15 Ottobre 2020

I proventi illeciti tra prelievo fiscale e confisca

FRANCESCA ORLANDO

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Abstract

Nel presente articolo, premessa una panoramica delle principali forme di confisca penale, si accennerà brevemente ad alcuni dei profili di interrelazione tra tassazione dei proventi illeciti e misure ablatorie.

 

 

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Il tema dell’interrelazione tra tassazione dei proventi illeciti e confisca penale prende le mosse dall’art. 14, comma 4, della legge n. 537/1993, secondo cui i “proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a sequestro o confisca penale” sono, in linea generale, fonte di reddito imponibile.

Il rapporto tra prelievo fiscale e misura ablatoria, che appare semplice sulla base del testo della norma citata, è invero foriero di criticità applicative, anche in ragione del proliferare delle nuove forme di confisca introdotte nell’ordinamento.

 

Confisca diretta, per equivalente e “per sproporzione”

L’ordinamento contempla diverse forme di confisca, che si differenziano nei caratteri strutturali e nelle finalità. Di seguito, si indicheranno – in estrema sintesi – le principali tipologie di misure ablatorie, unitamente ai relativi tratti caratterizzanti.

La confisca diretta (art. 240, c.p.) è una misura di sicurezza patrimoniale con funzione ripristinatoria. Si fonda sul nesso di pertinenzialità del bene rispetto al reato. Essa può avere ad oggetto il prezzo, il prodotto, il profitto o lo strumento del reato. Può essere facoltativa (comma 1), ovvero, obbligatoria (comma 2).

La confisca per equivalente è una misura ablativa a carattere obbligatorio e sanzionatorio, che è finalizzata a confiscare somme di denaro, beni o altre utilità di valore corrispondente al profitto o prezzo del reato. Ha pertanto ad oggetto beni che non sono in “rapporto di pertinenzialità” con il reato e presuppone che nella sfera giuridico patrimoniale del responsabile non sia stato rinvenuto, per una qualsivoglia ragione (alienazione, distruzione, sottrazione), il prezzo o profitto (di cui sia però “certa” l’esistenza) del reato (Cass. pen., SS.UU., n. 41936/2005). Ne sono un esempio la confisca ex artt. 322-ter, 600-septies, 640-quater, 644, 648-quater, c.p., come pure la confisca ex art. 12-bis, D.Lgs. n. 74/2000, in materia di reati tributari.

La confisca “per sproporzione” o “allargata” (art. 240-bis, c.p.) è una forma di confisca obbligatoria che prescinde dal “rapporto di pertinenzialità” del bene oggetto di ablazione rispetto al reato. È diretta a colpire il denaro, i beni o le altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica. Si tratta di una misura di sicurezza atipica, di recente estesa, a certe condizioni, anche a taluni reati tributari (art. 12-ter, D.Lgs. n. 74/2000).

 

L’interrelazione tra prelievo fiscale e strumenti ablatori

Così chiariti i termini essenziali delle misure ablatorie, si indicheranno brevemente alcuni dei possibili profili di interrelazione tra tassazione dei proventi illeciti e sfera penale.

  • Il principio dell’autonomia dell’obbligazione tributaria in ciascun periodo di imposta. La misura ablativa esclude la tassazione del provento illecito solo se interviene nell’arco del medesimo periodo di imposta in cui si è verificato il presupposto impositivo. L’ablazione del reddito disposta in un momento successivo, anche se antecedente alla presentazione della dichiarazione dei redditi, è pertanto, irrilevante (Cass. civ., nn. 7337/2003, 869/2010). La Cassazione ha poi precisato che la restituzione spontanea del provento illecito – purché nel medesimo periodo di imposta in cui il provento sarebbe stato imponibile – è anch’essa causa di esonero dalla tassazione dei redditi di fonte illecita (Cass. civ., n. 25467/2013).
  • La quantificazione del profitto confiscabile nel caso dei reati tributari. Dal principio ex lege che il provento illecito costituisce reddito tassabile, discendono tutti gli obblighi di natura fiscale. Con la conseguenza che, in caso di omissione, trovano applicazione le sanzioni penali previste per i reati tributari dal D.Lgs. n. 74 del 2000 (Cass. pen., n. 42160/2010). Poiché, nei reati tributari, il “profitto” si identifica con l’imposta evasa (Cass. pen., nn. 17535/2019, 10120/2010), si pone il problema del rapporto tra confisca, da un lato, e vicende relative alla determinazione del tributo e al pagamento dell’imposta, dall’altro lato. Temi, questi, ancora aperti.
    • Determinazione del tributo: nella giurisprudenza di legittimità si contrappongono due orientamenti, (i) il primo, a favore della prevalenza della determinazione dell’imposta in sede amministrativa (Cass. pen., nn. 32213/2018, 40793/2019), (ii) il secondo, sostanzialmente di segno opposto (Cass. pen., nn. 7020/2018, 31002/2019).
    • Pagamento dell’imposta: a norma dell’art. 12-bis, comma 2, D.Lgs. n. 74/2000, “la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario”. Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità:
      • l’impegno a versare deve risultare in via formale nei termini ammessi dalla legislazione tributaria (accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, transazione fiscale, rateizzazione) (Cass. pen., n. 28225/2016);
      • l’impegno a versare, di per sé, non impedisce la confisca. La confisca, infatti, può essere comunque disposta, semplicemente essa non è eseguibile per la parte “coperta” da tale impegno e fintanto che l’impegno viene rispettato (Cass pen., n. 6246/2019);
      • nel caso di confisca “allargata” (art. 12-ter, D.Lgs. n. 74/2000), tale disposizione non opera. In tale caso, pertanto, l’ablazione parrebbe preclusa solo nel caso di estinzione del debito tributario (Ufficio del Massimario della Cass. – Sez. Pen., relazione n. 3/2020).

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