17 Luglio 2019

Il nuovo art. 187-terdecides TUF ed il divieto di bis in idem in materia di market abuse

MATTEO MANGIA

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Abstract

Nel presente contributo verranno esaminate due recenti pronunce giurisprudenziali in cui, in punto di determinazione delle sanzioni per la violazione dell’art. 185 TUF, viene fatta applicazione dell’art. 187-terdecies TUF, verificando inoltre la legittimità di tale meccanismo rispetto al principio di ne bis in idem (sancito dall’art. 4 del Protocollo 7 della CEDU) alla luce dei più recenti orientamenti comunitari.

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La riforma della disciplina degli abusi di mercato (avvenuta ad opera del d.lgs. n. 108 del 10 agosto 2018 che ha recepito la Direttiva MAD II) ha sensibilmente modificato il Testo Unico della Finanza, intervenendo sulla formulazione delle fattispecie amministrativistiche di insider trading e di manipolazione del mercato, nonché sul meccanismo di compensazione sanzionatoria previsto dall’art. 187-terdecies TUF, a cui viene attribuito il compito di “mitigare” la doppia inflizione delle sanzioni (amministrativistiche e penali) previste dal nostro ordinamento in tema di abusi di mercato.

Tale norma, oltre a limitare l’esazione della sanzione pecuniaria da parte dell’Autorità che proceda per seconda “alla parte eccedente” quella già irrogata (previsione già contenuta nella precedente formulazione dell’art. 187-terdecies TUF), aggiunge che essa debba genericamente “tenere conto” delle misure punitive comminate all’esito dal primo processo, sottoponendo quindi ad un vaglio giudiziale la proporzionalità del trattamento punitivo complessivo[1]  rispetto al concreto disvalore del fatto oggetto di giudizio.

A quasi un anno di distanza dall’intervento riformatore, due pronunce dei Giudici meneghini paiono utili nel fornire alcune indicazioni circa l’effettiva portata della riforma ed in quale misura essa sia effettivamente riuscita a temperare (ulteriormente) il temuto doppio binario sanzionatorio.

Conviene tuttavia prima ripercorrere brevemente gli excursus giurisprudenziali della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in materia di bis in idem riguardante gli abusi di mercato, al fine di poter valutare tale emendamento anche alla luce dei più recenti orientamenti comunitari.

Dopo l’ormai storica sentenza Grande Stevens v. Italia, la quale pareva aver sancito la fine del doppio binario sanzionatorio, si sono susseguite una serie di pronunce[2] che ne hanno di fatto “riabilitato” l’operatività, ritenendolo legittimo qualora venissero previsti meccanismi che compensassero la duplice inflizione della sanzione ed i due procedimenti risultassero dotati di una “sufficientemente stretta connessione sostanziale e temporale[3], potendosi pertanto definire tra di loro “complementari”.

Per quanto di nostro interesse, una recentissima pronuncia della Corte EDU[4], Nodet v. Francia, ha ridato vigore alla tutela processuale e sostanziale accordata da tale postulato e, conferendo particolare rilevanza al profilo della garanzia della proporzione complessiva delle pene che deve essere riconosciuta al reo, ha suggerito di estendere il meccanismo di compensazione sanzionatoria anche al cumulo tra pene eterogenee.

Alla luce di ciò, assumerebbe ancora maggior rilievo l’effettiva operatività del predetto art. 187-terdecies TUF, norma che, come anticipato, nell’ordinamento italiano è deputata a garantire il canone di proporzione tra i due procedimenti.

Tenendo in considerazione quanto sopra, paiono assumere una certa rilevanza due recenti pronunce dei Giudici milanesi, chiamati ad applicare concretamente il novellato meccanismo, poiché gli imputati, ritenuti colpevoli del delitto di manipolazione del mercato ex art. 185 TUF, erano già stati giudicati per il medesimo fatto materiale sussunto quale illecito amministrativo ex art. 187-ter TUF e sanzionati dalla Consob.

Nel primo caso[5], una volta accertata la penale responsabilità degli imputati, il Tribunale, dopo aver determinato di dover irrogare una pena pari ad Euro 40.000 ed anni due di reclusione, “valutata l’entità della sanzione amministrativa già irrevocabilmente inflitta (n.d.r. Euro 100.000), ha coerentemente ritenuto “di non dovere applicare alcuna sanzione pecuniaria”. Ancora più interessante il successivo passaggio, in cui i Giudici hanno sancito come “la valutazione della compatibilità del complessivo trattamento sanzionatorio da irrogare con il principio del ne bis in idem deve però spingersi ad ulteriori conseguenze, imponendo – nel caso in esame – la disapplicazione del minimo edittale della pena detentiva stabilita all’art. 185 TUF (enfasi aggiunta)”. Nel caso di specie il Tribunale ha infatti deciso di scomputare dalla pena detentiva determinata la quota di sanzione pecuniaria eccedente quella già inflitta, “convertita” in giorni attraverso il criterio stabilito dall’art. 135 c.p., condannando pertanto gli imputatati alla pena detentiva di anni uno, mesi quattro di reclusione, disapplicando – in mitius – il minimo edittale di anni due di reclusione.

In senso sensibilmente difforme si è posta la pronuncia della Corte di Appello di Milano[6] che, attenendosi strettamente al tenore letterale della disposizione, ha affermato come il meccanismo previsto dall’art. 187-terdecies non consentirebbe di “spingersi” fino a poter tenere conto del cumulo sia delle sanzioni pecuniarie che detentive (bensì solamente di quelle pecuniarie), potendo tuttavia l’organo giudicante avvalersi di quanto affermato dall’art. 133. c.p.p., che gli consentirebbe di commisurare la pena alla gravità del fatto commesso; pertanto, secondo tale interpretazione, il rispetto del ne bis in idem si limiterebbe ad un mero attenuamento della sanzione pecuniaria.

Le due pronunce, esprimendo un orientamento non uniforme nell’applicazione del meccanismo di cui all’art. 187-terdecies del TUF, indicano due vie tra loro alternative che gli altri Giudici potranno percorrere qualora si dovessero trovare a dare attuazione a tale disposizione.    

Appare comunque significativo il principale punto di divergenza della due sentenze esaminate, ovverosia la possibilità di applicare tale compensazione anche al cumulo di sanzioni tra loro eterogenee.

Alla luce di ciò, e soprattutto in considerazione della recente sentenza Nodet. v. Francia, la quale – come visto – ha inteso accordare un nuovo rigore al divieto del doppio binario sanzionatorio, sarebbe auspicabile un (ulteriore) intervento riformatorio che introduca espressamente la possibilità di poter compensare mutualmente anche le pene detentive ed interdittive; ciò, da un lato, per fornire all’organo giudicante un’indicazione precisa circa l’estensione applicativa di tale meccanismo, dall’altro, per rendere il nostro ordinamento conforme agli orientamenti comunitari e mitigare il tenore del draconiano[7] impianto sanzionatorio in materia di abusi di mercato, rendendo in tal modo più agevole per l’agente la previsione delle conseguenze della propria condotta.

 

 

 

 

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