportivi, l’ex calciatore Gary Lineker, per aver espresso in un Tweet alcune opinioni personali in merito al contenuto di un disegno di legge sulla immigrazione clandestina nel Regno Unito.

Il Tweet in questione, secondo la BBC, violava il codice di condotta applicabile a dipendenti e collaboratori della televisione pubblica britannica, nella parte in cui impone loro un obbligo di imparzialità nell’espressione di opinioni di natura politica.

L’opinione pubblica, così come altri giornalisti e commentatori della BBC, ha prontamente manifestato il proprio dissenso verso questa decisione, chiedendo la revoca della sospensione, considerata eccessiva e, comunque, lesiva del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero.

La BBC, proprio a fronte della impopolarità della decisione assunta, è quindi (parzialmente) tornata sui suoi passi, revocando la sospensione del commentatore e, pur ribadendo di considerare corretto il provvedimento adottato, ha dichiarato aver compreso la necessità di rivedere il codice di condotta interno, affidando tale compito ad un advisor esterno.

 

Libertà e limiti di espressione attraverso i social network

Il Consulente legale incaricato dalla BBC dovrà dunque valutare se e in che misura il Codice di comportamento della televisione pubblica britannica, nella parte in cui stabilisce che chiunque lavori per la BBC dovrebbe assicurarsi che la propria attività sui social media non comprometta la percezione di imparzialità o comunque comprometta la reputazione della BBC possa essere modificato per trovare un migliore punto di equilibrio tra tutela del diritto ad esprimersi liberamente dei propri dipendenti e diritto dell’ente a limitare comportamenti che possano pregiudicarne l’immagine di terzietà e imparzialità.

In realtà, è verosimile che, nel caso della BBC, così come di qualsiasi altra organizzazione strutturata, il tema di fondo non riguardi tanto una rivisitazione di natura “normativa” quanto, piuttosto, l’applicazione pratica di questi Codici di Condotta.

Prendendo spunto dal “caso Lineker” proviamo quindi a fissare alcuni spunti di riflessione:

  • Tutela della riservatezza. Nell’ambito delle analisi che presiedono la valutazione di compliance all’interno di organizzazione complesse emergono, con sempre maggiore frequenza, i temi legati alle attività di monitoraggio esercitabili da un datore di lavoro sui propri dipendenti e collaboratori.

Tra queste rientrano, ovviamente, anche le verifiche dei contenuti che dipendenti e collaboratori veicolano per il tramite di social network. In queste attività è fondamentale che l’analisi giuridica si accompagni alla conoscenza e condivisione dei tool informatici che vengono implementati all’interno delle singole organizzazioni

  • Tutela della reputazione aziendale.  Speculare al tema della  riservatezza del singolo è quello della reputazione dell’ente per il quale tale soggetto opera, che non deve essere compromessa da comportamenti “social” non allineati ai valori aziendali. L’espressione di opinioni particolarmente connotate da un punto di vista politico, sebbene in sé legittime, possono essere tuttavia ragione di pregiudizio, laddove  messe a confronto con la filosofia che un brand, anche attraverso ingenti sforzi economici di natura promozionale e pubblicitaria, comunica al mercato.

Riguardo al primo punto, quantomeno a livello domestico, sembrano ormai recepiti e consolidati i seguenti principi:

  1. Il datore di lavoro deve rispettare le norme nazionali, che “includono misure appropriate e specifiche a salvaguardia della dignità umana, degli interessi legittimi e dei diritti fondamentali degli interessati in particolare per quanto riguarda la trasparenza del trattamento […] e i sistemi di monitoraggio sul posto di lavoro (artt. 6, par. 2, e 88, par. 2, del Regolamento - Garante Privacy, Ordinanza ingiunzione 28 ottobre 2021)
  2. ll datore di lavoro è, comunque, tenuto a rispettare i principi in materia di protezione dei dati (art. 5 del Regolamento) ed è responsabile dell’attuazione delle misure tecniche e organizzative adeguate a garantire e essere in grado di dimostrare che il trattamento è effettuato in conformità al Regolamento (artt. 5, par. 2, e 24 del Regolamento). I dati devono, inoltre, essere “trattati in maniera da garantire un’adeguata sicurezza” degli stessi, “compresa la protezione, mediante misure tecniche e organizzative adeguate, da trattamenti non autorizzati o illeciti e dalla perdita, dalla distruzione o dal danno accidentali” (art. 5, par. 1, lett. f); v. anche art. 32 del Regolamento)
  3. sono legittimamente utilizzabili dal datore di lavoro le informazioni condivise dal dipendente sul social network come giusta causa dell’interruzione del rapporto di lavoro in quanto informazioni “accessibili a chiunque e, senz’altro, a tutta la cerchia delle conoscenze più o meno strette del lavoratore” (ad esempio: Tribunale di Milano, Ordinanza 2 agosto 2014, n. 6847; Tribunale di Ivrea, Ordinanza 28 gennaio 2015, n. 1008; Tar Lombardia, Sez. III, Ordinanza 3 marzo 2016, n. 246.
  4. i controlli da parte dell’azienda, anche per l’utilizzo in ambito processuale, devono basarsi su un fondato sospetto circa la commissione di un illecito da parte del dipendente; tale controllo si configura come controllo ex-post che non può mai essere effettuato prima dell’insorgenza del fondato sospetto dell’illecito così da assicurare un “corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e bendi aziendali e le imprescindibili tutele della dignità e riservatezza del lavoratore” (Corte di Cassazione Sez. Lavoro, 22 settembre 2021, n. 25732)

Se la gestione di questi aspetti appare dunque governabile sulla base di principi e precedenti ormai sufficientemente uniformi, la materia si complica allorché si tratti di verificare se un dipendente o un collaboratore diffondano contenuti non chiaramente diffamatori dell’azienda e che, benché potenzialmente non in linea con codici e regolamenti interni, non abbiano, in sé considerati, alcun contenuto lesivo dell’azienda o dell’ente, limitandosi ad esprimere opinioni del singolo soggetto.

Si apre qui una dimensione multisettoriale nella quale occorre prestare particolare attenzione ai profili di natura contrattuale, giuslavoristica, così come agli aspetti di tutela del brand e a quelli di carattere regolatorio, con particolare riferimento, appunto, ai temi di gestione e tutela dei dati personali.

La stessa diffusività dei social network, accompagnata alla maggiore o minore esposizione mediatica di un singolo dipendente o collaboratore, possono poi porre temi di risk management da gestire e coordinare con le altre funzioni legali e di compliance.

Il ruolo della consulenza legale in questo contesto dovrebbe quindi articolarsi, innanzitutto, nella predisposizione di impianti normativi e procedurali che siano capaci di sintetizzare le diverse componenti sopra individuate in maniera equilibrata, chiara, sintetica, di facile comprensione e fruibilità da parte di tutte le funzioni aziendali. Sarà però la concreta “attuazione” di tali policy, il loro periodico aggiornamento e adeguamento, il terreno sul quale il giurista dovrà esprimere la propria sensibilità e abilità di interprete e mediatore dei diversi interessi in potenziale o effettivo conflitto. Il tutto ad evitare, come proprio il caso Lineker insegna, che il danno, in definitiva, non sia tanto provocato dall’espressione di un’opinione quanto, piuttosto, dall’applicazione  di un codice o di un regolamento. D’altra parte, la circostanza che uno dei più importanti produttori televisivi del mondo, abbia commesso un passo falso proprio nel suo terreno di gioco (quello della comunicazione giornalistica), dimostra quanto la materia si presenti complicata e, per certi versi, anche imprevedibile.

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