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La vicenda
Con l'ordinanza in esame, la Corte di Cassazione, mutando un proprio precedente indirizzo, si è pronunciata sul tema della tassazione delle mance.
La vicenda riguarda un Avviso di Accertamento, notificato dall'Agenzia delle Entrate per il recupero a tassazione, per l'anno 2007, della somma di euro 83.600,00, equivalente a mance percepite da un contribuente, nello svolgimento della propria attività lavorativa, presso una struttura alberghiera.
Secondo l’Agenzia delle Entrate (ADE), la somma ricevuta a titolo di mance, doveva essere considerata, quale reddito da lavoro dipendente, e, pertanto, il contribuente aveva evaso il Fisco, per non averla dichiarata.
La Commissione Tributaria Provinciale di Sassari, dava ragione all'ADE, ritenendo la somma ricevuta a titolo di mance, reddito da lavoro dipendente e, tassabile, mentre la Commissione Tributaria Regionale , ribaltava la sentenza di primo grado, accogliendo l’appello proposto dal contribuente.
Contro la decisione della CTR, veniva proposto ricorso in Cassazione da parte dell’ADE.
La questione oggetto di contrasto
La questione, trattata dalla Suprema Corte può apparire poco interessante, anche perché l'istituto della cd. “mancia” è di difficile inquadramento, e non si rinviene nel nostro sistema, una normativa giuridica di riferimento, mentre, invece, offre spunti di interesse concreto, oltre che mediatico, per le ricadute che tale decisione, potrebbe avere in molti settori produttivi, soprattutto in quello alberghiero, turistico e della ristorazione.
Il contrasto, nasce da una differente interpretazione degli art. 49, comma 1 e art. 51, primo comma del TUIR, in base ai quali, secondo la tesi del contribuente, le mance andrebbero considerate quali “regalie” non tassabili, perché - stante la loro natura aleatoria - versate direttamente dai clienti al lavoratore, senza alcuna relazione con il datore di lavoro, non possono ritenersi ricomprese nella nozione di reddito da lavoro dipendente, di cui all’art. 51 del TUIR.
La Cassazione, invero, ha respinto tale tesi, sostenendo che il testo all’art. 51 TUIR, prevede che: “… il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”, dunque da ciò, si ricava che il reddito da lavoro dipendente, ai fini fiscali, è qualunque somma, percepita in relazione al predetto rapporto, anche occasionalmente o se proveniente da terzi.
Principio normativo che, per la sua estensione ed onnicomprensività, secondo la Suprema Corte, giustifica la ‘totale imponibilità’ di tutto ciò che il dipendente riceve, non solo dal datore di lavoro, ma anche da altri, in occasione dell’attività lavorativa, comprese, quindi, le erogazioni liberali, come per l'appunto, le mance.
Il principio di diritto della Corte di Cassazione
I giudici di piazza Cavour, hanno pertanto, accolto, il ricorso dell'Agenzia delle Entrate, annullando con rinvio, e trasmettendo gli atti alla stessa Commissione Tributaria Regionale della Sardegna, sezione distaccata di Sassari, in diversa composizione, affinché si uniformasse al seguente principio di diritto: «In tema di reddito da lavoro dipendente, le erogazioni liberali percepite dal lavoratore dipendente, in relazione alla propria attività lavorativa, tra cui le cosiddette mance, rientrano nell’ambito della nozione onnicomprensiva di reddito fissata dall’art. 51, primo comma, del d.P.R. n. 917/1986, e sono pertanto soggette a tassazione».
In buona sostanza per la Cassazione, le “mance” non devono essere considerate estranee al rapporto lavorativo, ma devono essere considerate reddito da lavoro, ai sensi dell’art. 51 del TUIR e, quindi, vanno tassate.
Attuazione pratica
Sebbene gli Ermellini si siano pronunciati chiaramente sulla necessità di sottoporre a tassazione le mance, resta da capire come la situazione, si evolverà a livello pratico. Nel caso in esame, l’ingente somma di denaro, versata dal contribuente sul proprio conto corrente bancario, ha reso manifesto, agli occhi dell’ADE, un reddito ulteriore, non sottoposto a tassazione. Nella maggior parte dei casi, però, le mance sono di modica cifra, e vengono generalmente lasciate al tavolo o consegnate direttamente al lavoratore, che di certo, non le versa nel proprio conto corrente. Allo stato attuale, data l’assenza di una normativa specifica, non sembra ipotizzabile un controllo fiscale sulle cd. mance. Il legislatore, pertanto, se deciderà di seguire l’indirizzo della Suprema Corte, dovrà predisporre nuovi strumenti di controllo.