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La Sentenza della Corte di Cassazione n. 8431 dell’1.2.2019, quinta Sezione penale, ha affermato il principio di diritto per cui in materia penal-fallimentare il “prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con altra analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale”.
La Sentenza in esame annulla e rinvia ad altro Giudice di secondo grado la pronuncia della Corte d’Appello di L’Aquila con la quale è stata confermata la Sentenza del Tribunale di Teramo che aveva dichiarato responsabile di bancarotta fraudolenta patrimoniale l’amministratore di una S.r.l. fallita, per aver distratto la somma di 220 mila euro.
In punto di fatto, sono state poste a fondamento della Sentenza oggetto di gravame due delibere assembleari che hanno, rispettivamente, ratificato i versamenti infruttiferi e proporzionali effettuati dai soci nei precedenti periodi in conto aumento di capitale, e deciso la restituzione agli stessi soci degli importi versati.
La questione controversa riguarda la qualificazione dei finanziamenti e, conseguentemente, la rilevanza penale delle condotte di restituzione dei versamenti eseguiti da parte dei soci.
La Suprema Corte ripercorre innanzitutto il sussistente contrasto giurisprudenziale circa la configurabilità della bancarotta per distrazione rispetto alla bancarotta preferenziale:
- un primo orientamento ritiene sussumibile nella fattispecie della bancarotta per distrazione la condotta dell’amministratore di una società che quale socio creditore recupera, in periodo di dissesto, finanziamenti da lui in precedenza concessi (ex pluirimis, Corte di Cassazione, Sez. V, n. 41143 del 20.5.2014; Sez. V, n. 34505 del 6.6.2014, Sez. V, n. 42710 del 3.7.2012);
- un secondo orientamento ritiene che la restituzione ai soci, in un periodo di dissesto, di finanziamenti in precedenza concessi integri, ex adverso, il reato di bancarotta preferenziale (ex plurimis, Corte di Cassazione, Sez. V, n. 1793 del 10.11.2011; Sez. V, n. 5186 del 2.10.2013).
La Corte, per dirimere tale contrasto di legittimità, muove dalla seguente distinzione tra:
- versamenti in conto capitale, per i quali l’erogazione avviene a titolo di capitale di rischio sicché non possono dar luogo a crediti esigibili nel corso della vita della società e possono essere richiesti in restituzione solo a seguito dello scioglimento di quest’ultima e nei limiti dell’eventuale residuo attivo del bilancio di liquidazione, connotandosi quindi per la postergazione della sua restituzione al soddisfacimento dei creditori sociali;
- finanziamenti a titolo di mutuo, per i quali l’erogazione avviene a titolo di capitale di credito e attribuendo quindi il diritto alla loro restituzione durante la vita della società.
La Sentenza precisa poi che, al fine di accertare se il versamento tragga origine da un mutuo ovvero sia stato effettuato dal socio quale apporto al patrimonio della società, è necessario prestare attenzione in primis all’interpretazione della volontà delle parti, la cui prova va desunta in concreto dal modo in cui il rapporto ha trovato attuazione, e solo in subordine dalla qualificazione che i versamenti hanno ricevuto in bilancio.
Da tali premesse, la Sentenza conclude ribadendo come il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società, integri la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione; mentre al contrario, il prelievo di somme, quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo, integra il reato di bancarotta preferenziale.
Infatti, mentre nel caso della bancarotta fraudolenta per distrazione l’interesse protetto consiste nell’indebito depauperamento del patrimonio del debitore, la bancarotta preferenziale riguarda l’alterazione dell’ordine di soddisfazione dei creditori stabilito dalla legge.
La fattispecie di bancarotta preferenziale è disciplinata, nello specifico, dal terzo comma dell’art. 216 della legge fallimentare che stabilisce appunto: “È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione”; quest’ultima, dunque, è punita in modo meno severo rispetto alla bancarotta per distrazione per la quale è invece prevista la reclusione da tre a dieci anni.
Alla luce di quanto sopra dedotto, l’arresto giurisprudenziale a cui è pervenuta la Corte di Cassazione si rivela particolarmente importante ai fini della responsabilità dei soci nel restituirsi dei versamenti fatti alla società, in conto capitale ovvero a titolo di mutuo.