23 Settembre 2024

Modelli organizzativi e compliance alla prova della filiera

NICOLO' FERRARIS

Immagine dell'articolo: <span>Modelli organizzativi e compliance alla prova della filiera</span>

Abstract

L'evoluzione normativa europea in ambito ESG, con la recente Direttiva 2024/1760/UE (CSDDD), rafforza l'obbligo per le grandi imprese di condurre una due diligence su diritti umani e ambiente, estendendo questi standard anche ai terzi della filiera. Le conseguenze legali e reputazionali legate a queste questioni sono già rilevanti oggi, come dimostrano recenti casi giudiziari. La chiave per le imprese è la prevenzione tramite modelli di compliance avanzati e una gestione responsabile della catena del valore.

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Il quadro giuridico europeo in evoluzione

L’attenzione alla catena del valore, in materia ESG, è al centro delle prospettive del legislatore UE.
Dopo un lungo iter, il 5 luglio è stata publicata in GUUE la Direttiva 2024/1760/UE, CSDDD Corporate Sustainability Due Diligence Directive, con termine per l’adozione delle normative nazionali di recepimento a fine luglio 2026.         

Nella estrema sintesi, si tratta di un intervento che prevede alcune particolari regole per le imprese di maggiore dimensione. Le società interessate sono chiamate a condurre una due diligence in materia di diritti umani e di ambiente, adottando nei propri sistemi di gestione un piano aziendale che dia all’attività di impresa compatibilità con la transizione verde, prevedendo peraltro l’obbligo di riparazione per gli impatti negativi che dovessero determinarsi, con previsione di una procedura di reclamo aperta sia ai soggetti colpiti negativamente da essi sia da enti esponenziali (associazioni, sindacati, etc.). Ciò che è straordinariamente interessante, per il discorso che qui ci interessa, è che la direttiva impone anche che i big players richiedano ai soggetti terzi con cui si relazionano standard adeguati al proprio assetto.

Si tratta di una modalità di intervento già utilizzata nella direttiva 2022/2464/UE, CSRD Corporate Sustainability Reporting Directive, entrata in vigore il 5 gennaio 2023. La CSRD, che nel corso del quinquennio 2025-2029 sarà applicabile a un numero sempre maggiore di società seguendo una progressione dimensionale, prevede obblighi di rendicontazione della sostenibilità e già in essa si prevede il riferimento nel bilancio a impatti, rischi e opportunità connesse alla value chain.

La nuova CSDDD prevede, in particolare, che debbano essere richieste ai soggetti terzi della filiera garanzie di rispetto degli stessi standard di condotta che i big players impongono a sé stessi, attraverso specifiche previsioni contrattuali. Inoltre, la procedura di reclamo a cui si è accennato fa riferimento anche ai settori in cui operano i soggetti terzi.

Si tratta di un intervento che conferma il disegno di fare dello spazio economico europeo un contesto di avanguardia quanto alle politiche di responsabilità sociale e ambientale.

 

Le decisioni giudiziarie già sulla base del diritto interno vigente

Le nuove regole avranno natura vincolante soltanto dopo che avverrà il recepimento di esse nel diritto interno. Ciò nonostante, già oggi in realtà le questioni che la direttiva intende affrontare costituiscono elementi di rischio per le società, come dimostrano le notizie di stampa che si sono susseguite nel corso degli ultimi mesi, relative al coinvolgimento di importanti players del lusso per agevolazione colposa di fenomeni di sfruttamento del lavoro.

Ciò che colpisce è che a essere interessate da vicende giudiziarie sono strutture societarie articolate e con sistemi di compliance avanzati, con una rilevante attenzione ai temi ESG. Come è possibile, allora, che ciò accada? Ebbene, deriva proprio dal fatto che a essere in prima battuta coinvolte sono altre realtà terze, che compongono la filiera produttiva del lusso.
In tal senso, si assiste a una lettura dei fenomeni, da parte dell’autorità giudiziaria, già oggi attenta alla catena del valore, e informata a una visione in cui si intende colpire un utilizzo di soggetti terzi per mascherare il ricorso a politiche di dumping, in particolare di sfruttamento del lavoro.

È doveroso ricordare che le ipotesi accusatorie troppo spesso sono considerate, nel dibattito pubblico, come altrettante sentenze di condanna. Ebbene, si tratta di un’equiparazione scorretta, poiché nulla può essere dato per accertato, laddove non vi sia stata una verifica di responsabilità in esito a un processo.

In ogni caso, indipendentemente dalle conseguenze prettamente giudiziarie, il clamore mediatico suscitato mostra ancora una volta la particolare rilevanza che i temi ESG hanno in relazione ai rischi di carattere reputazionale. Sotto tale punto di vista, la semplice esistenza di un coinvolgimento è di per sé un elemento di problema per una società che gode di rinomanza.

Vi è, però, un secondo profilo di rischio, anche in assenza di accertamento di responsabilità, e deriva dalle caratteristiche dei rimedi in via cautelare o preventiva previsti dall’ordinamento, che possono dare luogo a conseguenze dirompenti sulla vita delle società. Infatti, nei casi a cui si è fatto riferimento, sono stati posti in essere rimedi assai invasivi rispetto alla governance aziendale.

Lo sfruttamento del lavoro (art. 603 bis c.p. Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro) è reato presupposto 231. Ciò significa che, in caso di commissione del reato nell’interesse o a vantaggio della società, anche alla società potrà essere imputato l’illecito correlato in base al D. Lgs. n. 231/2001. Anche se non vi è una contestazione di responsabilità 231 direttamente alla società, ma si ritiene che, in ragione dell’omesso controllo da parte della società interessata sugli operatori di filiera, si agevoli la commissione del reato previsto, può esservi la nomina di un amministratore giudiziario con decreto motivato della sezione del tribunale specializzata in misure di prevenzione. Nei casi clamorosi degli scorsi mesi è avvenuto in affiancamento all’organo gestorio, anche soltanto limitatamente ai rapporti con i terzi.

Nel caso in cui la società sia, invece, direttamente soggetto indagato in relazione ai reati e agli illeciti correlati a essi, vi è la possibilità dell’adozione, in via cautelare, di misure interdittive nel caso in cui vi siano fondati e specifici elementi che fanno ritenere concreto il pericolo che vengano commessi illeciti della stessa indole di quello per cui si procede.

Si tratta di misure di particolare incidenza (interdizione dall'esercizio dell'attività, sospensione, revoca di autorizzazioni, licenze, concessioni, divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, esclusione, revoca con riferimento ad agevolazioni, finanziamenti, contributi, sussidi, divieto di pubblicizzare beni o servizi). In luogo della misura cautelare interdittiva, il giudice può nominare un commissario giudiziale.

In ogni caso, quindi, si tratta sempre di interventi che comprimono in modo rilevante l’autonomia dell’impresa privata e che possono avere effetti di straordinaria rilevanza sulla vita delle società, anche molto prima di un accertamento di responsabilità all’esito di un processo.

 

Conclusioni  

Come abbiamo visto, il coinvolgimento di una società in vicende di tale genere ha conseguenze molto rilevanti sia sul piano reputazionale sia sul piano giudiziario, anche senza una sentenza di accertamento di responsabilità. Ciò è vero già oggi, senza che sia necessaria l’adozione nel sistema giuridico italiano dei nuovi strumenti normativi europei.

In tale quadro, il solo vero rimedio è la prevenzione, che passa per valutazione dei rischi, adozione di modelli e procedure, attuazione e revisione continua, verifica della filiera e dei soggetti che compongono la propria catena del valore.

Occorre una visione della compliance per nulla formalistica, in cui le imprese affrontino i temi ESG non come un elemento di costo, bensì come una delle practice in cui essere migliori dei concorrenti; e in cui i professionisti che forniscono consulenza abbiano la stessa propensione a confrontarsi con il rischio con una visione più ampia, per fornire un servizio da reali problem solver.

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