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L’ambito di applicazione del decreto
Sotto il profilo dell’ambito di applicazione, il D.M. 46/2019 ha dato attuazione all’art. 241 d.lgs. 152/2006, che rinvia ad una fonte regolamentare la disciplina degli interventi di bonifica, ripristino ambientale e messa in sicurezza delle aree destinate alla produzione agricola e all’allevamento. Pertanto, si tratta di una disciplina speciale rispetto a quella contenuta nella parte IV titolo V d.lgs. 152/2006, applicabile ai siti aventi una destinazione diversa da quella agricola.
Al fine di coordinare la disciplina generale e speciale, l’art. 7 del D.M. prevede che i procedimenti di bonifica di aree agricole già avviati e non conclusi alla data di entrata in vigore del decreto continuino ad essere regolati dalla disciplina generale del d.lgs. 152/2006, salva la facoltà del proponente di avviare, entro 180 giorni da tale data, le procedure previste dal decreto in esame.
La struttura del decreto
Il D.M. 46/2019 è strutturato in tre fasi, regolate dagli articoli 3, 4 e 5 e dai relativi allegati, cui corrispondono tre diverse procedure, l’una successiva all’altra, che il soggetto responsabile dell’inquinamento deve attivare qualora si verifichi un evento potenzialmente in grado di contaminare un’area agricola.
Fase I: le procedure operative per la caratterizzazione delle aree
In presenza dell’evento sopra descritto, il soggetto responsabile dell’inquinamento deve:
- adottare tempestivamente le misure di prevenzione necessarie e darne immediata comunicazione alle Amministrazioni territorialmente competenti (Regione, Provincia, Comune, Arpa, Asl);
- comunicare alle medesime Amministrazioni le attività di caratterizzazione che verranno successivamente attuate, finalizzate a rilevare la concentrazione degli inquinanti presenti nell’area agricola; tali attività devono essere svolte seguendo i criteri contenuti nell’allegato 1, che costituisce parte integrante del decreto.
Se il livello di concentrazione degli inquinanti rilevato all’esito delle attività di caratterizzazione non supera quello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) contenute nell’allegato 2, che integra il decreto, il soggetto responsabile dell’inquinamento presenta un’autocertificazione, corredata della documentazione tecnica necessaria, alle Amministrazioni sopra indicate entro 90 giorni dalla comunicazione e il procedimento si conclude. Resta ferma la facoltà della Regione, in collaborazione con l’Arpav e l’Asl, di attivare gli opportuni controlli e comunicare le eventuali prescrizioni integrative entro i 30 giorni successivi.
Fase II: la valutazione di rischio
Diversamente, qualora all’esito dell’attività di caratterizzazione risulti che il livello delle CSC è stato superato anche per una sola sostanza, il soggetto responsabile dell’inquinamento ne dà immediata comunicazione alle Amministrazioni competenti ed elabora la valutazione di rischio, cioè una valutazione complessiva degli elementi di potenziale rischio ambientale e sanitario associato all’esposizione indiretta per assunzione alimentare. Tale valutazione deve essere condotta previa ricostruzione del modello concettuale elaborato secondo i criteri stabiliti dall’allegato 3, che costituisce parte integrante del decreto.
Nell’attesa dell’esito della valutazione di rischio, l’Asl competente stabilisce le misure da adottare per garantire la sicurezza alimentare ed effettua gli opportuni controlli sui prodotti destinati al consumo umano (o all’alimentazione di animali destinati al consumo umano) in relazione ai parametri che superano il livello delle CSC.
A questo punto si presenta un’ulteriore alternativa, in base all’esito negativo o positivo della valutazione di rischio. Nel primo caso -che si verifica se le concentrazioni riscontrate sono compatibili con l’ordinamento colturale effettivo e potenziale o con il tipo di allevamento praticato-, il soggetto responsabile dell’inquinamento presenta un’istanza di conclusione del procedimento, corredata della relativa documentazione tecnica, alla Regione competente entro 60 giorni. Entro i 30 giorni successivi alla presentazione dell’istanza, la Regione può richiedere che vengano effettuati ulteriori controlli oppure dichiara concluso il procedimento.
Fase III: il progetto operativo degli interventi di bonifica e di messa in sicurezza
Viceversa, se la valutazione di rischio ha un esito positivo -perché le concentrazioni riscontrate risultano incompatibili con l’ordinamento colturale effettivo e potenziale o con il tipo di allevamento praticato-, il soggetto responsabile dell’inquinamento deve presentare alle Amministrazioni competenti, oltre ai risultati della valutazione di rischio, un progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza necessari e le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale.
Entro 30 giorni dal ricevimento del progetto, il Ministero dell’ambiente convoca una conferenza di servizi per l’approvazione degli interventi, la definizione dei tempi necessari per la loro esecuzione e per l’adozione di eventuali integrazioni e prescrizioni.
Gli obblighi dei soggetti non responsabili del procedimento
Il D.M. 46/2019 individua alcuni obblighi anche a carico dei soggetti non responsabili dell’inquinamento: il proprietario e il gestore dell’area. Costoro, qualora rilevino il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento del livello delle CSC, devono darne comunicazione alle Amministrazioni competenti e attuare le misure di prevenzione necessarie.
Inoltre, il proprietario del sito e il gestore hanno la facoltà di intervenire in qualsiasi momento per la realizzazione degli interventi di bonifica nel sito di loro proprietà o nella loro disponibilità, secondo quanto stabilito dall’art. 245 d.lgs. 152/2006.